Monologo Femminile - Barbara Mori in \"Due emisferi\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo di Bárbara Anderson in Due emisferi rappresenta uno dei momenti più emotivamente intensi del film. È il cuore della sua battaglia: una madre che rifiuta di arrendersi di fronte a una diagnosi inappellabile, che sfida la scienza ufficiale e le sentenze dei medici con la forza di un amore incondizionato. Qui Bárbara si rivolge direttamente a suo figlio Lucca, ripercorrendo i momenti chiave della loro storia e riaffermando il legame che li unisce, al di là delle barriere fisiche e cognitive. Questo monologo, oltre a caratterizzare la protagonista, sintetizza il tema centrale del film: la lotta ostinata contro un destino già scritto e la speranza che si rinnova a ogni tentativo.

Amore...

MINUTAGGIO: 4:58-6:29

RUOLO: Barbara Anderson
ATTRICE:
Barbara Mori
DOVE:
Netflix



ITALIANO


I primi esami che ti hanno fatto quando avevi solo tre giorni, a prima vista sembravano portare buone notizie. "La parte più difficile è finita, ci dicemmo". Ma dieci giorni dopo cambiò tutto. La cicatrice che la mancanza di ossigeno ti aveva causato al cervello non ti permetteva né di parlare, né di camminare, né di controllare i movimenti, Alcuni medici ipotizzarono che il danno al cervello non ti avrebbe neanche permesso di capire che io fossi tua mamma. Ma io non gli credetti mai, Luqui. E quando è nato tuo fratello, ne ho avuto la conferma. Bruno ha sempre saputo come entrare nel tuo mondo e come comunicare con te. Lui è la cosa migliore che ti sia capitata. Ma vederlo correre ed esplorare il mondo rende la mia frustrazione di saperti intrappolato ancora più grande. Per questo abbiamo provato e continueremo a provare di tutto. Ogni terapia, ogni nuovo macchinario, ogni nuovo dottore, ogni nuovo trattamento è una nuova sperazna. Il tuo futuro rimane un mistero. Ancora non conosciamo i limiti che ti contengono, ma siamo una squadra. Rimarremo uniti, fino alla fine, giorno e notte, finché non troveremo una strada.

Due emisferi

Barbara Anderson (interpretata da Bárbara Mori) è una giornalista messicana e madre di Lucca, un bambino affetto da una grave paralisi cerebrale. Insieme al marito Andrés (Juan Pablo Medina), lotta quotidianamente per garantire al figlio una vita il più dignitosa possibile, tra barriere architettoniche, difficoltà economiche e un sistema sanitario che sembra più ostacolare che aiutare. Quando scoprono l’esistenza di una terapia sperimentale in India, che promette di stimolare le connessioni cerebrali, Barbara e Andrés si trovano davanti a una scelta difficile: restare ancorati alla medicina tradizionale o intraprendere un viaggio rischioso verso l'ignoto, spinti da una speranza che ha il sapore dell’ultima possibilità. Il viaggio è tutt'altro che semplice. Lucca soffre di crisi epilettiche gravi e affrontare un volo intercontinentale potrebbe mettere seriamente a rischio la sua vita. Eppure, nonostante i timori e le incognite, la famiglia decide di partire.


L’arrivo in India segna un punto di svolta, ma non necessariamente quello che ci si aspetterebbe. Oltre alle difficoltà mediche, il film introduce un elemento di riflessione più ampio: quanto la ricerca scientifica sia influenzata da logiche economiche e politiche, e come certe cure siano spesso riservate solo a chi ha i mezzi per permettersele. Barbara, forte della sua esperienza da giornalista, inizia a indagare, scoprendo gli interessi nascosti dietro il sistema sanitario e il business delle cure sperimentali.


Nel finale, il film lascia aperta una domanda: è davvero solo la scienza a decidere chi può sperare in una cura? O, come suggerisce la storia di Barbara e Andrés, sono spesso le persone comuni, con il loro coraggio e la loro ostinazione, a spingersi oltre i limiti imposti dal sistema?

Analisi Monologo

Il monologo è costruito in modo da alternare ricordi, emozioni contrastanti e una dichiarazione di intenti. Si apre con un flashback: il momento in cui i primi esami medici avevano illuso la famiglia sulla possibilità di una vita normale per Lucca. Il tono qui è asciutto, quasi cronachistico, come se Bárbara stesse ripercorrendo mentalmente quegli istanti con distacco, ma è solo un preludio. Il passaggio successivo segna la frattura: "Ma dieci giorni dopo cambiò tutto". Questa frase netta segna il punto di non ritorno, il momento in cui la speranza iniziale si infrange contro la realtà della diagnosi.


La parte centrale del monologo esplora il dubbio più doloroso: la possibilità che Lucca non riconosca nemmeno sua madre. Qui emerge un conflitto profondo tra la razionalità imposta dalla scienza e la certezza emotiva di Bárbara, che si rifiuta di accettare una verità tanto crudele. L’elemento chiave è Bruno, il fratello minore di Lucca, che funge da prova vivente della connessione tra il protagonista e il mondo esterno. La sua capacità di "entrare nel mondo" di Lucca ribalta la sentenza dei medici: il bambino è presente, comprende, comunica, anche se in un modo che la scienza non sa spiegare.


Da qui nasce la frustrazione della protagonista: vedere Bruno correre e scoprire il mondo amplifica il dolore di sapere Lucca intrappolato. È un contrasto che rende la sua determinazione ancora più forte. Il monologo si chiude con una dichiarazione potente: ogni nuova terapia è una speranza, ogni porta chiusa è un nuovo tentativo di aprirne un’altra. L’immagine della "squadra" è fondamentale: non si tratta di un percorso individuale, ma di una lotta collettiva, condivisa con tutta la famiglia.

Conclusione

Questo monologo è un vero e proprio manifesto dell’amore materno che sfida ogni limite. Bárbara non è un’eroina perfetta: il testo lascia trasparire fatica, dolore, frustrazione. Ma è proprio questa imperfezione a rendere la sua determinazione ancora più autentica. Il monologo segna anche un passaggio fondamentale nella narrazione del film: qui non si tratta solo della malattia di Lucca, ma del valore della speranza come motore di ogni azione. Anche quando tutto sembra suggerire il contrario, Bárbara sceglie di credere che ci sia ancora una strada da percorrere. E il film, attraverso questo momento, ci invita a chiederci: fino a che punto siamo disposti a spingerci per chi amiamo?

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