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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Faye Romano in Springsteen – Liberami dal nulla è un esempio potente di rottura emotiva raccontata con lucidità e controllo. Odessa Young interpreta una donna che smette di aspettare e sceglie di dire la verità, senza scivolare nel melodramma. I
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 1 minuto
1981, New Jersey. Bruce Springsteen ha appena chiuso il fortunatissimo The River Tour, e il mondo sembra pronto ad accoglierlo come una rockstar di livello planetario. Ma lui, proprio adesso, decide di tirare il freno. È in crisi. Sente che sta per perdere qualcosa di fondamentale: il legame con le sue radici, con quella vita semplice, borderline, da figli di operai e disadattati che lui ha sempre raccontato meglio di chiunque altro.
In questo momento delicatissimo, tra pressione commerciale e un malessere personale che lo isola e lo schiaccia, Bruce (interpretato da un sorprendente Jeremy Allen White) si ritira in una casa semi-isolata a Colts Neck, in New Jersey. Porta con sé solo un registratore Teac a quattro piste, la sua chitarra, qualche foglio stropicciato e le ombre di una vita piena di ferite mai chiuse.
La casa discografica lo incalza: Born in the USA è già in cantiere, potrebbe essere un disco da milioni di copie. Ma Bruce ha in testa tutt’altro. Sta scrivendo storie che nessuno si aspetta. Uomini condannati a morte, rapinatori, vagabondi, gente che ha perso tutto e non sa nemmeno più dove cercarsi. Canzoni senza cori, senza ritornelli rassicuranti, senza futuro. Così nasce Nebraska, il disco più spoglio e cupo della sua carriera.
Al suo fianco, quasi unico interlocutore, c’è Jon Landau (Jeremy Strong), il manager e produttore che ha sempre creduto nel suo talento e nella sua integrità artistica. Il film racconta soprattutto il rapporto tra questi due uomini: uno è il faro creativo, l’altro il timoniere che cerca di tenere la barca in rotta. E tra loro c’è una fiducia muta, spesso tesa, ma reale.
Tra i flashback in bianco e nero dell'infanzia (con Stephen Graham nel ruolo del padre violento e schivo), le sessioni casalinghe di registrazione, i dialoghi sfiancanti con la label, e qualche tentativo fallito di relazione umana (come quella con Faye, madre single interpretata da Odessa Young), Springsteen – Liberami dal nulla mette a fuoco l’anima di un artista che sceglie il buio invece della ribalta.

Allora che ne dici di affrontarla? Che ne dici di fare davvero i conti con la tua merda, invece di prendere e scappare? Dici che non puoi amarmi come merito, ma la verità è che tu non vuoi nemmeno provarci. Perché provarci significa affrontare te stesso, e questo ti terrorizza. E Haley e io non vogliamo giocare alla famiglia perfetta. Siamo persone vere. Io ci ho creduto in te, ho creduto che potessi essere l’uomo che fingi di essere. Hai ragione, dovresti andartene, perché finché non sarai onesto con te stesso, non lo potrai essere con me. Devo tornare al lavoro. Spero che trovi quello che cerchi in California, dico sul serio.
“Allora che ne dici di affrontarla?”: tono frontale ma contenuto; pausa su “allora”, come se volesse controllare l’urgenza; sguardo fisso su Bruce, non provocatorio ma deciso; la parola “affrontarla” è carica, ma non urlata.
“Che ne dici di fare davvero i conti con la tua merda, invece di prendere e scappare?”: ritmo più serrato; voce che sale di mezzo tono su “tua merda”, ma subito rientra; la cadenza è diretta, concreta, senza giri di parole.
“Dici che non puoi amarmi come merito, ma la verità è che tu non vuoi nemmeno provarci.”: tono netto ma senza urla; pausa breve dopo “merito”; su “non vuoi nemmeno provarci” la voce si spezza leggermente, come se fosse la rivelazione più dolorosa da dire ad alta voce.
“Perché provarci significa affrontare te stesso, e questo ti terrorizza.”: tono rivelatorio, più basso, quasi sussurrato; pausa su “affrontare te stesso”; sguardo fermo, non rabbioso, ma pieno di delusione; “ti terrorizza” va detto lentamente, senza enfasi forzata.
“E Ailee e io non vogliamo giocare alla famiglia perfetta.” : tono più deciso, ma non risentito; sottolineare leggermente “Ailee e io” per includere la figlia come testimone silenziosa del fallimento.
“Siamo persone vere.”: pausa prima; tono asciutto, autentico; questa è la frase che smonta ogni idealizzazione, va detta lentamente, come un chiodo piantato.
“Io ci ho creduto in te, ho creduto che potessi essere l’uomo che fingi di essere.”: tono amaro, ma non piagnucoloso; la prima parte detta con dolore trattenuto, la seconda con un colpo secco.
“Hai ragione, dovresti andartene, perché finché non sarai onesto con te stesso, non lo potrai essere con me.”: respiro profondo prima di iniziare; tono pacato, finale; è una verità accettata, non lanciata addosso; “dovresti andartene” è quasi un atto d’amore duro, non un’espulsione.
“Devo tornare al lavoro.”: tono basso, stacco emotivo; è la chiusura formale di una ferita profonda; lo dice senza sguardo, come a volerlo evitare, come chi si rifiuta di crollare in pubblico.
“Spero che trovi quello che cerchi in California, dico sul serio.”: frase finale detta con sincerità, ma trattenuta; “dico sul serio” è una carezza dolorosa — va detto con un tono che sfiora il rimpianto ma non ci cade.
In questa scena chiave del film, Faye (Odessa Young) affronta Bruce dopo che lui ha deciso di andarsene, senza un vero confronto. Dopo mesi di ambiguità, mezze verità e silenzi pesanti, Faye non esplode, ma libera tutto ciò che ha trattenuto fino a quel momento. Il suo è un monologo diretto, umano, pieno di lucidità e di dolore trattenuto. Non c’è teatralità: solo verità scomode dette in faccia, una dietro l’altra, con precisione chirurgica. È una scena che funziona come chiusura drammatica ma anche come manifesto di indipendenza emotiva.
“Allora che ne dici di affrontarla? Che ne dici di fare davvero i conti con la tua merda, invece di prendere e scappare?” Faye mette Bruce di fronte a sé stesso. L’uso di “merda” non è una provocazione, ma un termine concreto per indicare la montagna di cose irrisolte che lui si rifiuta di guardare. Il tono è fermo, non urlato: questa è rabbia pensata, non istintiva. “Dici che non puoi amarmi come merito, ma la verità è che tu non vuoi nemmeno provarci.” Faye smaschera il linguaggio autoassolutorio di Bruce. Il punto non è l’incapacità, ma la mancanza di volontà. Questa frase è il cuore emotivo del monologo: va detta con controllo e precisione, evitando il melodramma.
“Perché provarci significa affrontare te stesso, e questo ti terrorizza.” Qui si tocca il livello più profondo del personaggio di Bruce: non è il rifiuto dell’amore, ma la paura di sé stesso. Faye lo sa, lo ha capito da tempo, e ora lo dice ad alta voce. Il tono è basso, intimo, quasi pietoso. “E Ailee e io non vogliamo giocare alla famiglia perfetta. Siamo persone vere.” Con questa frase Faye riprende la sua dignità e quella di sua figlia. È una dichiarazione forte: “non vogliamo l’illusione, vogliamo la verità”. Detta con semplicità, è la linea che segna il confine.
“Io ci ho creduto in te, ho creduto che potessi essere l’uomo che fingi di essere.” Una delle frasi più dure del film. Faye non rimprovera Bruce per ciò che è, ma per ciò che ha fatto finta di essere. C’è una delusione che brucia, ma anche una resa emotiva: ha smesso di aspettare qualcosa da lui. “Hai ragione, dovresti andartene, perché finché non sarai onesto con te stesso, non lo potrai essere con me.” Questa frase è uno specchio perfetto: non cerca di trattenerlo, lo spinge ad andare — ma non per liberarsene, per fargli capire che non potrà amare finché non si guarda davvero.
“Devo tornare al lavoro. Spero che trovi quello che cerchi in California, dico sul serio.” Il monologo si chiude senza urla, lacrime o scene. Solo una frase semplice, quasi ordinaria, che sottolinea ancora di più la rottura definitiva. Il “dico sul serio” è ciò che impedisce a tutto questo di suonare come vendetta. È l’ultimo gesto di una persona che, nonostante tutto, ha scelto di non odiare.

Obiettivo del monologo: Concludere un rapporto non chiudendolo con rabbia, ma con lucidità. Faye vuole finalmente dire tutto. È un monologo che serve a liberarsi.
Sottotesto “So chi sei, e non posso più permettermi di aspettarti.”
Azione minima: Faye: taglia le illusioni di Bruce, consegna una verità scomoda, lascia andare senza più cercare risposte.
Dinamica vocale
Tono medio-basso, controllato, in costante equilibrio tra:
tensione emotiva (che c’è, ma non esplode)
chiarezza argomentativa (ogni frase ha un suo peso)
Chiusa: “Spero che trovi quello che cerchi in California, dico sul serio.” La chiusa è una contraddizione emotiva consapevole: Faye lo lascia andare, e lo fa con rispetto.
Errori comuni
Andare in spinta troppo presto. Questa èuna resa lucida. Se parte troppo alta, si brucia la progressione.
Interpretare con rabbia “da copione”. La rabbia di Faye è interna, compressa. L’intensità nasce dalla chiarezza, non dal volume.
Ignorare i silenzi. Ogni pausa è carica. Usale per far sentire che sta scegliendo ogni parola. Non riempire i vuoti con gesti inutili.
Trattare Faye come una vittima. Non lo è. È una donna che ha già elaborato la perdita. Il monologo non è una supplica. È una presa di posizione.
Il cuore del film ruota attorno a una decisione radicale: Springsteen vuole che le canzoni di Nebraska vengano pubblicate esattamente così come le ha registrate, in presa diretta, su una cassetta priva di custodia. Niente arrangiamenti, niente band, niente tournée. Nessun singolo radiofonico. E nemmeno la sua faccia sulla copertina.
Questo diventa il conflitto centrale dell’ultima parte del film: un artista che combatte per difendere la propria visione, anche se questa visione è fatta di crepe, rumore di fondo e silenzi pesanti come il piombo. Landau lo sostiene, pur con mille difficoltà. La CBS tentenna. Alla fine, però, l’album esce così com’è. Una scelta controcorrente che nel tempo si rivelerà fondamentale per la carriera di Springsteen, e per il modo in cui la musica popolare americana verrà percepita.
Quanto dura il monologo? La versione integrale dura circa 1 minuto e 10 secondi.
Che temi tratta il monologo? Il monologo affronta temi legati a: rottura emotiva; auto-inganno e codardia affettiva; verità relazionale; lucidità nel lasciare andare È un testo che parla di dignità e consapevolezza.
Qual è l’obiettivo emotivo del monologo? Dire a Bruce tutta la verità che non gli è mai stata detta, non per convincerlo, ma per chiudere. Faye si libera mentre parla. Il pubblico deve percepire la fine emotiva, non una battaglia aperta.
Registi: Scott Cooper
Sceneggiatura: Scott Cooper
Produttori: Scott Cooper, Ellen Goldsmith-Vein, Eric Robinson, Scott Stuber
Cast principale: Jeremy Allen White (Bruce Springsteen); Matthew Anthony Pellicano (Bruce Springsteen da bambino); Jeremy Strong (Jon Landau); Paul Walter Hauser (Mike Batlan); Stephen Graham (Douglas Springsteen); Odessa Young (Faye)
Dove vederlo: Al cinema!

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