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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo che Maggie Smith recita in "The Lady in the Van" è una delle sequenze più intime e rivelatrici del film. In questo momento, Miss Shepherd lascia emergere un frammento del suo passato, mostrando una vulnerabilità che raramente traspare nel suo comportamento ruvido e cinico. Il ricordo che condivide ci porta in un momento cruciale della sua vita, quando le sue aspirazioni musicali si sono scontrate con l’autorità religiosa. Questo passaggio non è solo una confessione, ma una riflessione sul conflitto tra il desiderio personale e le restrizioni imposte dalla società (o dalla fede), ed è fondamentale per comprendere il carattere enigmatico di Miss Shepherd.
MINUTAGGIO: 50:05-51:36
RUOLO: Miss Shepherd
ATTRICE: Maggie Smith
DOVE: Netflix
INGLESE
Well, I... I was once left alone in a room in the convent. They didn't leave novices alone normally. And there was a piano there. I tried it, and it was open. It needed tuning. Some of the notes were dead. But it sounded more beautiful to me than any of the pianos I'd ever played. And then suddenly, the mistress of the novices came in. Crept in, possibly, 'cause I didn't hear her. She said... It's God's will. That was what God wanted. And that I'd been told before. And don't argue. I said, couldn't I just play some hymns for us to sing to? And she said that was arguing. And I'd never make a nun if I argued.
ITALIANO
Una volta mi lasciarono sola in una stanza, in un convento. Di solito non lasciano mai le novizie da sole. E lì c’era un pianoforte, così io provai ad aprirlo, ed era aperto. Aveva bisogno di essere accordato. Alcune note erano morte. Ma mi sembrò… più bello di qualsiasi altro piano avessi mai suonato. Poi… all’improvviso entrò la madre superiora. Entrò di soppiatto, può darsi, perché io non la sentii. E disse che era quello che Dio volevA. E che me lo aveva già detto. Io le dissi… potrei soltanto suonare degli inni che potremmo cantare. E lei disse che stavo discutendo. E che non sarei mai diventato una suora, così facendo.
"The Lady in the Van" è un film del 2015 diretto da Nicholas Hytner, basato sull’omonima opera teatrale e sul libro autobiografico di Alan Bennett, uno degli autori britannici più stimati. Il film si muove tra il dramma e la commedia, raccontando una storia vera che oscilla tra il surreale e il profondamente umano. La vicenda si svolge a Camden Town, un quartiere di Londra negli anni '70. Al centro della storia c’è Miss Shepherd, un’anziana signora eccentrica e apparentemente indigente che vive in un furgone malconcio. Dopo essersi trasferita in vari punti del quartiere con il suo veicolo, finisce per parcheggiare "temporaneamente" nel vialetto di casa dello scrittore Alan Bennett.
Quel "temporaneamente", però, si trasforma in un soggiorno lungo ben 15 anni. Miss Shepherd è un personaggio enigmatico: è scontrosa, misteriosa, e spesso profondamente irritante, ma anche vulnerabile. Man mano che la storia si sviluppa, Bennett inizia a scoprire dettagli sul passato della donna, rivelando che un tempo era stata una promettente pianista e che la sua vita ha preso una piega tragica dopo una serie di eventi traumatici, tra cui un incidente stradale in cui è coinvolta e che ha lasciato un peso psicologico su di lei.
Parallelamente, il film esplora la figura di Bennett stesso, interpretato in maniera brillante da Alex Jennings. La narrazione adotta un approccio meta-teatrale, con Bennett che si divide in due versioni di sé: lo scrittore e l’uomo comune. Questo sdoppiamento rappresenta il conflitto interno tra il desiderio di raccontare la storia di Miss Shepherd per scopi artistici e il senso di colpa o responsabilità che prova nei suoi confronti.
Col passare degli anni, tra Miss Shepherd e Bennett si sviluppa una relazione ambivalente: una sorta di strana amicizia in cui la coabitazione forzata porta Bennett a riflettere anche su sé stesso, la solitudine e il senso di umanità.
Il monologo si sviluppa come una breve finestra sul passato di Miss Shepherd, svelando molto più di ciò che apparentemente racconta. La sua memoria del pianoforte e del convento parla di due elementi chiave della sua vita: la musica, che rappresentava per lei una passione e un’aspirazione personale, e la religione, che invece è stata una forza limitante e oppressiva. Il pianoforte che Miss Shepherd trova in quella stanza non è solo uno strumento: è un simbolo di libertà creativa e auto-espressione. Lo descrive con una nota di meraviglia: nonostante fosse uno strumento imperfetto ("aveva bisogno di essere accordato" e "alcune note erano morte"), lei lo considera "più bello di qualsiasi altro piano avesse mai suonato". Questo dettaglio è emblematico: Miss Shepherd vede bellezza e valore anche nelle cose difettose, forse perché si identifica con esse. La scena del pianoforte diventa così il ricordo di un momento di pura connessione con se stessa, un’illusione di libertà che viene rapidamente distrutta dall’intervento autoritario della madre superiora.
La madre superiora, che entra "di soppiatto" e la interrompe, rappresenta il controllo e la repressione. La frase "Era quello che Dio voleva" è carica di un potere coercitivo che non ammette repliche. Quando Miss Shepherd prova a proporre una soluzione (suonare inni, un compromesso che unisce la sua passione e la pratica religiosa), le viene detto che "stava discutendo" e che in quel modo "non sarebbe mai diventata una suora". Questa parte del monologo non parla solo della religione, ma di una forma più universale di repressione: quella che impone regole rigide e nega spazio alle individualità.
Maggie Smith porta il monologo in vita con la sua abilità magistrale di comunicare emozioni sottili attraverso toni e pause. La sua voce si incrina leggermente quando descrive il pianoforte, come se rivivesse la meraviglia di quel momento.
Allo stesso tempo, trasmette amarezza e rassegnazione quando parla della madre superiora. Non c’è una rabbia aperta o un confronto diretto: Miss Shepherd è ormai troppo stanca per combattere. Il suo racconto è quasi monotono, come se fosse una ferita che non fa più male perché è diventata parte di lei. Questo contrasto tra l’intensità del contenuto e la calma della narrazione rende il momento ancora più potente.
Questo ricordo è una rappresentazione del suo intero arco narrativo. Lei è una donna che ha vissuto ai margini, sia fisicamente (nel suo furgone) sia emotivamente, per gran parte della sua vita. La libertà che cercava nella musica è stata soffocata dalla religione e dalle aspettative sociali. Eppure, nonostante tutto, si aggrappa al suo senso di sé, anche se questo si manifesta in modi eccentrici e talvolta incomprensibili.
Il monologo del pianoforte è una chiave per comprendere il personaggio di Miss Shepherd e il tema centrale del film: il conflitto tra ciò che siamo e ciò che ci viene imposto di essere. Attraverso questo ricordo, vediamo come il suo desiderio di esprimersi sia stato limitato dalle autorità, una lotta che si riflette anche nella sua vita attuale.
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