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~ LA REDAZIONE DI RC
Questo monologo, pronunciato da Harriet Tubman (chiamata Minty all’inizio del film) in Harriet (2019), rappresenta uno dei momenti più intensi e significativi del film. Qui, Harriet si rivolge a un gruppo di abolizionisti che, pur essendo favorevoli alla causa, non hanno vissuto sulla loro pelle la brutalità della schiavitù. Il discorso è una dichiarazione di intenti, una sfida e un richiamo all’azione, attraverso il quale Harriet riafferma il suo impegno totale per la libertà degli schiavi, anche a costo della propria vita.
MINUTAGGIO: 1:32:25-1:34:40
RUOLO: Harriet
ATTRICE: Cynthia Erivo
DOVE: Netflix
INGLESE
We can't just give up a-and wait for war. We need to get back to work bringing slaves to freedom, by train or carriage, horseback, on foot if necessary. I ain't giving up rescuing slaves because it's far. Many of you don't know slavery firsthand. You were born free. You been free so long, you forget what it's like. You've gotten comfortable a-and important. You got beautiful homes, beautiful wives. But I remember. Children beat for not working, fore they understand what work is. Girls raped fore they first blood. Brothers whipped till they back in ribbons. Sisters sold from they babies. Trying not to think of what they went through. Those still enslaved are going through right now. But I... I've heard they groans and they sighs. I've seen they tears. And I would give every last drop of blood in my veins to free 'em. So I ain't giving up. I'm-a do what I got to do, go wherever I got to go, however I got to do it, to free as many slaves as possible... ...till this beast, this monster called slavery is slain dead.
ITALIANO
Non possiamo arrenderci così e aspettare la guerra. Dobbiamo rimetterci al lavoro, portare gli schiavi in libertà, con treni, carrozze, a dorso di cavallo se necessario. Io non rinuncerò a salvare schiavi per la lontananza. Molti di voi non sanno la schiavitù cosa sia. Siete nati liberi. O siete liberi da così tanto da averlo dimenticato. Siete persone agiate, e importanti. Avete splendide dimore, belle mogli, ma io non dimentico. Bambini picchiati perché non lavoravano, quando neanche sapevano cosa fosse il lavoro; bambine stuprate ancor prima del menarca; fratelli frustati fino a farne a pezzi la schiena; sorelle vendute lontano dai loro figli, che provano a non pensare a quello che subiscono. Chi è ancora schiavo lo sta subendo in questo momento. Ma… io ne ho sentito i lamenti, i sospiri e ho… visto le loro lacrime, e darei ogni goccia di sangue rimasto dentro le mie vene per liberarli. No, io non mi arrendo. Farò quello che devo fare. Andrò dovunque debba andare, in qualsiasi mod debba farlo, per liberare il maggior numero di schiavi possibile, finché la bestia… il mostro chiamato schiavitù non sarà annientato.
"Harriet" (2019), diretto da Kasi Lemmons, racconta la storia vera di Harriet Tubman, un’icona della lotta contro la schiavitù negli Stati Uniti. Il film segue il suo percorso da schiava in fuga a leader dell’Underground Railroad, una rete segreta che aiutava gli schiavi a raggiungere la libertà negli stati del Nord. Nel 1849, Araminta "Minty" Ross (interpretata da Cynthia Erivo) è una giovane schiava in una piantagione nel Maryland. Quando il suo padrone rifiuta di concederle la libertà promessa e minaccia di venderla, Minty decide di scappare. Affronta un viaggio solitario e pericoloso verso la Pennsylvania, dove la schiavitù è abolita. Qui cambia il suo nome in Harriet Tubman e inizia una nuova vita da donna libera.
Nonostante il pericolo, Harriet sente di non poter abbandonare la sua famiglia e decide di tornare nel Maryland per liberarli. Inizia così la sua attività come guida dell’Underground Railroad, sfruttando la sua conoscenza del territorio e la sua abilità nel muoversi senza essere scoperta. Conduce diverse missioni, riuscendo a liberare numerosi schiavi, diventando una delle figure più ricercate del Sud. La sua fama cresce e, con l’inizio della Guerra Civile, si unisce all’Unione come spia e stratega militare, contribuendo a operazioni che liberano centinaia di schiavi. Il film mostra il suo coraggio e la sua incrollabile determinazione nel combattere per la libertà, trasformandola in una delle figure più influenti della storia americana.
Il monologo è costruito su un crescendo emotivo che parte da una dichiarazione pragmatica — la necessità di continuare a liberare schiavi con qualsiasi mezzo possibile — per poi evolversi in un’accusa verso l’indifferenza di chi non ha conosciuto la schiavitù in prima persona. L’uso del contrasto è centrale: Harriet sottolinea la differenza tra la sua esperienza e quella degli ascoltatori (“Molti di voi non sanno la schiavitù cosa sia. Siete nati liberi. O siete liberi da così tanto da averlo dimenticato.”). Qui il sottotesto è chiaro: la libertà, quando data per scontata, può portare all’apatia. Il riferimento alla ricchezza (“Siete persone agiate, e importanti. Avete splendide dimore, belle mogli”) serve a rafforzare l’idea di una distanza tra la sofferenza vissuta dagli schiavi e la realtà più confortevole di chi li osserva dall’esterno.
Il momento più potente arriva con la sequenza di immagini crude che Harriet evoca: bambini picchiati, bambine stuprate, fratelli frustati, madri separate dai figli. Qui il monologo assume una forma viscerale, trasformando il discorso in una testimonianza diretta della brutalità della schiavitù. Il ritmo accelera, con frasi brevi e incisive, creando un effetto quasi martellante che immerge l’ascoltatore nell’orrore vissuto dagli schiavi. La parte finale del monologo è una dichiarazione personale e definitiva: Harriet non ha intenzione di fermarsi, e userà ogni risorsa, ogni goccia di sangue, per combattere la schiavitù. Il passaggio dal personale (“io ne ho sentito i lamenti, i sospiri e ho visto le loro lacrime”) all’universale (“finché la bestia… il mostro chiamato schiavitù non sarà annientato”) segna il momento in cui il discorso diventa una chiamata alla guerra. La schiavitù non è solo un’ingiustizia, è una bestia da uccidere.
Questo monologo è il cuore del film Harriet, perché mostra in modo diretto e senza filtri la determinazione della protagonista e l’orrore della realtà che sta combattendo. Non è solo un discorso motivazionale, ma un atto di denuncia, un grido di dolore e rabbia che mette in luce il divario tra chi ha vissuto la schiavitù e chi ne parla senza averla mai conosciuta davvero.
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