Monologo femminile - Carey Mulligan in \"Non lasciarmi\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo rappresenta il cuore emotivo di Non lasciarmi (Never Let Me Go), incarnando il senso di perdita e accettazione che permea tutto il film. Siamo alla fine della storia, Kathy ha perso Tommy, e con lui ogni illusione di poter sfuggire al destino imposto ai cloni. La sua voce fuori campo, accompagnata da un paesaggio desolato, chiude il film con una riflessione amara sulla vita e sulla sua transitorietà. Quello che colpisce in queste parole non è solo il dolore della perdita, ma anche una strana serenità: Kathy non si ribella più, non si aggrappa alla speranza, ma osserva la propria esistenza con una lucidità rassegnata.

Sono passate due settimane

MINUTAGGIO: Fine film

RUOLO: Kathy
ATTRICE:
Carey Mulligan
DOVE:
Amazon Prime Video



INGLESE


It's been two weeks since I lost him. I've been given my notice now. My first donation is in a month's time. I come here and imagine that this is the spot where everything I've lost since my childhood has washed out. I tell myself, if that were true, and I waited long enough, then a tiny figure would appear on the horizon across the field, and gradually get larger until I'd see it was Tommy. He'd wave and maybe call. I don't let the fantasy go beyond that. I can't let it. I remind myself I was lucky to have had any time with him at all. What I'm not sure about is if our lives have been so different from the lives of the people we save. We all complete. Maybe none of us really understand what we've lived through, or feel we've had enough time.




ITALIANO


Sono passate due settimane da quando l'ho perduto...vengo quì e immagino il luogo dove sia raccolto tutto ciò che ho perso fin dagli anni dell'infanzia. Se fosse così, non faccio altro che ripeterlo, forse, in fondo al campo,all'orizzonte, apparirebbe una figura...dapprima minuscola e poi sempre piu grande...fino a che non riconoscerei Tommy...Tommy che mi saluta, che mi chiama...ma non voglio che la fantasia prenda il sopravvento, non posso permetterlo. Continuo a ripetermi che comunque sono stata fortunata a passare del tempo con lui, quello di cui non sono sicura che le nostre vite siano tanto diverse da quelle delle persone che salviamo...tutti completiamo un ciclo...forse nessuno ha compreso veramente la propria vita, nè sente di aver vissuto abbastanza.

Non lasciarmi

"Non lasciarmi" (Never Let Me Go, 2010), diretto da Mark Romanek e tratto dal romanzo di Kazuo Ishiguro, è un film che mescola dramma e fantascienza in modo sottile e inquietante. La storia segue tre amici – Kathy (Carey Mulligan), Tommy (Andrew Garfield) e Ruth (Keira Knightley) – cresciuti in un collegio apparentemente idilliaco chiamato Hailsham. Fin dall'inizio, il film suggerisce che Hailsham non sia una scuola come le altre. Gli studenti sono educati con estrema attenzione alla salute e vengono costantemente controllati. Lentamente, i ragazzi scoprono la loro vera natura: sono cloni, creati con l’unico scopo di donare i loro organi fino alla morte.


Kathy, Tommy e Ruth formano un triangolo sentimentale complesso. Kathy è profondamente innamorata di Tommy, ma lui finisce per stare con Ruth, più sicura di sé e manipolatrice. Le loro vite continuano anche dopo aver lasciato Hailsham, quando si trasferiscono nei “Cottages”, un centro di transizione prima che inizi il loro destino di donatori. Da adulti, Ruth ammette di aver tenuto Tommy e Kathy separati per egoismo e li aiuta a cercare una via di fuga: una voce dice che le coppie veramente innamorate possono ottenere una proroga prima di iniziare il ciclo delle donazioni. Kathy e Tommy si presentano alla direttrice di Hailsham, che però spegne ogni speranza: la proroga è solo una leggenda.


Tommy, ormai segnato dalle prime donazioni, ha uno sfogo di rabbia impotente, mentre Kathy lo consola, accettando il loro destino. Alla fine, Tommy muore e Kathy, rimasta sola, attende il suo turno, riflettendo sulla fugacità della vita e sulla possibilità che, in fondo, la loro esistenza non sia così diversa da quella di chiunque altro. Il film si chiude su un senso di inevitabilità e malinconia, con Kathy che guarda oltre il paesaggio, chiedendosi se la vita delle persone “normali” sia davvero così diversa dalla loro.

Analisi Monologo

Il monologo si apre con un’indicazione temporale precisa: “Sono passate due settimane da quando l’ho perduto…”. Kathy è ancora immersa nel lutto, ma il modo in cui formula questa frase lascia intendere che sta cercando di razionalizzare il dolore, di dargli un confine. Segue poi l'immagine del “luogo dove sia raccolto tutto ciò che ho perso fin dagli anni dell'infanzia”, un’idea che ha il sapore della fiaba, quasi un’illusione infantile. Kathy immagina di poter vedere Tommy ancora una volta, come se tutto ciò che è stato portato via dalla vita esistesse ancora in un luogo nascosto. Ma subito dopo, si impone un limite: non voglio che la fantasia prenda il sopravvento, non posso permetterlo. Qui la sua maturità emerge con forza: non c’è spazio per l’illusione, solo per la consapevolezza di ciò che è stato.


La parte più significativa del monologo arriva con la riflessione sulla natura della loro esistenza: quello di cui non sono sicura è che le nostre vite siano tanto diverse da quelle delle persone che salviamo. Questa frase ribalta la prospettiva. Per tutto il film, i cloni sono stati trattati come esseri sacrificabili, con un destino segnato. Eppure, Kathy si chiede se la condizione umana sia davvero così diversa: anche chi non è nato per donare organi è comunque destinato a un percorso che si conclude inevitabilmente. La vita, in fondo, è un ciclo per tutti.


L’ultima frase, forse nessuno ha compreso veramente la propria vita, né sente di aver vissuto abbastanza, è l’accettazione definitiva. Questo pensiero rende la condizione di Kathy e Tommy universale, portando il film oltre il suo contesto fantascientifico per parlare della mortalità in generale.

Conclusione

Carey Mulligan interpreta questo monologo con una delicatezza straordinaria, senza mai scivolare nel melodramma. Il suo tono è pacato, la sua voce non tradisce rabbia o disperazione, ma solo un’amarezza trattenuta. Il film si chiude su questa riflessione, lasciando lo spettatore con una domanda aperta: siamo davvero così diversi da Kathy?

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