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~ LA REDAZIONE DI RC
Il film Hitman: Agent 47 e la sua apertura, con il monologo incentrato sul "Programma Agenti" ci offre una finestra su temi profondi come il controllo assoluto, la disumanizzazione e le conseguenze etiche della scienza applicata alla creazione di esseri umani potenziati.
MINUTAGGIO: 00:10-2:29
RUOLO: Katia Van Dees
ATTRICE: Hannah Ware
DOVE: Netflix
INGLESE
The history of man is defined by war. And war by the men who fight it. What if we could create a better man? Someone did. The Agent Program was initiated in August 1967, by a man named Peter Aaron Litvenko. Its purpose was to create the perfect killing machine. Human beings without emotion or fear or remorse. The resulting subjects were called Agents. The program was a success. But the price of creating men without humanity was Litvenko's conscience. Applying his brilliant mind to his flight, he vanished. Fearing that it would be exposed, the government shut down the program. And surviving Agents drifted into shadows. Realizing its potential, many tried to restart the program. All failed. So they focused their efforts on finding the one man who could. The task fell to Dr. Albert Delriego. A ruthless and efficient man. But Litvenko had disappeared, and even he couldn't find him. Then, six years into his search, Delriego made an unexpected discovery. A single photograph, which would become the key to finding Litvenko. No one had ever imagined that, in the end, it would come down to one little girl.
ITALIANO
La storia dell’uomo è determinata dalle guerre. E le guerre dagli uomini che le combattono. E se potessimo creare un uomo migliore? Qualcuno l’ha fatto… Il Programma Agenti venne lanciato nell’Agosto del 1967, da un uomo di nome Peter Aaron Litvenko. Il suo scopo era creare la macchina di morte perfetta. Degli esseri umani privi di emozione, paura, o rimorso. Il risultato furono dei soggetti chiamati Agenti. Il programma fu un successo, ma le conseguenze di aver creato degli uomini senza umanità pesavano sulla coscienza di Litvenko. Applicò tutto il suo ingegno per fuggire e sparì. Temendo di essere scoperto, il governo interruppe il programma, e gli agenti sopravvissuti scomparvero nel nulla. Comprendendo il potenziale del programma, molti cercarono di replicarlo. Fallirono tutti. Così iniziarono a cercare l’unico uomo che avrebbe potuto farlo. Il compito toccò al dottor Albert Delriego, un uomo spietato e intelligente. Ma di Litvenko nessuna traccia. Neanche Delriego riuscì a trovarlo. Poi… dopo sei anni di ricerche, Delriego fece una scoperta inattesa. Un’unica fotografia che sarebbe diventata la chiave per trovare Litvenko. Nessuno avrebbe mai pensato che alla fine… sarebbe dipeso tutto… da una ragazzina.
Hitman: Agent 47 è un film d'azione del 2015 diretto da Aleksander Bach, basato sulla popolare serie di videogiochi "Hitman" di IO Interactive. Il film segue le vicende di un assassino geneticamente modificato noto come Agente 47, interpretato da Rupert Friend.
Il protagonista, Agente 47, è un sicario di élite che è stato creato come parte di un programma segreto per sviluppare assassini potenziati geneticamente. La sua forza, velocità e intelligenza lo rendono estremamente letale, e l’unico segno distintivo della sua identità è un codice a barre tatuato sul retro della testa, con il numero 47 che rappresenta la sua posizione nel programma.
Nel corso del film, Agente 47 ha la missione di rintracciare una giovane donna di nome Katia van Dees (interpretata da Hannah Ware). All'inizio, sembra che Katia sia la chiave per svelare l'identità di suo padre, l'uomo che ha creato il programma di assassini. Ma mentre la storia si dipana, si scopre che Katia stessa ha abilità straordinarie, anche se non ne è consapevole. Lei è infatti un'Agente 90, un'altra delle creazioni del programma genetico, e suo padre è un ricercatore che ha cercato di nasconderla per proteggerla.
Il principale antagonista del film è John Smith ( Zachary Quinto), un agente di una misteriosa organizzazione chiamata Syndicate International, che cerca di catturare Katia per sfruttare le sue abilità e completare il lavoro che suo padre aveva iniziato.
L’azione del film ruota attorno a scontri violenti, inseguimenti e momenti di strategia ben calcolata, con Agente 47 che combatte contro il Syndicate e protegge Katia mentre cerca di scoprire la verità dietro le sue origini.
Questo monologo si presta a diverse interpretazioni e riflessioni, poiché tocca tematiche profonde legate all’etica scientifica, alla disumanizzazione e al concetto di potere assoluto.
Il monologo si sviluppa come una narrazione storica che ripercorre eventi scientifici e militari, partendo dall’idea centrale: la creazione dell'“uomo migliore” per scopi bellici. La struttura è lineare e progressiva, con un inizio che pone la domanda etica fondamentale ("E se potessimo creare un uomo migliore?") e una conclusione inaspettata che riporta tutto a una figura inaspettata ("una ragazzina"). Questo crea un effetto di suspense che stimola la curiosità dello spettatore.
L'idea di creare "la macchina di morte perfetta" evidenzia l'aspirazione umana al controllo assoluto sulla vita e sulla morte. Ma il concetto di "uomini privi di emozione, paura o rimorso" solleva una forte critica morale: si può davvero considerare umano chi è privo di queste caratteristiche? Questo pone interrogativi sull'umanità di chi è manipolato geneticamente e sull'arroganza di coloro che credono di poter giocare con la vita in questo modo.
Il rimorso di Litvenko per aver creato questi esseri disumani è un tema centrale e che incarna il tipico scienziato tormentato dalle implicazioni etiche delle proprie scoperte. Nonostante il successo scientifico del programma, la sua fuga simboleggia il peso morale delle sue azioni e la sua incapacità di convivere con le conseguenze del proprio operato.
"Molti cercarono di replicarlo. Fallirono tutti." Questo suggerisce che, nonostante gli sforzi umani di raggiungere la perfezione e il controllo assoluto, la complessità della vita e dell'essere umano rende impossibile riprodurre artificialmente ciò che è innato nell'umanità.
Il monologo si conclude con una rivelazione sorprendente: il destino di Litvenko e del programma non dipende da un’istituzione governativa o da una mente brillante, ma da "una ragazzina." Questo cambio di prospettiva sposta il focus dalla potenza tecnologica e scientifica a una dimensione più umana e inaspettata. La figura della ragazzina può simboleggiare l'innocenza, la purezza, o semplicemente l’imprevedibilità della vita, suggerendo che non sempre il potere e la conoscenza scientifica hanno il controllo assoluto del destino.
Le domande che emergono riguardano la natura stessa dell’essere umano e il limite oltre il quale la scienza diventa disumanizzante. Alla fine, emerge che il destino, tanto nei racconti cinematografici quanto nella realtà, spesso dipende da fattori inaspettati, che sfuggono alla logica e al controllo umano, lasciandoci riflettere sulla nostra vulnerabilità e sull’incertezza del futuro.
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