Monologo femminile - \"Il favoloso mondo di Amélie\"

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Nel tessuto narrativo di Amélie, la signora Madeleine è una delle inquiline del palazzo dove vive Amélie. È una donna sola, di mezza età, con un cagnolino fedele e uno sguardo sempre rivolto al passato. Il suo monologo arriva quasi di sorpresa, come una di quelle chiacchiere da pianerottolo che però, a un certo punto, diventano confessione. È un monologo che mescola rancore, tenerezza, sarcasmo e disperazione, e che getta una luce malinconica su una donna rimasta bloccata in un tempo che non passa mai.

Povera Bestia

MINUTAGGIO:

RUOLO: Madeleine

ATTRICE: Yolande Moreau

DOVE: Amazon Prime Video

ITALIANO

Oh, guarda! Che strano. Si sieda. Mio marito lavorava per le Assicurazioni Coccinelle. Alla gente piace raccontare che se la faceva con la segretaria. Bisogna dire che hanno battuto tutti gli alberghi di Batignolles, e nemmeno i più squallidi, anche perché la cocchina era una che allargava facilmente le gambe ma... su lenzuola di raso. Mio marito si è messo a fregare dalla cassa. All'inizio, poco, e poi cinquanta milioni in una volta. E via! Volati tutti e due nella Pampa. Beva. Eh, sì. Allora, il 20 gennaio 1970 qualcuno ha suonato alla porta. Bene: "Signora, suo marito è morto. incidente di macchina. Nell'America del Sud". La mia vita si è fermata. E lui, Leone Nero, si è lasciato morire di tristezza. Ah, povera bestia! Lo vede con quanto amore continua a guardare il suo padrone? Un giorno le leggerò le sue lettere... No, no, resti, resti pure. È una cosa di cinque minuti. Ecco, qui era in caserma. "Cara Mado"... Sono io, mi chiamo Madeleine. "Non dormo più, non mangio più. Vivo con la certezza di aver lasciato la mia sola ragione di vita a Parigi. La ritroverò soltanto venerdì 15 vedendo comparire la mia bertuccia adorata sul marciapiede della stazione, nel suo vestito blu con le bretelle (quello che tu trovi troppo trasparente). Bacioni". Ecco. Le hanno mai scritto delle lettere così, signorina?

Il favoloso mondo di Amélie

Il favoloso mondo di Amélie è uno di quei film che ti prende per mano e ti accompagna in un universo tutto suo, fatto di piccoli gesti, sguardi fugaci e sogni custoditi in silenzio. Diretto da Jean-Pierre Jeunet nel 2001, è ambientato in un quartiere preciso e riconoscibile di Parigi: Montmartre. Ma non è una Parigi da cartolina, o meglio... lo è, ma filtrata attraverso lo sguardo di Amélie Poulain, la protagonista. E qui comincia la vera storia. Amélie è una ragazza solitaria, cresciuta in un ambiente piuttosto strano. Suo padre, freddo e distante, le fa un esame cardiaco una volta l’anno; sua madre è una donna rigida e ansiosa che muore improvvisamente, colpita da una turista canadese che si suicida gettandosi dalla torre di Notre-Dame. Questa stranezza tragica ha il sapore di fiaba nera, ed è già un indizio sul tono del film: malinconico, surreale, con una vena di dolce ironia.

Cresciuta praticamente da sola, Amélie sviluppa un mondo interiore ricchissimo. Lavora come cameriera in un piccolo bar frequentato da personaggi tutti un po’ particolari: l’ipocondriaco Joseph, la ex ballerina di cabaret Gina, l’anziano pittore solitario Dufayel (detto “l’uomo di vetro”), e poi Georgette, la tabaccaia malaticcia che sembra uscita da un romanzo di Simenon. La vita di Amélie cambia all’improvviso quando trova, nascosta dietro una mattonella del suo bagno, una scatoletta di latta contenente i ricordi di un bambino che ha vissuto lì prima di lei: figurine, una macchinina, piccoli tesori d’infanzia. Decide allora di rintracciare il proprietario e restituirgli quella scatola. Quando ci riesce, e vede la reazione commossa dell’uomo ormai adulto, qualcosa si accende dentro di lei. È come se avesse trovato una missione: aiutare gli altri. Ma farlo in modo silenzioso, quasi invisibile.

Da qui parte una serie di azioni "da dietro le quinte": sistema la vita sentimentale della sua collega, spinge il padre a viaggiare grazie al gnomo da giardino che invia foto da tutto il mondo, aiuta il vicino artista a vedere oltre la sua paura del mondo. In tutto questo, però, c’è sempre un filo che la riporta a se stessa. Perché se è facile sistemare la vita degli altri, è molto più difficile affrontare la propria. E qui arriva Nino Quincampoix. Ragazzo misterioso, con la passione per le fototessere abbandonate. Lo incontra per caso e inizia una caccia romantica fatta di bigliettini, tracce, enigmi. Ma non riesce mai davvero a uscire allo scoperto. L’idea stessa di esporsi la terrorizza. Fino a quando l’uomo di vetro, osservandola, le dice qualcosa che scuote il suo isolamento: “Tu non hai le ossa di vetro, puoi affrontare la vita”. È il consiglio che la spinge, finalmente, ad aprirsi.

Analisi Monologo

L’inizio è un misto di accoglienza e sarcasmo: "Oh, guarda! Che strano. Si sieda." – come se stesse già narrando qualcosa di visto e rivisto, ma con la voglia di farlo per l’ennesima volta. Da subito si delinea un tono disilluso: Madeleine non idealizza il passato, anzi, lo espone con brutalità. Parla del marito come di un uomo che ha tradito, mentito, rubato. Eppure non c’è solo rabbia nelle sue parole. C’è un sottofondo di attaccamento che viene fuori proprio nell’atto del ricordare.

Il marito fugge in Sud America con l’amante, dopo aver sottratto cinquanta milioni. Poi muore in un incidente. La notizia – consegnata con gelida ufficialità il 20 gennaio 1970 – spezza la vita della donna: "La mia vita si è fermata." È una frase semplice, ma carica di un dolore che non si è mai veramente elaborato. E poi c’è Leone Nero, il cagnolino, rimasto a fissare la porta come se aspettasse ancora quel ritorno impossibile. Qui Jeunet inserisce un elemento che nel suo cinema ritorna spesso: gli animali come specchio emotivo dei personaggi umani. Leone Nero guarda il vuoto, come Madeleine guarda il suo passato.

La scena cambia registro nel momento in cui lei prende le lettere. Qui non si parla più del tradimento, ma dell’amore perduto, di una dolcezza che emerge attraverso la scrittura. "Cara Mado..." – le lettere sono l’unica forma di contatto rimasta, frammenti di un tempo in cui si sentiva amata. Il tono si addolcisce, quasi infantile, quando legge: “la mia bertuccia adorata... nel vestito blu con le bretelle (quello che tu trovi troppo trasparente).” È il ricordo di un’intimità semplice e viva, contrapposto alla freddezza della morte e alla solitudine del presente.

La domanda finale rivolta ad Amélie: "Le hanno mai scritto delle lettere così, signorina?" È una domanda che non cerca risposta. È la chiusura perfetta di un monologo che non vuole consolare, ma solo esistere. Madeleine non parla per trovare conforto, ma per non dimenticare.

Conclusione

Il monologo di Madeleine è uno degli esempi più chiari di come Il favoloso mondo di Amélie riesca a costruire personaggi secondari con una vita interna così definita da sembrare protagonisti di un altro film, parallelo ma ugualmente profondo. In pochi minuti, questa donna ci mostra un’intera esistenza: l’amore, il disincanto, la perdita, la memoria. E lo fa senza chiedere empatia, ma con un tono ironico e sincero, quasi brutale, che la rende reale.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com