Monologo - la lettera di Liz a David in \"Mangia, Prega, Ama\"

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo è costruito come una lettera, ma non è solo indirizzata a David, il suo ex compagno: è una lettera che Liz scrive anche a una versione passata di sé. È un congedo emotivo. Una riflessione sul dolore della separazione, sull’attaccamento e sulla paura del cambiamento. Ed è ambientato virtualmente all’Augusteo, un luogo reale di Roma, simbolico e malinconico. Un posto che incarna perfettamente ciò che Liz sta cercando di comprendere: l’idea che anche ciò che si rompe possa continuare a vivere, a trasformarsi, a essere significativo.

Addio, ricostruiamo il vuoto

MINUTAGGIO: 49:50-52:34

RUOLO: Liz

ATTRICE: Julia Roberts

DOVE: Netflix

INGLESE

Dear David: We haven't had any communication in a while... ...and it's given me time I needed to think. Remember when you said we should live with each other and be unhappy... so we could be happy? Consider it a testimony to how much I love you... ...that I spent so long pouring myself into that offer... trying to make it work. But a friend took me to the most amazing place the other day. It's called the Augusteum. Octavian Augustus built it to house his remains. When the barbarians came, they trashed it along with everything else. The great Augustus, Rome's first true great emperor... how could he have imagined that Rome... ...the whole world, as far as he was concerned, would be in ruins? During the Dark Ages, someone came in here and stole the emperor's ashes. In the 12th century, it became a fortress... then a bullring. They stored fireworks in here after that. Nowadays, it's a bathroom for the homeless... so you better watch your step going down. It's one of the quietest and loneliest places in Rome. The city has grown up around it over centuries. It feels like a precious wound... like a heartbreak you won't let go of because it hurts too good. I like it messy. We all want things to stay the same, David. I guess the guy before me must've been some angel, huh? Settle for living in misery... because we're afraid of change, of things crumbling to ruins. Then I looked around in this place, at the chaos it's endured... ...the way it's been adapted, burned, pillaged... then found a way to build itself back up again, and I was reassured. Maybe my life hasn't been so chaotic. It's just the world that is... ...and the only real trap is getting attached to any of it. Ruin is a gift. Ruin is the road to transformation.

ITALIANO

Caro David, abbiamo perso i contatti da un pò, e così ho avuto il tempo che mi serviva per riflettere su me stessa. Ti ricordi di quando mi hai detto che dovevamo vivere insieme ed essere infelici, per essere felici? Considerala una testimonianza di quanto ti amo aver passato tanto tempo a sforzarmi di accettare la tua offerta. Ma un amico l’altro giorno mi ha portato in un posto sorprendente: l’Augusteo. Ottaviano Augusto l’ha costruito per seppellirvi i suoi resti. Quando sono arrivati i barbari lo hanno distrutto come tutto il resto. Il grande Augusto, il primo Grande imperatore di Roma, come poteva immaginare che Roma, che per lui era il mondo intero, un giorno sarebbe stata un cumulo di rovine. E’ uno dei posti più silenziosi e solitari di Roma. La città gli è cresciuta intorno durante i secoli. E’ come una ferita preziosa, come una tristezza a cui non vuoi rinunciare, perché è un dolore troppo piacevole. Tutti vogliamo che le cose restino uguali, David. Accettiamo di vivere nell’infelicità, perché abbiamo paura dei cambiamenti, delle cose che vanno in frantumi, ma io ho guardato questo posto. Il caos che ha sopportato. Il modo in cui è stato adoperato, bruciato, saccheggiato, tornando poi a essere se stesso. E mi sono sentita rassicurata. Forse la mia vita non è stata così caotica, è il mondo che lo è. E la sola vera trappola è restare attaccati a ogni cosa. Le rovine sono un dono. La Distruzione la via per la trasformazione. Anche in questa città eterna, l’Augusteo mi ha dimostrato che dobbiamo essere sempre preparati a ondate infinite di trasformazioni… Sia io che te meritiamo di più che stare insieme, perché altrimenti abbiamo paura di essere annientati.

Mangia, Prega, Ama

Mangia, prega, ama (titolo originale: Eat Pray Love), film del 2010 diretto da Ryan Murphy e tratto dall’omonimo bestseller autobiografico di Elizabeth Gilbert. Un film che, a prima vista, potrebbe sembrare una favola di auto-scoperta tutta viaggi, cibo e spiritualità. Ma sotto quella patina da diario patinato, se lo si guarda con attenzione, c’è una struttura narrativa molto precisa, con tematiche che ruotano attorno a concetti come il desiderio di controllo, la fuga da sé stessi, la ricerca del perdono (soprattutto verso se stessi) e il significato concreto di connessione.

Liz Gilbert (interpretata da Julia Roberts) è una scrittrice di successo che vive a New York, ha un marito, una bella casa e una carriera ben avviata. Ma qualcosa dentro di lei è fuori fuoco. La sua crisi esistenziale esplode nel momento in cui si rende conto che sta vivendo una vita che non sente più sua.

Decide di divorziare e intraprende un viaggio lungo un anno in tre Paesi diversi:

Italia (Mangia) – Dove si concede il lusso di vivere e gustare il piacere del cibo e della convivialità.
India (Prega) – Dove si ritira in un ashram per cercare un contatto profondo con la spiritualità e provare a fare i conti con la colpa e il senso di vuoto.
Bali (Ama) – Dove incontra Felipe (Javier Bardem) e dove inizia a rimettere insieme i pezzi del suo cuore, ma da una prospettiva diversa.


Liz attraversa una crisi personale che mette in discussione le fondamenta su cui aveva costruito la propria identità: il matrimonio, la carriera, la routine sociale. Il film mostra che la ricerca di sé non passa attraverso una risposta definitiva, ma attraverso l’accettazione del cambiamento e dell’instabilità. In Italia, Liz si libera dalla colpa del “non fare abbastanza”. È la parte del viaggio che parla del corpo, del piacere non finalizzato a uno scopo. È lì che pronuncia una delle battute chiave: “You don’t need a man, Liz. You need a champion.” E quel campione, lo capirà, deve essere prima lei stessa.

Durante il soggiorno in India, Liz affronta la sua necessità di avere sempre il controllo delle situazioni. L’ashram diventa il simbolo del tentativo di gestire il caos interiore con la disciplina, ma anche del fallimento di un certo approccio “razionale” alla guarigione emotiva. La spiritualità, nel film, non viene trattata come una verità assoluta, ma come un processo. Gente come Richard from Texas (uno dei personaggi più riusciti del film) serve a ricordare che i demoni interiori non si sconfiggono con un mantra, ma guardandoli in faccia.

Il film insiste molto sul perdono, ma non lo mostra come un gesto eroico o simbolico. È qualcosa che Liz fatica a concedere, soprattutto a sé stessa. L’India è il capitolo in cui si fa i conti con la colpa del fallimento matrimoniale, con l’orgoglio ferito e la delusione di non essere stata “abbastanza”. Qui il perdono è una cosa sporca, faticosa, non illuminata da aure spirituali.

Quando arriva a Bali, Liz ha fatto il pieno di parole, silenzio, cibo e riflessioni. Ma resta ancora qualcosa: l’idea che l’amore non debba servire a riempire un vuoto, ma che possa esistere nonostante l’autosufficienza. Felipe non è il salvatore, non è la chiusura del cerchio. È un compagno di percorso. E il fatto che Liz lo accetti senza annullarsi segna il vero punto di svolta del suo viaggio.

Analisi Monologo

“Ti ricordi quando mi hai detto che dovevamo vivere insieme ed essere infelici, per essere felici?” Una frase paradossale che racchiude una dinamica tossica e disturbante. Liz ci fa capire che è stata vicina a credere in questa logica, che ha quasi accettato un compromesso esistenziale: scegliere l’infelicità come condizione normale, per paura di perdere qualcosa. In quella frase c’è un intero modello relazionale basato sull’auto-annullamento. Ed è proprio qui che inizia il distacco. “L’Augusteo... è come una ferita preziosa” Qui il monologo compie un passaggio potente. Il luogo fisico diventa metafora interiore. Roma non è solo Roma. È Liz. È la sua psiche. È la sua storia sentimentale. Il fatto che la città abbia continuato a esistere attorno a un luogo in rovina, che abbia costruito sopra e attorno a ciò che era distrutto, la conforta. Significa che si può essere danneggiati, ma non per questo inutili. Che le cicatrici non tolgono valore, anzi, ne aggiungono. Il dolore non va cancellato: va abitato. “Una tristezza a cui non vuoi rinunciare”: ecco il nucleo. Ci sono dolori che diventano parte della nostra identità. E per quanto ci distruggano, ci definiscono.

“Le rovine sono un dono. La distruzione è la via per la trasformazione.” È la frase centrale. Quasi un manifesto. Liz sta ribaltando completamente la logica che l’aveva imprigionata: non bisogna temere che qualcosa finisca. È proprio la fine che può generare una forma nuova. Questa idea si rifà a un concetto tipico di molte tradizioni filosofiche (dal buddismo al pensiero stoico): l’impermanenza come condizione naturale dell’esistenza. C’è un momento di accettazione qui, ma anche un invito all’azione: non attaccarti alle cose solo perché hai paura di perderle. Liz inizia finalmente a scegliere il cambiamento, non a subirlo.

Conclusione

Questo monologo segna una svolta nel viaggio interiore di Liz. È il primo momento in cui vediamo che non sta solo fuggendo da qualcosa (dal matrimonio, da David, da New York), ma sta cominciando a leggere il mondo con occhi nuovi. L’Augusteo diventa una lente. Un simbolo potente che collega storia, distruzione e rinascita. Scrivere a David, e quindi anche a se stessa, significa riconoscere che l’amore che ha vissuto era reale, ma non era giusto. Che tenersi stretta a quel dolore non era segno di lealtà, ma di paura. E che lasciarlo andare, invece, è un atto di coraggio. Un atto di rispetto, per sé e per l’altro.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com