Monologo - Eliane Umuhire in \"Gli alberi della pace\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Annick in Gli alberi della pace è un momento di profonda introspezione, in cui il dolore della protagonista si mescola a un atto d’amore: scrivere lettere per il figlio che porta in grembo. In un contesto di guerra e isolamento forzato, Annick trova rifugio nelle parole, cercando di lasciare una testimonianza della propria esperienza, anche se incerta sul futuro. La lettera diventa un mezzo per dare senso alla sofferenza e per mantenere viva la speranza. Nonostante il buio che la circonda, Annick vuole che suo figlio conosca la verità, ma anche che sappia che lui rappresenta la sua più grande gioia. Attraverso il suo sguardo, il monologo offre anche un ritratto delle altre donne con cui è intrappolata, rivelando come ognuna porti con sé un peso invisibile.

Lettere per mio figlio

MINUTAGGIO: 55:00-56:50

RUOLO: Annick
ATTRICE:
Eliane Umuhire
DOVE:
Netflix



ITALIANO


Lettere per mio figlio. Sono solo la seconda. “Dolce bambino mio, oggi abbiamo segnato sul muro il giorno 34. Sembra passata una vita in questo buco. Ho dimenticato il profumo dei fiori, non ricordo la sensazione dell’acqua sulla mia pella. Ma… imparo cose nuove che non sapevo. Una ragazza americana all’inizio pensavo che avesse una vita perfetta. Ma lei aveva cercato la morte. Una sorella nella fede, è tutt’uno con Dio, eppure sopporta un peso che non ha abbandonato nelle mani di Dio. Una ragazza Tutsi, è così brillante, così bella… ma è una vittima che rivendica la sua rabbia come fosse il suo nome. E poi ci sono io. Ora sto soffrendo, bambino mio. Tu sarai la mia gioia più grande. Scrivo queste parole per te, così conoscerai la verità che non sempre può essere svelata.” Questo è tutto per ora.

Gli alberi della pace

"Gli alberi della pace" (titolo originale Trees of Peace) è un film del 2021 diretto da Alanna Brown. La pellicola è ambientata durante il genocidio del Ruanda del 1994 e segue la storia di quattro donne di diversa estrazione sociale e culturale, costrette a nascondersi insieme per sopravvivere alla violenza che sta devastando il Paese.


Siamo nel Ruanda del 1994, durante uno dei massacri più sanguinosi della storia contemporanea. La tensione nel Paese è alle stelle e il conflitto tra Hutu e Tutsi ha già raggiunto livelli di violenza estremi. In questo contesto, quattro donne si ritrovano intrappolate in un piccolo spazio nascosto sotto il pavimento di una casa.


Le protagoniste provengono da esperienze molto diverse:

Annick è una giovane tutsi il cui mondo viene distrutto dall’improvvisa esplosione di violenza.

Jeanette è una suora cattolica, alle prese con una crisi di fede mentre cerca di sopravvivere all'orrore.

Peyton è un’americana venuta in Ruanda per aiutare la popolazione, che si ritrova intrappolata nel conflitto senza via d’uscita.

Mutesi è una donna del posto, abituata alle difficoltà della vita, ma mai a qualcosa di così brutale.


Le quattro donne, seppur provenienti da mondi diversi, sono costrette a convivere in uno spazio ridottissimo per settimane, lottando contro la fame, la paura e la disperazione. Durante la loro prigionia forzata, emergono conflitti personali e differenze culturali, ma anche momenti di solidarietà e speranza.


Il film si concentra sul modo in cui queste donne affrontano la loro condizione, trovando forza l'una nell'altra nonostante le differenze. Fuori dal loro rifugio, la guerra continua a mietere vittime, ma all'interno di quel piccolo nascondiglio, il legame tra loro diventa la loro unica arma per resistere.

Analisi Monologo

Il discorso si apre con una constatazione semplice ma significativa: Lettere per mio figlio. Sono solo alla seconda. Questa frase introduce immediatamente il senso di continuità e di resistenza. Annick sta documentando la sua esistenza, senza sapere se queste lettere arriveranno mai a destinazione. La lettera inizia con un dettaglio che sottolinea lo scorrere del tempo nel nascondiglio: Dolce bambino mio, oggi abbiamo segnato sul muro il giorno 34. Segnare i giorni è un modo per non perdere il senso della realtà, ma il tempo, in questa prigionia, sembra dilatarsi: “Sembra passata una vita in questo buco. Qui Annick esprime lo smarrimento e l’alienazione che la reclusione forzata sta causando.

Segue un passaggio che descrive come la prigionia stia alterando la sua percezione del mondo: Ho dimenticato il profumo dei fiori, non ricordo la sensazione dell’acqua sulla mia pelle. La guerra le sta portando via non solo la libertà, ma anche i ricordi delle cose semplici, trasformando la sua esistenza in una condizione di privazione totale.


Poi il tono cambia. Annick smette di parlare di sé e comincia a osservare le donne che la circondano: Una ragazza americana, all’inizio pensavo che avesse una vita perfetta. Ma lei aveva cercato la morte.” Qui Annick si riferisce a Peyton, rivelando come il suo giudizio iniziale sia stato ribaltato dalla scoperta del suo dolore.


Una sorella nella fede, è tutt’uno con Dio, eppure sopporta un peso che non ha abbandonato nelle mani di Dio. Questa frase si riferisce a Jeanette, la suora che, nonostante la sua fede, porta dentro di sé un tormento che non riesce a lasciare andare. Una ragazza Tutsi, è così brillante, così bella… ma è una vittima che rivendica la sua rabbia come fosse il suo nome. Annick parla di Mutesi, evidenziando come la sua identità sia stata segnata dalla violenza subita, tanto da renderla parte integrante di sé. Dopo aver descritto le altre, Annick torna su se stessa: E poi ci sono io. Ora sto soffrendo, bambino mio.” Qui la sua sofferenza si manifesta con un’intensità disarmante, ma subito dopo arriva una nota di speranza: Tu sarai la mia gioia più grande.” Nonostante tutto, suo figlio è la luce a cui si aggrappa. Il monologo si chiude con un pensiero sulla verità: Scrivo queste parole per te, così conoscerai la verità che non sempre può essere svelata.” Annick vuole lasciare un segno, vuole che suo figlio sappia ciò che è successo, anche se il mondo tende a nascondere certe realtà.

Conclusione

Questo monologo è una testimonianza di resistenza e amore materno. Annick non sa se sopravvivrà, ma attraverso queste lettere costruisce un ponte tra il presente e un possibile futuro. La sua voce non è solo quella di una vittima, ma di una donna che cerca di dare un senso alla propria sofferenza.

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