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~ LA REDAZIONE DI RC
Questo monologo di Tori è uno dei momenti più intensi de L’altra metà dell’amore. A differenza di Paulie, che vive la propria identità in modo esplosivo e trasparente, Tori è un personaggio profondamente diviso, incastrato in una zona grigia tra quello che sente e quello che le è stato insegnato a mostrare. In questa scena, quella divisione esplode. E non lo fa con parole misurate: lo fa con una rabbia che non ha ancora imparato a gestire, con una verità troppo grande per essere contenuta in un discorso razionale. Il monologo di Tori arriva in un momento in cui il rapporto tra lei e Paulie è già sotto tensione. Non è ancora finito, ma si sta sgretolando sotto il peso delle pressioni esterne: il giudizio della famiglia, la necessità di conformarsi, la paura. E proprio parlando con Paulie, Tori si lascia andare a un flusso di parole che non sono rivolte direttamente a lei, ma alla figura più ingombrante della sua vita: sua madre.
Tori sta confessando. E lo fa come se stesse cercando di liberarsi di un peso che la schiaccia, ma senza riuscire davvero a farlo. C’è qualcosa di profondamente ambivalente nelle sue parole: un amore malato, un odio che nasce dalla dipendenza. Il tipo di rapporto tossico che non ti consuma in un colpo solo, ma goccia dopo goccia.
MINUTAGGIO: -
RUOLO: Tori
ATTORE: Jessica Paré
DOVE: Amazon Prime Video
INGLESE
I mean, how could I ever say to her what I mean? Even in a letter. I'm, like, "Dear Mommy, I hate you. For multiple reasons. The most recent one being that you went on and on about my teeth at Easter in front of all of your gross friends. You want me to be, like... your perfect junior league girl and grow up to do, like, charity balls, and be the concubine of some banker, like you. But the truth of it is... I'm, like, addicted to you. Like chocolate. I'm like.. I just always wanna be around you. I'm like a stupid little puppy, and you just keep kicking my teeth in with your words. No, your tone...! Sometimes... I don't know. Sometimes I wish you were dead."
ITALIANO
Io non le posso dire quello che penso, Paulie. Insomma, come potrei dirle quello che penso veramente? Anche in una lettera. Scriverei: cara mamma, io ti odio per una varietà di motivi, il più recente dei quali è dovuto ai tuoi commenti sui miei denti davanti ai tuoi grossolani amici. Tu vuoi che io sia la perfetta signorina elegante e raffinata che diventerà una rispettabile signora, concubina di qualche banchiere, come te. Ma la verità è che tu sei come una droga per me, come la cioccolata. È come se io non riuscissi a fare a meno di te. Ti sto addosso continuamente, e tu continui a darmi calci sui denti con le tue parole, col tuo tono, e certe volte io... non lo so, vorrei proprio che tu morissi.
“L’altra metà dell’amore” è il titolo italiano del film “Lost and Delirious”, uscito nel 2001, diretto da Léa Pool. Si tratta di un adattamento del romanzo “The Wives of Bath” di Susan Swan, ma il film prende una direzione piuttosto personale rispetto al testo originale. La storia è ambientata in un collegio femminile canadese e viene raccontata dal punto di vista di una ragazza che osserva dall’esterno una relazione che scardina le dinamiche “normali” dell’ambiente in cui si trova.
Mary Bradford (Mischa Barton) è una ragazza introversa, appena iscritta a un collegio femminile. È il suo primo anno lì, e viene accolta nella stanza che condivide con altre due ragazze: Paulie (Piper Perabo) e Tori (Jessica Paré). Le due sembrano fin da subito molto legate, ma Mary inizialmente non capisce quanto. Nel tempo, Mary comincia a notare dettagli, sguardi, comportamenti: capisce che Paulie e Tori sono in realtà coinvolte in una relazione sentimentale e fisica. Una relazione che per loro ha un peso emotivo profondo, ma che deve rimanere nascosta: siamo in un contesto chiuso, dove le apparenze contano più delle verità personali. La famiglia di Tori, in particolare, è molto conservatrice, e lei vive il peso del giudizio con una paura tangibile.
Quando la relazione tra le due ragazze viene scoperta – o, più precisamente, quando Tori viene scoperta dai suoi genitori – succede quello che cambia la traiettoria del film: Tori decide di troncare tutto. Si allontana da Paulie, la rinnega, e comincia a uscire con un ragazzo, cercando di costruirsi un’immagine “normale”, accettabile. Paulie però non riesce ad accettare l’abbandono. Per lei non si trattava solo di una storia d’amore adolescenziale: era la sua identità, la sua verità più intima. Comincia un lento scivolamento verso l’ossessione, verso la disperazione. Non è solo il dolore della perdita, è la negazione di sé da parte di chi amava.
Mary, nel frattempo, è spettatrice di questo dramma. Osserva, riflette, cerca di capire. È il personaggio filtro, quello attraverso cui lo spettatore legge la storia. Lei non giudica mai, ma assorbe. E nel farlo, cresce. Impara che l’amore può essere brutale, che l’identità può essere una gabbia se non viene accettata dagli altri, e che a volte le persone si annientano pur di non sentirsi sole. Il film arriva a un epilogo doloroso. Paulie, devastata dalla perdita di Tori e dalla sensazione di essere stata tradita nella parte più autentica di sé, si lascia andare completamente. In una delle scene finali – intensa, simbolica – compie un gesto estremo, lasciando Mary (e lo spettatore) a fare i conti con la violenza silenziosa del rifiuto.
“Io non le posso dire quello che penso, Paulie.” Fin dalla prima frase, Tori mette in chiaro la barriera che la separa dalla madre. Non è una questione di occasione o di linguaggio: è proprio che non esiste spazio per la verità tra loro. Neanche in una lettera. Questo è il cuore del monologo: l’impossibilità di essere sé stessa nel contesto familiare. C'è un contrasto stridente tra ciò che Tori è con Paulie – libera, spontanea, affettuosa – e ciò che è costretta a essere agli occhi della madre: la “signorina elegante e raffinata”, la promessa sposa di un banchiere, il prodotto di una famiglia borghese che vende un'immagine di perfezione a costo della felicità personale.
“Io ti odio per una varietà di motivi, il più recente dei quali è dovuto ai tuoi commenti sui miei denti davanti ai tuoi grossolani amici.” Qui entra in scena il tono sarcastico, il dettaglio preciso. Non è un odio astratto, ma fatto di umiliazioni piccole e continue. Un commento sui denti, fatto in pubblico, davanti a persone che rappresentano il mondo superficiale della madre. Questo dettaglio mostra come l’affetto inespresso e le aspettative non dette possono trasformarsi in micro-aggressioni quotidiane. Tori non riesce a costruire un'identità perché ogni volta che prova a farlo, viene riportata a un ideale di figlia “adeguata” che non le somiglia. La rabbia che ne deriva è lucidissima, ma anche impotente: è uno sfogo che non ha ancora trovato una forma per diventare ribellione.
“Tu sei come una droga per me, come la cioccolata. È come se io non riuscissi a fare a meno di te.” Questo passaggio è forse il più disturbante e sincero dell’intero monologo. L’odio verso la madre coesiste con una dipendenza emotiva totalizzante. La madre di Tori non è solo una figura autoritaria, è anche l’unica fonte (malata) di affetto che lei conosca. La metafora della droga dice tutto: qualcosa che ti dà un sollievo immediato ma ti distrugge a lungo andare. E Tori lo sa. Lo dice a Paulie quasi con vergogna, come chi è consapevole della propria fragilità ma non riesce a farne a meno.
“Certe volte io... non lo so, vorrei proprio che tu morissi.” Questa frase è il punto più oscuro del monologo. Non è un desiderio reale, ma un pensiero nato dall’esasperazione, dalla frustrazione di una figlia che si sente tradita. Non odi la madre perché è cattiva, ma perché non ti vede. Non ti riconosce. Non ti ama per quello che sei, ma solo per come ti ha immaginato. E quindi sì, a volte la rabbia prende il sopravvento e genera pensieri estremi.
Ma anche in questo c'è dolore, non crudeltà. È un’implosione. Non c'è nulla di compiaciuto, nulla di teatrale: solo un disperato bisogno di liberarsi da un legame che, paradossalmente, non si riesce a spezzare.
Il monologo di Tori è uno degli snodi emotivi più forti del film. Non è un grido d’aiuto, ma un’esplosione contenuta, una confessione che mostra il cuore del conflitto interiore di Tori: il bisogno di amore da parte di una madre che non è in grado di darglielo, e la pressione di dover vivere secondo un copione che non le appartiene. In questo momento Tori si mostra per quello che è veramente: una ragazza che non ha ancora trovato il coraggio di scegliere se stessa. La sua voce è quella di chi vive nella frattura tra ciò che sente e ciò che deve essere. E forse è proprio questo che la distingue da Paulie: Paulie ha scelto, Tori no. E questo monologo è la testimonianza esatta di quella scelta che non riesce a fare.
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