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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo iniziale di Lily James in Rebecca (2020) è una porta d’ingresso al mondo di Manderley, un luogo carico di memorie, rimpianti e segreti, e allo stesso tempo una finestra sull’interiorità della protagonista. Attraverso le sue parole, veniamo immersi in un’atmosfera onirica e inquietante, dove la linea tra il passato e il presente si dissolve. Questo momento, sospeso tra il ricordo e la riflessione, è cruciale per stabilire il tono del film e introdurre i temi principali della storia, come l’identità, il destino e il potere del passato.
MINUTAGGIO: 1:09-2:18
RUOLO: Donna
ATTRICE: Lily James
DOVE: Netflix
ITALIANO
La notte scorsa sognavo che tornavo a Manderley. Ho sognato che là, dove un tempo c’era un vialetto era cresciuta una giungla oscura e tortuosa. La natura si era ripresa ciò che le apparteneva. Eppure, la casa era ancora lì, Manderley. Isolata e silenziosa come era sempre stata. Resuscitata dalla morte. Come accade nei sogni ho avuto modo di ripercorrere la memoria, attraversando gli anni come su un ponte, fino a quell’estate a Montecarlo, quando ero all’oscuro e senza prospettive. Riesco a vedere la ragazza che ero molto chiaramente. Anche se non la riconosco più. E mi domando come sarebbe stata la mia vita senza la signora Van Hopper, senza quel lavoro. E’ strano pensare che il corso della mia esistenza fosse appeso al filo della sua curiosità. Se non fosse per lei, non sarei andata a Manderley, e non avrei conosciuto te.
Il remake di Rebecca del 2020, diretto da Ben Wheatley, è un adattamento dell'omonimo romanzo di Daphne du Maurier, già reso celebre dalla versione cinematografica di Alfred Hitchcock del 1940. Questa nuova iterazione aggiorna alcuni aspetti visivi e narrativi, ma mantiene il cuore gotico e psicologico della storia originale.
La storia segue una giovane donna senza nome (interpretata da Lily James), timida e di umili origini, che lavora come dama di compagnia di una ricca signora in vacanza sulla Costa Azzurra. Durante il soggiorno, incontra Maxim de Winter (Armie Hammer), un affascinante e misterioso vedovo che la corteggia con una certa intensità. Non passa molto tempo prima che Maxim le proponga un matrimonio impulsivo, portandola via dal suo ruolo di subordinata per trasformarla nella nuova signora de Winter. La coppia si trasferisce a Manderley, l’imponente tenuta di Maxim in Cornovaglia. È qui che la giovane sposa si scontra con un’atmosfera carica di tensione. La precedente moglie di Maxim, Rebecca, morta in circostanze misteriose, sembra avere ancora un’influenza ossessiva su tutti coloro che abitano la casa.
Il ricordo di Rebecca è alimentato dall’enigmatica e glaciale
governante, Mrs. Danvers (Kristin Scott Thomas), che idolatrava la defunta e non perde occasione per far sentire la nuova signora de Winter inadeguata. Mentre la protagonista lotta per adattarsi alla sua nuova vita e per trovare il suo posto accanto a un marito emotivamente distante, scopre che Manderley nasconde oscuri segreti. La facciata perfetta di Rebecca si sgretola progressivamente, rivelando che la donna non era esattamente ciò che sembrava. Una serie di rivelazioni legate alla morte di Rebecca porteranno la protagonista a dover affrontare la verità su Maxim e a trovare la forza per liberarsi dall’ombra oppressiva della donna che la precedeva.
Questo monologo iniziale del personaggio interpretato da Lily James in Rebecca (2020) è fondamentale per stabilire il tono e l'atmosfera della storia. Non è solo una riflessione sul passato, ma anche un’introduzione tematica al cuore del film: il legame tra memoria, destino e il peso di ciò che non possiamo controllare.
L’APERTURA ONIRICA: “La notte scorsa sognavo che tornavo a Manderley.”
Il monologo si apre con una frase iconica, che richiama direttamente il romanzo di Daphne du Maurier, ma funziona anche come chiave di lettura per l’intera opera. La protagonista, ormai lontana dagli eventi di Manderley, li rievoca come in un sogno. La narrazione onirica prepara lo spettatore a immergersi in un racconto filtrato attraverso la memoria, uno strumento fragile e distorto. Questo elemento di sogno aggiunge al film un’aura gotica, facendo intuire che ciò che sta per essere raccontato non è solo cronaca di eventi, ma una rielaborazione personale, intrisa di emozioni e rimpianti.
2. LA NATURA COME SIMBOLO: “La natura si era ripresa ciò che le apparteneva.”
Questa immagine visiva è estremamente potente. L’idea della natura che si riprende il vialetto evoca il tema dell’ineluttabilità del tempo e del decadimento, ma introduce anche un senso di inevitabilità. Manderley è descritto come un luogo che, nonostante tutto, persiste, come se avesse una vita propria. Questo è fondamentale, perché Manderley non è solo una casa: è un personaggio della storia, un simbolo dell’ossessione, del controllo e del potere che Rebecca esercita anche nella sua assenza.
3. LA MEMORIA COME UN PONTE: “Come accade nei sogni ho avuto modo di ripercorrere la memoria, attraversando gli anni come su un ponte.”
Questa frase è una metafora bellissima e centrale nel monologo. La memoria viene vista come un ponte che collega il presente al passato, ma è un ponte che non porta mai stabilità. La protagonista è intrappolata nel ricordo, incapace di lasciarsi alle spalle ciò che è accaduto. L’idea del “ponte” è interessante anche per la sua natura precaria: un legame che può essere attraversato, ma che non è mai stabile.
4. IL SENSO DI IDENTITÀ: “Riesco a vedere la ragazza che ero molto chiaramente. Anche se non la riconosco più.”
Questo passaggio è un esempio perfetto del conflitto interiore della protagonista. La nuova signora de Winter non è mai completamente a suo agio con la propria identità: passa dall’essere una ragazza senza prospettive a una donna definita solo dal matrimonio con Maxim e dall’ombra di Rebecca. Questo senso di perdita del sé è centrale alla trama e viene qui introdotto con eleganza.
5. IL DESTINO E LA SIGNORA VAN HOPPER: “E mi domando come sarebbe stata la mia vita senza la signora Van Hopper, senza quel lavoro.”
Questa riflessione introduce il tema del destino, o meglio, dell’arbitrarietà degli eventi che possono cambiare un’esistenza. Se non fosse stato per il lavoro come dama di compagnia, la protagonista non avrebbe mai incontrato Maxim. Questo pone una domanda interessante sul ruolo del caso nella vita, e anticipa il rapporto complicato con il marito, in cui lei spesso si sente una pedina, più che una persona con un reale potere decisionale.
6. CHIUSURA INTIMA: “Se non fosse per lei, non sarei andata a Manderley, e non avrei conosciuto te.”
Il monologo si chiude con un pensiero rivolto a Maxim, che introduce il loro legame e il conflitto centrale del film. Questa frase, però, non suona come un’affermazione di amore incondizionato. Al contrario, c’è una certa ambiguità: conoscere Maxim è stato un bene o un male? È grazie a lui che la protagonista ha vissuto questa esperienza, ma è anche attraverso di lui che è stata trascinata nel vortice di Rebecca e di Manderley.
Lily James, con il suo tono malinconico e sfumato, riesce a catturare il conflitto interno della protagonista, mostrandoci una donna intrappolata tra chi era e chi è diventata, e incapace di sfuggire al peso del passato. Questo monologo non solo ci introduce al mistero di Manderley, ma ci prepara a esplorare temi universali legati alla memoria e all’identità. È una scena che incarna perfettamente l’anima del film, portando lo spettatore dentro un mondo in cui i fantasmi del passato sono impossibili da ignorare.
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