Monologo Femminile - Imoguiri in \"Il Buco\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Imoguiri in Il Buco è un momento di disgregazione emotiva, in cui il personaggio abbandona ogni illusione e ammette la propria colpa e impotenza in un sistema crudele. Imoguiri è stata un’ex funzionaria del sistema, convinta che la struttura della Fossa potesse rappresentare un metodo equo per la società, ma nel corso del film scopre la brutalità insita nel sistema e l’impatto devastante che ha sui prigionieri.

Solitudine

MINUTAGGIO: 51:30-53:51

RUOLO: Imoguiri

ATTRICE: Antonia San Juan
DOVE: Netflix



ITALIANO


Davvero? Non lo so, non sono mai stata madre. Ho selezionato questa donna dieci mesi fa, è entrata da sola. non ha genitori e neanche dei figli. Il suo piatto preferito è il bibimbap. E’ un’attrice di cinema, come oggetto ha scelto un ukulele perché voleva somigliare a Marilyn Monroe in quel film. E ' entrata nella fossa da sola. Mi hai sentita bene Goren, è entrata, completamente, da sola. Voleva diventare la Marilyn Monroe asiatica. Quella brutta bastarda, con i suoi occhi a mandorla suonando l’ukulele, e ora è una assassina folle che cerca un figlio che non esiste. Una vera solidarietà spontanea. Una solidarietà spontanea coperta di merda. Questo posto non è adatto a chi ama leggere i libri. Ho lavorato 25 anni per l’amministrazione, mandando la gente in questo inferno senza sapere cosa stavo facendo, non ne avevo la minima idea. Ti dò la mia parola che non lo sapevo, mi credi Goren? Non mi credi, vero? In questo momento però ho davvero bisogno che tu mi creda. Guardami Goren, sono una donna che ha lottato contro il cancro per tre anni, e lo stesso giorno che ho saputo di aver perso la battaglia, ho deciso di venire qui, per aiutare. Ma vuoi sapere una cosa? Che ormai non mi importa, non mi interessa. Non mi importa più di niente. A chi mai verrebbe in mente di portare un libro qui? A chi mai verrebbe in mente di portare un cazzo di libro qui?

Il buco

"Il Buco" è un thriller distopico spagnolo del 2019 diretto da Galder Gaztelu-Urrutia che mescola un’ambientazione claustrofobica con una critica sociale molto diretta e disturbante. Il film racconta una storia ambientata in una struttura carceraria verticale chiamata La Fossa o Il Buco, in cui i detenuti sono collocati su diversi livelli, ognuno dei quali rappresenta una diversa posizione nella gerarchia di questo luogo infernale. La trama esplora temi di lotta per la sopravvivenza, diseguaglianza, solidarietà e il limite dell’umanità quando posta di fronte a condizioni estreme.


Il protagonista, Goreng, si risveglia all'interno di questa struttura, senza sapere esattamente cosa lo aspetta. Ogni livello della struttura ospita due persone, e ogni mese i detenuti vengono spostati a un livello diverso, senza preavviso. La caratteristica più crudele de Il Buco è il sistema di alimentazione: ogni giorno, una piattaforma carica di cibo scende dal livello più alto al più basso. I prigionieri ai livelli superiori possono prendere quanto vogliono, ma il cibo, man mano che scende, diventa sempre meno. Di conseguenza, chi è ai piani bassi spesso non riceve nulla e si trova a dover affrontare la fame e il deterioramento fisico e psicologico.


Goreng entra volontariamente nella struttura per ottenere un diploma (è, infatti, possibile scegliere di entrare a La Fossa come volontario, solitamente per ottenere un beneficio una volta scontato il periodo). Inizialmente, crede che sia possibile instaurare un sistema di equità e autosufficienza, una sorta di "rivoluzione" pacifica che possa spingere i detenuti a prendere solo ciò di cui hanno bisogno. questa sua visione idealistica si scontra con la brutalità della struttura stessa e con la disperazione degli altri detenuti.


Durante il suo soggiorno, Goreng cambia più volte livello e compagno di cella, ognuno dei quali offre un punto di vista differente e rappresenta una reazione diversa alla condizione della Fossa. Alcuni, come il cinico e disilluso Trimagasi, sono convinti che non ci sia modo di sovvertire il sistema; altri, come Imoguiri, ex funzionaria che lavora per la struttura e crede nella possibilità di una distribuzione equa, rappresentano una speranza ormai vacillante di giustizia.


"Il Buco" utilizza il concetto di questa prigione verticale per dare un messaggio chiaro sulla diseguaglianza e sulla distribuzione delle risorse. Il film riflette in modo spietato su come, nel mondo reale, spesso le risorse si concentrano nelle mani di pochi privilegiati, lasciando agli altri solo le briciole, se non addirittura nulla. La piattaforma di cibo diventa una metafora evidente di questa disuguaglianza: nonostante il cibo sia inizialmente sufficiente per tutti i detenuti, la natura umana e l'avidità dei livelli superiori lasciano chi sta in basso a soffrire per l’egoismo di chi ha di più.

Analisi Monologo

Questo monologo di Imoguiri, uno dei personaggi più complessi e tormentati de Il Buco, è una vera e propria confessione disperata e amara. In questo discorso, la donna svela le sue motivazioni e riflette sulle sue colpe, mostrando quanto la struttura della Fossa abbia distrutto ogni sua speranza e convinzione. È un momento crudo e pieno di rassegnazione, che ci permette di vedere più in profondità le contraddizioni e i fallimenti della solidarietà in un mondo dominato dall’egoismo.


Imoguiri è un personaggio che incarna l’idealismo disilluso: inizia come sostenitrice della Fossa, credendo che il sistema possa funzionare, ma il monologo mostra il suo lento disfacimento psicologico e la consapevolezza della crudeltà insita in questo luogo. Nel suo discorso, Imoguiri racconta di una prigioniera che aveva selezionato personalmente per entrare nella Fossa, descrivendola in termini quasi freddi e burocratici: la donna non ha famiglia, ha portato con sé un ukulele, e il suo piatto preferito è il bibimbap. Questi dettagli apparentemente insignificanti diventano particolarmente significativi perché mostrano l’umanità perduta nelle rigide statistiche della Fossa. La donna è diventata "una pazza assassina" che, in preda alla follia, cerca un figlio inesistente, metafora evidente della disperazione e della perdita di identità che il sistema impone ai detenuti.


Quando Imoguiri si riferisce a lei come "quella brutta bastarda, con i suoi occhi a mandorla", c’è uno sfogo di rabbia repressa, una frase che tradisce l’enorme frustrazione e l’impotenza che prova. La donna, che avrebbe dovuto essere un’icona di bellezza e aspirazioni (Marilyn Monroe asiatica), si è trasformata in una figura distrutta dalla Fossa, un riflesso distorto e devastato dei sogni di chi entra con un briciolo di speranza.

L’ammissione che “non ne aveva la minima idea” del dolore che stava infliggendo ai prigionieri rivela quanto Imoguiri sia stata cieca rispetto all’impatto della Fossa sui detenuti. Quando dice a Goreng, “Ti dò la mia parola che non lo sapevo, mi credi Goreng?”, mostra il bisogno disperato di redenzione. Vuole essere vista come qualcuno che ha lottato e sofferto, non come un’ingranaggio insensibile del sistema. Sembra rendersi conto dell’ironia crudele della sua posizione: in un certo senso, è sia vittima che carnefice, e questa consapevolezza l’ha spezzata.


La sua rivelazione di aver lottato contro il cancro per tre anni aggiunge un ulteriore strato di drammaticità: Imoguiri è una persona che ha cercato di affrontare una battaglia personale, solo per scoprire che il suo sacrificio è stato vano. Quando dice “non mi importa più di niente”, esprime una completa perdita di speranza e la rinuncia finale a ogni convinzione. La Fossa ha disintegrato non solo il suo idealismo ma anche il senso di umanità che aveva cercato di preservare.


La frase sul libro è profondamente significativa. Goreng è uno dei pochi ad aver portato un libro nella Fossa, simbolo di cultura e di un mondo al di fuori della brutalità della struttura. Imoguiri, invece, lo deride con amarezza: “A chi mai verrebbe in mente di portare un cazzo di libro qui?”. Questo è un affondo amaro contro l’ingenuità di Goreng, ma anche una critica alla propria stessa visione idealistica, ormai distrutta.


L’atto stesso di portare un libro in un luogo come la Fossa appare, agli occhi disincantati di Imoguiri, ridicolo, quasi offensivo. Il libro è un simbolo di speranza, di resistenza intellettuale, ma nel contesto della Fossa è qualcosa di inutile, un oggetto senza scopo in un mondo che sembra non avere spazio per la cultura o la compassione.


Questo monologo è il punto di rottura di Imoguiri, dove abbandona ogni pretesa di idealismo e accetta la propria colpevolezza e impotenza. Esprime la crudele ironia di un sistema che promette solidarietà e sostegno, ma che in realtà spezza e divora chiunque cerchi di fare la differenza. Imoguiri stessa rappresenta la contraddizione tra l’aspirazione e la realtà: la Fossa, con la sua inumana gerarchia, riesce a corrompere anche le migliori intenzioni, e lei non è riuscita a salvarsi.

Conclusione

L’interpretazione del monologo di Imoguiri richiede di bilanciare una gamma di emozioni complesse: rabbia repressa, colpa e una vulnerabilità che cresce con il progredire delle parole. È un momento di resa e di confessione, in cui Imoguiri rivela non solo le sue debolezze ma anche la sua totale disillusione nei confronti della Fossa e del suo ruolo all’interno di essa..

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