Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!
Articolo a cura di...
~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo della dottoressa in Dying for Sex arriva in un momento delicato, forse il più delicato: quello della fine. Non è il climax emotivo urlato o catartico. È qualcosa di più sottile, quasi clinico, e proprio per questo profondamente umano. In questa scena, ambientata in una clinica per le cure palliative, una dottoressa si rivolge a Molly – e forse anche agli altri pazienti – per spiegare cosa succede, esattamente, quando si muore. Niente spiritualismi, niente metafore celesti, nessun abbellimento. Solo il corpo e il suo linguaggio. E la cosa che colpisce subito è il tono. Non c’è dramma. Non c’è pietismo. C’è una calma serena, quasi didattica, che rende tutto più reale. Come se la morte smettesse, per un attimo, di essere un nemico da combattere e diventasse una funzione del corpo. Come tossire. Come avere un orgasmo.
STAGIONE 1 EPISODIO 8
MINUTAGGIO:9:31-12:20
RUOLO: Infermiera
ATTRICE: Paula Pell
DOVE: Disney+
INGLESE
So, as you are filling out those forms, who would like to hear about what happens when you're dying? That's good enough for me. Death is not a mystery. It is not a medical disaster. It is a bodily process, like giving birth, or like going to the bathroom, or coughing, having an оrgasm. 'Cause your body knows what to do. Your body knows how to die! How cool is that? Okay. Here's what to expect. In the last month of your life, you're gonna stop getting out of bed. You're gonna to eat and drink a lot less, and you're gonna sleep a lot more. Uh, delirium is common. And some people say they get this feeling like time stops being real. Is that something that you've been feeling? Yes! Yes. Okay. Two to three weeks out, you're gonna need help with all daily activities. But my favorite part of the dying process is... Your body knows what's coming and it goes into a state of ketosis, which decreases hunger and pain and it increases the sense of euphoria. And when you start active dying... What's active dying? Amy: Oh, active dying is a sacred time. At least it used to be, and it still is in some parts of the world. It's the moment when you're very close to death, and your body starts shutting down. How's everyone doing? I'm looking at you, Gail. If, uh, Molly wants to hear it, I can hear it. You guys, come here. I'm good. I'm good. I'm good. Amy: In active dying, you won't be fully conscious. And your jaw muscles will relax. Your breathing changes. And there might be this gurgling at the back of your throat, caused by something, unfortunately, called terminal secretions. I know. And when you are very close to death, your breathing goes into a cycle of deep slow breaths and long pauses. And then eventually, there's a breath out that is not followed by a breath in. And that's it.
ITALIANO
Allora, mentre riempi questi moduli, a chi va di sentire cosa che cosa succede quando si muore? La morte non è un mistero. Non è… non è un errore medico. E’ un processo corporeo, come partorire, o andare in bagno, o tossire, o avere un orgasmo… perché il tuo corpo sa cosa fare. Il tuo corpo sa come morire. Non vi sembra fico? Ecco… cosa ti devi aspettare. Nell’ultimo mese di vita smetterai di alzarti dal letto. Mangerai e berrai di meno, e dormirai parecchio di più. Il delirio è comune. E alcuni dicono di avere la sensazione che il tempo smetta di essere reale. E’ una cosa che hai già provato…? Due o tre settimane prima ti servirà aiuto per le attività quotidiane. Il tuo corpo sa cosa lo aspetta, ed entra in un stato di chetosi che fa diminuire di molto la fame, il dolore, entra in uno stato di euforia… e quando inizia la fase della morte… un momento sacro. Almeno, lo era e lo è ancora in alcune parti del mondo. E’ il momento in cui sei vicina alla morte, il tuo corpo inizia a cedere. Nella fase attiva della morte non sarai cosciente. I muscoli della tua mascella si rilasseranno, la respirazione cambierà e ci potrà essere un gorgoglio in fondo alla tua gola, provocato da dei rantoli chiamati anche secrezioni terminali. E quando sarai vicina alla morte, la respirazione entrerà in un ciclo di respiri profondi, e di lunghe pause, e alla fine ci sarà un’espirazione, che non sarà seguita da un’inspirazione. E sarà finita.
“Dying for Sex” è una serie che racconta la storia vera di Molly Kochan, una donna a cui è stato diagnosticato un cancro metastatico al seno in fase terminale, e che, di fronte all’inevitabilità della morte, decide di riappropriarsi del proprio corpo attraverso un gesto tanto semplice quanto sconvolgente: il piacere. No, non la riconciliazione con il passato, non la serenità in un letto d’ospedale, non la spiritualità salvifica. Parliamo di orgasmi. Di esplorazione del desiderio. Di sesso vissuto come atto di autodeterminazione. E in questo senso il titolo della serie, “Dying for Sex”, è tutto tranne che una provocazione gratuita: è una sintesi lucida, e per nulla edulcorata, del progetto narrativo. Molly, interpretata da una Michelle Williams in stato di grazia, decide di lasciare il marito Steve (Jay Duplass) dopo aver ricevuto la diagnosi. Non lo fa per disperazione. Lo fa per coerenza. Perché capisce che la vita che stava vivendo non è quella che vuole vivere adesso, con il tempo che si è improvvisamente ristretto. La sua nuova missione? Provare a conoscere, sul serio, cosa significhi il piacere sessuale. Farlo fuori da qualsiasi cornice di norma o aspettativa sociale. E qui arriva la sua lista dei desideri sessuali. Dall’incontro con sconosciuti a sessioni di dominazione, Molly sperimenta tutto, lasciandosi accompagnare dalla sua migliore amica Nikki (Jenny Slate), che è il vero cuore emotivo della serie.
La loro amicizia è quel tipo di legame che non solo sostiene, ma riflette. Nikki non è lì solo per “esserci”: è lo specchio che rimanda a Molly un’immagine di sé nuova, liberata, viva. E il bello è che questa dinamica non è scritta con retorica o sentimentalismi. È concreta, imperfetta, spesso ironica, ed è proprio lì che la serie trova il suo tono autentico. La serie – otto episodi da mezz’ora, tutti disponibili su Disney+ – è figlia di un’operazione ibrida. A livello di formato si muove come una comedy (tempi rapidi, dialoghi brillanti, un tocco visivo alla “Fleabag” per intenderci), ma l’emotività che sprigiona è quella del dramma più intimo. E poi c’è il dettaglio che spacca tutto: è una storia vera. La vera Molly Kochan ha realmente intrapreso questo percorso, ha realmente raccontato questi incontri nel podcast “Dying for Sex” ideato insieme a Nikki Boyer, la sua amica del cuore, e lo ha fatto con un'onestà disarmante. La serie si prende qualche libertà, ovviamente, ma rimane fedele allo spirito del racconto originale.
Michelle Williams ci ha abituato a ruoli di donne complesse, spesso devastate da una forma di dolore silenzioso (“Blue Valentine”, “Manchester by the Sea”, “Fosse/Verdon”). Qui il registro cambia.
Molly è piena di contraddizioni: è ironica, sessualmente curiosa, rabbiosa, tenera, cinica. E Williams – che è anche produttrice della serie – non cerca mai la simpatia dello spettatore. Non edulcora. Non addolcisce. Porta in scena la sessualità come bisogno e come gesto estremo di espressione di sé. Una scena su tutte (che lei stessa ha commentato con grande sincerità): Molly sola in una stanza d’albergo che si masturba usando… un pesce rosso in una boccia. È una scena assurda, sì. Ma è anche il simbolo di quanto la serie voglia dire: “eccoci, questo è il corpo. Questo è il desiderio. Questo è il nostro modo di dire: io ci sono ancora”. Jenny Slate interpreta Nikki e probabilmente firma la sua miglior interpretazione in carriera. C’è qualcosa di raro nel modo in cui riesce a passare da momenti comici a quelli di dolore puro con una naturalezza che ti fa dimenticare che sta recitando. È la sua presenza che tiene insieme la serie. E questo è coerente con la storia reale: Nikki era davvero il pilastro di Molly. Era quella che l’ascoltava, che rideva con lei delle assurdità dei suoi incontri, che piangeva in macchina e poi le stringeva la mano mentre il corpo si spegneva. Questa non è una storia d’amore romantico. È una storia d’amore amicale. Ed è potentissima.
Il miracolo di “Dying for Sex” è che non c’è mai un tentativo di nobilitare la malattia. Né il sesso. Non ci sono monologhi che cercano di insegnarti qualcosa. Eppure impari tanto. Soprattutto una cosa: che il desiderio – soprattutto quello femminile – può essere un atto politico. Un gesto di libertà. Un modo per dirsi: “Sono ancora qui, e il mio corpo non è solo un luogo del dolore, ma anche del piacere”.
E poi sì, ci sono anche peni che svolazzano, gag assurde, scene inaspettate. Perché questa serie non è fatta per essere semplice. È fatta per essere viva. Proprio come Molly.
“La morte non è un mistero. Non è un errore medico. È un processo corporeo…” La forza del monologo sta tutta qui: la morte viene normalizzata, riportata alla sua dimensione biologica. Questo non significa banalizzarla. Anzi. In un mondo che preferisce medicalizzarla, anestetizzarla o rimuoverla dal discorso quotidiano, qui la si osserva per quello che è: una funzione della vita. Il paragone iniziale è spiazzante ma potente: "come partorire, o andare in bagno, o tossire, o avere un orgasmo". L’accostamento tra atti corporei basilari e la morte serve a ribaltare la percezione culturale che abbiamo della fine. Non più evento traumatico da temere, ma processo corporeo che il corpo sa come attraversare. E non è una banalità. È una dichiarazione d’intenti: questo corpo che Molly ha riscoperto attraverso il piacere, ora viene accompagnato anche nella sua fase finale con lo stesso rispetto.
Tutto il monologo è costruito con un tono che oscilla tra il medico e il poetico. La dottoressa elenca le fasi fisiologiche: l’astenia, la chetosi, la perdita dell’appetito, il delirio, le modifiche nella respirazione. Ma lo fa con una gentilezza che non viene mai spacciata per consolazione. “Un momento sacro”, dice. “Almeno, lo era e lo è ancora in alcune parti del mondo”. È in questa frase che la narrazione tocca un piano più profondo. Perché ci ricorda che la morte è stata – e può tornare ad essere – un momento di passaggio vissuto e accompagnato, non temuto e nascosto.
Il finale del monologo, con la descrizione precisa del “respiro terminale”, è di un realismo quasi spietato. Ma è anche lì che si compie la sua funzione narrativa: preparare, accompagnare, permettere di guardare in faccia l’inevitabile. E farlo senza paura. Farlo con la consapevolezza che anche in quel momento – come in un orgasmo, come in una nascita – il corpo sa.
Questo monologo non è pensato per spaventare, e neanche per consolare. È lì per dire la verità senza drammi. In una serie che ha parlato senza filtri di sesso, piacere, desiderio e corpo, questo momento ha senso proprio perché completa il percorso. Il corpo non è solo desiderante. È anche morente. E va rispettato in entrambe le sue nature.
Le Migliori Classifiche
di Recitazione Cinematografica
Entra nella nostra Community Famiglia!
Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno
Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.
Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.