Monologo femminile - il fuoco in \"La cantatrice calva\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Mary ne La Cantatrice Calva di Eugène Ionesco è un concentrato di assurdità poetica e ironia, che incarna perfettamente lo spirito del Teatro dell'Assurdo. Apparentemente una semplice lista di elementi che "prendono fuoco", il testo nasconde una riflessione profonda e grottesca sull'inconsistenza del linguaggio, sul caos della comunicazione e sull’insensatezza dell'esistenza. Attraverso un ritmo ipnotico e un uso simbolico del fuoco, Ionesco demolisce le aspettative del pubblico, portandolo in un vortice di nonsense che, paradossalmente, diventa estremamente significativo.

Il fuoco

Se è così, vi reciterò una poesia, intesi? è una poesia che si intitola “Il fuoco” in onore del Capitano.


Il fuoco


I policandri brillavano nei boschi

una pietra prese fuoco

il castello prese fuoco

la foresta prese fuoco

gli uomini presero fuoco

le donne presero fuoco

gli uccelli presero fuoco

i pesci presero fuoco

l'acqua prese fuoco

la cenere prese fuoco

il fumo prese fuoco

il fuoco prese fuoco

tutto prese fuoco

prese fuoco, prese fuoco.

La cantatrice Calva

"La Cantatrice Calva" (titolo originale: La Cantatrice Chauve) è un'opera teatrale del drammaturgo francese Eugène Ionesco, uno dei capisaldi del cosiddetto Teatro dell'Assurdo. Pubblicata nel 1950, la pièce rappresenta un punto di svolta nella storia del teatro, ponendo al centro dell’attenzione non tanto la trama o i personaggi, quanto il linguaggio stesso, con un intento volutamente satirico e provocatorio. Ionesco ha raccontato che l’idea di scrivere La Cantatrice Calva gli venne mentre studiava l'inglese con un manuale per principianti. Notò che le frasi di esempio del libro, pur formalmente corrette, risultavano vuote di significato e assurde se estrapolate dal contesto. Decise quindi di trasformare questo esperimento linguistico in un'opera teatrale, enfatizzando la ripetitività e il nonsense. L'opera si svolge nel salotto di una coppia borghese, i Signori Smith, che intrattengono una conversazione priva di senso. A loro si aggiungono i Signori Martin, una coppia che inizialmente non si riconosce come tale (pur essendo sposati), e altri personaggi, tra cui una cameriera e un pompiere. La "cantatrice calva" del titolo, per inciso, non appare mai sulla scena e viene menzionata solo in modo casuale e senza spiegazione, il che sottolinea ulteriormente l'assurdità generale.


Il dialogo tra i personaggi è caratterizzato da frasi banali, ripetizioni e contraddizioni. L'azione si conclude con una sorta di ripresa circolare: i Signori Martin si ritrovano a ripetere le stesse battute con cui l’opera era iniziata, come se il tutto fosse un loop infinito. La Cantatrice Calva demolisce l’idea che il linguaggio possa trasmettere significati profondi. Ionesco evidenzia come le convenzioni linguistiche siano spesso vuote e prive di connessione con la realtà, una critica che può essere vista come una riflessione sulla comunicazione moderna. Attraverso i dialoghi assurdi e le azioni insignificanti dei personaggi, Ionesco deride la routine e le convenzioni sociali della classe media, mostrandone l'inconsistenza e la mancanza di significato. Sebbene non esplicitamente filosofica come le opere di Beckett, la pièce condivide con il Teatro dell'Assurdo un interesse per il vuoto e l'angoscia dell’esistenza. Il nonsense dei dialoghi riflette un mondo in cui l’umanità sembra essere alienata non solo dalla società, ma anche da sé stessa.


La Cantatrice Calva è uno dei testi fondamentali di questa corrente teatrale, che include autori come Samuel Beckett (Aspettando Godot), Jean Genet e Harold Pinter. Il Teatro dell'Assurdo nasce in un’epoca segnata dalla disillusione post-bellica, mettendo in scena la frammentazione e il caos dell’esperienza umana.

Analisi Monologo

Questo monologo di Mary, tratto da La Cantatrice Calva, è emblematico dell’approccio al linguaggio e al significato che caratterizza l’intera opera di Eugène Ionesco. Il testo appare come un'esplosione di parole che si riflette nell'ossessiva ripetizione della parola "fuoco", costruendo una struttura quasi ipnotica e del tutto priva di una narrativa convenzionale. Analizziamolo più nel dettaglio.


Il monologo si articola in una lista apparentemente casuale di oggetti, esseri viventi e persino concetti astratti che "prendono fuoco". Questa accumulazione produce un crescendo, culminando nell’assurda affermazione finale: "il fuoco prese fuoco". Questo ritmo martellante richiama una cantilena o una litania, un elemento che enfatizza la musicalità e l'irrazionalità del testo. È poesia, ma una poesia svuotata di significato profondo, una forma che si ribella alla propria funzione comunicativa.

Il fuoco, simbolicamente, è un elemento ambivalente: può rappresentare la distruzione totale, ma anche la purificazione, la passione e la vitalità. Ogni cosa, persino ciò che non potrebbe mai bruciare (come l’acqua o la cenere), è coinvolta in questo processo distruttivo.


L’elemento comico del monologo è innegabile, ma si tratta di un umorismo nero, legato all’assurdità della situazione. Mary inizia dichiarando che vuole recitare una poesia in onore del Capitano, ma il testo che segue non ha nulla di celebrativo o logico. È una parodia della tradizione poetica, che qui viene ridotta a una sequenza automatica di frasi vuote e surreali.

Conclusione

Il monologo di Mary rappresenta un momento chiave in La Cantatrice Calva, dove il linguaggio si spoglia della sua funzione comunicativa per diventare pura forma, ritmo e provocazione. L'accumulo ossessivo di immagini incendiarie ci ricorda quanto siano fragili le nostre certezze e le nostre convenzioni linguistiche.

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