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~ LA REDAZIONE DI RC
Quando Alex in “La lista dei miei desideri” guarda questo video, ha completato la lista. Ma, più ancora, ha completato un percorso di trasformazione personale. Ecco perché questo monologo arriva con un tono diverso dai precedenti: non c'è più l'urgenza di aiutare, correggere o indirizzare. Elizabeth parla con una pace nuova. Non è più la madre che cerca di spronare la figlia a rialzarsi: è la donna che la guarda andare avanti, consapevole che ora può farcela da sola.
Le sue parole sono un sigillo. Un arrivederci pieno di affetto, ma anche di fiducia.
MINUTAGGIO: 1:49:15-1:51:00
RUOLO: Elizabeth
ATTRICE: Connie Britton
DOVE: Netflix
ITALIANO
Alex, tesoro mio. Eccoci qui, ce l'hai fatta. Non ho mai dubitato di te. Voglio solo dirti che essere tua madre per me è stata la gioia della mia vita. Ora sei a un nuovo inizio. E io non ti perseguiterò più: niente più liste e ultimatum. Ce la farai da sola. Però forse c'è un'ultima cosa. La vita è bella, è confusionaria, è complicata, e a volte non sembra che le cose vadano come pensi che debbano andare, ma va bene lo stesso. Va avanti, e sii sempre coraggiosa. Per quanto riguarda il vero amore... lo ammetto, non ho mai capito realmente che cosa sia. Ma ho capito questo. Per l'amore vale la pena lottare. Lotta. Ti voglio tanto bene, bimba. Te ne vorrò per sempre, non dimenticarlo.
Partiamo da quella premessa che funziona un po' come chiave d’accesso all’universo del film: tutti abbiamo messo da parte dei sogni. Ed è proprio lì che La lista dei miei desideri, disponibile su Netflix dal 28 marzo, ci prende per mano. Non per dirci che è tutto possibile, ma per ricordarci che a volte basta solo riprendere in mano un vecchio quaderno per riscoprire chi volevamo diventare.
Alex Rose (Sofia Carson) è una donna che vive a New York, lavora, ha una routine, ha dei doveri… ma non ha più sogni. O almeno, così sembra. Dopo la morte della madre Elizabeth (Connie Britton), Alex si ritrova in un momento di sospensione emotiva: tutto le appare distante, piatto, e soprattutto lontano da quella ragazza piena di energia e speranze che era da adolescente. Ed è proprio sistemando casa che riemerge quel foglio. Una lista scritta da lei stessa anni prima, piena di desideri semplici, folli, teneri, ingenui. Desideri che aveva dimenticato. O peggio: archiviato. In quella lista c’è il cuore della storia.
Scopre, però, che sua madre conosceva quella lista. E che, prima di morire, l’ultimo desiderio che aveva espresso era quello di vedere sua figlia felice. Non sistemata, non realizzata secondo gli standard, ma felice.
I momenti-chiave della lista: più che sfide, sono frammenti d’identità
Esibirsi in un open mic in un comedy club la mette davanti alla sua paura più grande: esporsi. Ma è anche lì che scopre che mostrarsi per come si è davvero può diventare una forma di forza, e non di debolezza.
Condurre una lezione in un rifugio per donne è forse uno dei momenti più toccanti del film: il contatto con le storie delle altre donne le insegna che la vita non è fatta per essere vissuta da soli, e che l'empatia è una delle forme più autentiche di cambiamento.
Una sfida a basket con uno sconosciuto? Il piacere dell’imprevisto, la leggerezza che spesso dimentichiamo di concederci. Lì Alex si ricorda di quando non pianificava tutto, ma si buttava.
Partecipare a un evento benefico, dove incontra una donna che la ispira profondamente, è l’occasione per capire che guardare avanti non significa rinnegare il passato, ma integrarlo.
A supportarla nel percorso ci sono i fratelli (Dario Ladani Sanchez e Federico Rodriguez), figure affettuose e presenti che le ricordano l’importanza delle radici. E c’è Brad (Kyle Allen), l’avvocato che inizialmente osserva la lista con scetticismo ma che, pian piano, ne rimane coinvolto. Il loro rapporto cresce in maniera naturale, senza forzature, diventando una delle colonne emotive del film.
Ma il legame più forte è quello con la madre. Nonostante Elizabeth sia fisicamente assente per tutta la narrazione, la sua presenza è viva in ogni scelta di Alex. È lei a innescare la miccia, a renderle possibile questo viaggio, anche da lontano.
La lista dei miei desideri parla di riconciliazione con sé stessi. Di quel momento, spesso silenzioso, in cui ci si guarda allo specchio e ci si chiede: “Ma è davvero questa la vita che volevo?”. Il regista Adam Brooks lo fa alternando toni da commedia romantica a momenti più intimi e riflessivi, usando New York non come semplice sfondo, ma come metafora: una città piena di stimoli, ma anche piena di solitudine.
Il tono è subito rassicurante: “Ce l’hai fatta. Non ho mai dubitato di te.” Elizabeth non esulta, non sottolinea i traguardi. Dice solo quello che ogni figlio ha bisogno di sentire almeno una volta: “ci ho sempre creduto in te.” È un’affermazione che contiene insieme il passato (la fiducia che ha sempre avuto) e il futuro (la libertà di andare avanti). Poi arriva la frase centrale di tutto il monologo: “Essere tua madre per me è stata la gioia della mia vita.” È una dichiarazione disarmante per quanto è diretta. Senza retorica, senza abbellimenti. Detto così, con naturalezza, diventa ancora più forte. Elizabeth non sta elencando successi o momenti da ricordare. Sta semplicemente riassumendo il senso della sua esistenza in un’unica relazione: quella con Alex.
E qui si chiude davvero il ciclo della lista: “Ora sei a un nuovo inizio. E io non ti perseguiterò più: niente più liste e ultimatum.” Questa frase fa da spartiacque. Non è solo la chiusura simbolica della missione, ma il riconoscimento del cambiamento. Alex non ha più bisogno di regole esterne, perché ora la guida ce l’ha dentro. La lista non serve più, perché ha imparato a riconoscere ciò che vuole davvero. Ma Elizabeth lascia ancora un pensiero, forse il più autentico di tutti: “La vita è bella, è confusionaria, è complicata...” È un elenco senza morale, senza soluzione. È solo un promemoria onesto di cosa sia vivere: un insieme di eventi imprevedibili che non sempre seguono i piani. Ma nonostante questo — o forse proprio per questo — vale la pena andare avanti. Con coraggio.
Il passaggio finale sull’amore è forse quello più vulnerabile: “Lo ammetto, non ho mai capito realmente che cosa sia.” Questa confessione la rende profondamente umana. Elizabeth, che in tutto il film ha costruito percorsi, lasciato messaggi, provato a trasmettere certezze… ora ammette di non averle tutte. E proprio per questo, il consiglio che dà ha più valore: “Per l’amore vale la pena lottare.” Non perché sia chiaro, né perfetto. Ma perché è una delle poche cose per cui davvero vale la pena mettersi in gioco. Anche senza capire tutto. Chiude con un sussurro: “Ti vorrò bene per sempre. Non dimenticarlo.” Un amore che non ha bisogno di presenza per continuare a esistere.
Le sue parole restano come un’eco nella vita di Alex, non per condizionarla, ma per accompagnarla in silenzio. La lista si chiude, ma non finisce niente. Si apre semplicemente una nuova fase, dove l’unica cosa che conta è che Alex ha ritrovato sé stessa.
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