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~ LA REDAZIONE DI RC
Nel film A Complete Unknown, arriva questo monologo di Pete Seeger, indirizzato a Bob Dylan poche ore prima dell’esibizione elettrica al Newport Folk Festival. La tensione è palpabile: il giovane artista è deciso a rivoluzionare la propria musica, mentre Seeger – leggenda vivente del folk – cerca di riportarlo dentro un senso di comunità, di missione collettiva. Questo discorso non è un rimprovero, ma un’estrema richiesta d’ascolto. È il tentativo di un uomo che ha dedicato la vita a un’idea – quella che la musica possa servire a cambiare il mondo – e vede in Dylan una forza che può farcela, ma che forse sta per voltare le spalle a tutto.
MINUTAGGIO: 1:50:30-1:53:13
ATTORE: Edward Norton
RUOLO: Pete Seeger
DOVE: Disney+
INGLESE
Bobby, did I ever tell you my, uh, my parable of the teaspoon brigade? Imagine, we got a seesaw. One end of it, it’s anchored firm to the ground ’cause it’s got a basket full of rocks on it. The other end, it’s floating up here, way up in the air and wishin’ it could come down but all it’s got is a basket that’s half full of sand and the sand is leaking out all the time. We see this situation. We say, well, maybe we should do something about this. And all we got with us is some teaspoons but we take ’em out and we start putting sand up into that basket and it’s running out as fast as we can put it in. There’s all kinds of people. They’re looking at us and they’re laughin’ and they’re sayin’, “Geez, you’re wastin’ your time.” But every day a few new people show up and they bring their spoons, and they start pitchin’ in. You know why? Because one of these days, enough people are gonna put sand in that basket at the same time that the whole damn thing just goes, zoop. And we level things out. Okay. Thanks, Pete. We get the story. I don’t think you do, Albert. Bobby, Newport, we built it for the purpose of sharing traditional folk music. We started it six years ago, and every year since then, more and more people have been showing up, and they’re bringing their teaspoons. Teaspoons for justice, and teaspoons for peace and teaspoons for love, and that’s what we do and… Gosh, you showed up, Bobby, and damn it, if you didn’t bring a shovel. Really. I mean, we’re all here just laboring with our little teaspoons and you come and bring a shovel. And thanks to you, we’re almost there. We’re on the verge of tipping it, Bob, and you’re our closing act. And tonight, if you could just get up there one more time and use that shovel in the right way… You could level things out, Bob.
ITALIANO
Bobby, ti ho mai raccontato la parabola della brigata dei cucchiaini? E’ una bella storia. Immaginiamo un’altalena basculante. Un’estremità è ancorata saldamente al suolo, perché sopra c’è un cesto pieno di sassi. L’altra estremità fluttua quassù, molto in alto, e vorrebbe scendere ma sopra c’è un solo cesto con un di sabbia che fuoriesce in continuazione. Ora, vediamo questa situazione e pensiamo di poter fare qualcosa, e con noi abbiamo solo dei cucchiaini, ma li prendiamo e rimettiamo la sabbia nel cesto, che però esce con la stessa velocità con cui noi la rimettiamo. Ci sono molte persone, e ci guardano, e ridono, e dicono: “State perdendo tempo”. Ma ogni giorno arriva qualcuno in più che porta il proprio cucchiaino, e inizia a dare una mano. Sai perché? Perché un giorno o l’altro, un alto numero di persone metterà contemporaneamente la sabbia in quel cesto, e l’intera faccenda farà: “Puf”. E troveremo l’equilibrio. Bobby, Newport è stato concepito con lo scopo di condividere la musica tradizionale folk. Abbiamo iniziato sei anni fa, e da allora ogni anno sempre più persone si presentano e portano i propri cucchiaini Cucchiaini per la giustizia, e poi per la pace, ma anche per l’amore. E questo è ciò che facciamo, e accidenti, sei arrivato tu Bobby e direi che hai portato una pala. Davvero, siamo tutti qui a lavorare con i nostri piccoli cucchiaini e tu arrivi con una pala.E grazie a te ci siamo quasi. Stiamo per cambiare le cose. E tu sei il nostro atto conclusivo. E stasera, se puoi, sali su quel palco e usa quella pala nel modo giusto. Tu puoi equilibrare l’altalena, Bob.
La trama di A Complete Unknown si sviluppa lungo un periodo di profonda trasformazione personale e artistica di Bob Dylan, partendo dal 1961 fino all’epocale esibizione al Newport Folk Festival del 1965. Il film non è un semplice biopic musicale, ma un ritratto a fuoco lento di un ragazzo che vuole diventare qualcosa che ancora non esiste.
Il film si apre con un giovane Robert Zimmerman, appena ventenne, che arriva a New York col sogno preciso di incontrare Woody Guthrie. Il viaggio è quasi un pellegrinaggio: Guthrie rappresenta per Bob la voce autentica d’America, quella che canta il dolore e la speranza della gente comune. Ma Guthrie è ormai malato, costretto in ospedale. E in questo primo incontro c’è già un momento potente: Dylan canta per lui, non una cover, ma un pezzo originale. È come se cercasse un passaggio di testimone.
Questa scena segna anche l’inizio della sua immersione nel Greenwich Village, cuore pulsante della scena folk dell’epoca. Qui Bob comincia a costruire la sua identità artistica e incontra Pete Seeger, figura chiave che lo prende sul serio, forse per primo. Ma l’altra metà del cuore – più intima, più personale – è Sylvie Russo, una giovane con cui Bob intreccia una relazione che si fa colonna affettiva nella sua vita iniziale a New York.
Con l’incontro con Joan Baez si apre un’altra fase: Dylan comincia a orbitare intorno al circuito professionale della musica folk. Joan è già una star, ma lo guarda con curiosità e affinità. Al loro fianco c’è Albert Grossman, manager pragmatico che lo porta a incidere il suo primo album per la Columbia Records. Il disco, Bob Dylan, è composto in gran parte da cover e si rivela un mezzo flop commerciale. È una botta, ma non un colpo di grazia.
Quello che viene dopo è forse il punto di svolta più interessante: Dylan comincia a scrivere testi propri, testi che parlano della realtà, della guerra in Vietnam, delle ingiustizie sociali. Diventa il “cantore della protesta”, etichetta che gli andrà presto stretta. La sua relazione con Joan diventa non solo sentimentale ma anche professionale, e questo complica le cose con Sylvie, che a un certo punto esce dalla sua vita, stanca e disillusa.
Nel 1965 Dylan è nel mezzo di una crisi identitaria. Il ruolo di portavoce della sua generazione lo sta schiacciando. Vuole liberarsi da tutto ciò che lo definisce agli occhi degli altri – il folk, la protesta, l'acustico – e inizia a sperimentare con suoni rock, chitarre elettriche, testi più ambigui. Comincia a registrare Highway 61 Revisited, un album che segna una rottura netta con il passato.
Il punto di rottura esplode al Newport Folk Festival. Gli organizzatori sono in allarme: hanno invitato Dylan pensando di offrire al pubblico il solito profeta acustico, ma lui ha intenzione di salire sul palco con una band elettrica. Pete Seeger prova a farlo desistere, preoccupato di ciò che potrebbe succedere. Ma Dylan va avanti, sostenuto da Johnny Cash e dal suo manager Grossman. Il pubblico reagisce malissimo: fischi, insulti, sconcerto. È la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra.
Dopo il concerto, Johnny Cash gli porge una chitarra acustica, quasi come gesto di pace tra ciò che è stato e ciò che verrà. Dylan concede un bis folk, ma ormai è evidente: è cambiato tutto.
Il giorno dopo, Joan Baez gli dice che ora è davvero libero. Dylan fa visita un’ultima volta a Woody Guthrie e poi se ne va, in motocicletta. Non è una fuga, è una scelta. L’uscita di scena è coerente con il personaggio che il film costruisce: uno che cambia pelle ogni volta che rischia di diventare una caricatura di sé stesso.
A Complete Unknown racconta il momento in cui Bob Dylan smette di essere “promessa” per diventare qualcosa di più sfuggente e difficile da incasellare. È un film sulla trasformazione, sull'identità e sul peso delle aspettative. Ma soprattutto è un film sulla libertà artistica: guadagnata, sofferta, imposta con rabbia e determinazione.
Il monologo ruota attorno a una parabola semplice quanto potente: l’immagine dell’altalena basculante è il simbolo della disuguaglianza nel mondo. Un lato è zavorrato dai sassi dell’ingiustizia, mentre l’altro – leggero, con un cesto di sabbia che si svuota – rappresenta le forze della speranza, della solidarietà, del cambiamento. La metafora del “cucchiaino” è un classico seegeriano: evoca la lentezza, la pazienza, la forza della collettività. Nessuno fa miracoli da solo, ma se tanti si mettono a lavoro, qualcosa si smuove.
A questo punto, però, il discorso si sposta: Dylan, agli occhi di Seeger, non è uno qualunque. Non ha un cucchiaino. Ha una pala. Cioè, ha una voce potente, un talento fuori scala, una capacità di parlare a milioni. E la sua “pala” – le sue canzoni, la sua presenza scenica, il suo impatto mediatico – potrebbe davvero far pendere l'altalena, spostare l’equilibrio. È un’enorme responsabilità che Seeger gli attribuisce: tu sei l’atto conclusivo, dice. Sei il punto di svolta. Ma, e qui sta il nodo drammatico, solo se usi quella pala nel modo giusto.
Il “modo giusto”, ovviamente, non è casuale. Seeger non parla di successo artistico. Parla di coerenza, di fedeltà alla causa. Vuole che Dylan resti fedele al folk, al linguaggio acustico e collettivo che ha costruito Newport. Gli chiede, in sostanza, di non tradire il movimento. E glielo chiede non con rabbia, ma con una dolcezza quasi paterna.
Questo monologo è quasi pre-catastrofico. Ha la funzione che, nelle tragedie classiche, aveva il coro: ammonire, supplicare, ma sapendo già che il protagonista è inarrestabile. Seeger non impone, supplica. Cerca di offrire a Dylan una visione in cui la sua grandezza si inscriva dentro un disegno più grande. Ma il film ci ha già fatto capire che Dylan non vuole essere parte di alcun disegno. Non vuole equilibrare l’altalena secondo le regole di altri. La sua pala, lui, ha deciso di usarla per spaccare tutto.
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