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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo dell’infermiera rivolto a un serial killer è un momento di grande intensità emotiva e psicologica, in cui il dialogo diventa uno specchio per esplorare temi come il potere, la vendetta e l’ambiguità morale. Lungi dall’essere una semplice condanna dell’assassino, le parole dell’infermiera rivelano molto anche su di lei: una donna segnata dall’esperienza, che ha visto troppo della natura umana per continuare a crederci fino in fondo. Questo discorso non è solo una finestra sulla psicologia del killer, ma anche un ritratto inquietante della protagonista, il cui ruolo di guaritrice si scontra con il desiderio di punizione.
MINUTAGGIO: 33:32-34:45
RUOLO: Infermiera
ATTRICE: -
DOVE: Netflix
INGLESE
Don't beg. That's what he wants. Men like him do what they do 'cause it's the only way they can feel powerful. Don't give him that. They're all so selfish. These vile, angry little men. No real remorse. Any of them. In the end, he can't help who he is. Just someone who gets off on causing heartbreak and misery. Back in the day, when I was a midwife, I used to use morphine and scopolamine as anesthesia on mothers giving birth, you know? One shot of this, and they chatter and blabber away. Confessing to all sorts. Husband's pacing up and down outside whilst the mother's lying on her back, knees up in the air, telling us it's not his. It's hard to keep the lies up when you're high as a kite. I want to help. Yeah. I thought a double dose would be best. He won't stay awake long.
ITALIANO
Non lo supplichi. Vuole questo. Gli uomini come lui fanno così perché vogliono sentirsi potenti. Non lo compiaccia. Sono talmente egoisti. Uomini piccoli, vili, pieni di rabbia. Non provano rimorso. Mai. Non può cambiare la sua natura. Lui prova piacere nel causare agli altri dolore e tormento. Ai miei tempi, quando ero un’ostetrica, venivano usate la morfina e la scopolamina per anestetizzare le partorienti, lo sapeva. Un’iniezione di questa e parlavano, e blateravano. Facevano certe confessioni. Il marito fuori a passeggiare nervoso, e la moglie con le ginocchia in aria a raccontarci che il padre era un atro. E’ difficile mantenere i segreti da drogati. Voglio contribuire. Credo che una dose doppia sia meglio. Non starà sveglio a lungo.
"Missing You" si configura come un mystery thriller psicologico che si intreccia con i temi del trauma, della perdita e della riscoperta della verità. La storia ruota intorno alla detective Kat Donovan, interpretata da Rosalind Eleazar (Slow Horses), una specialista nei casi di persone scomparse. Ma questa volta il caso non è un incarico professionale: è un viaggio personale. Undici anni dopo la scomparsa del fidanzato Josh, Kat lo ritrova in modo del tutto inaspettato... su un’app di incontri. Questo colpo di scena apparentemente "digitale" si rivela un’esca per un racconto che si addentra in profondità nei segreti del passato: non solo nella misteriosa sparizione di Josh, ma anche nell’omicidio del padre di Kat, un evento traumatico che aveva già segnato la sua vita.
Le premesse della serie non solo tengono incollati per la tensione investigativa, ma anche per l'aspetto personale della trama. Il ritorno di Josh mette Kat davanti a due domande fondamentali: chi è davvero quest’uomo? E che legame ha con il mistero che ha distrutto la sua famiglia? Da qui, la storia promette di muoversi su binari paralleli: l’indagine su Josh e il caso irrisolto della morte del padre, che sicuramente sono destinati a incrociarsi. La scelta di far partire la storia da un’app di incontri mette in luce l’ambivalenza della tecnologia moderna. Da un lato, è uno strumento di connessione; dall’altro, è il veicolo per far riemergere un passato che potrebbe distruggere la vita della protagonista. Kat Donovan è una protagonista segnata da eventi tragici, il che la rende più che una semplice detective. La sua ricerca della verità non è solo un lavoro, ma una lotta personale contro i suoi demoni interiori.
Questo monologo, pronunciato da un'infermiera contro un serial killer, è un piccolo capolavoro di tensione psicologica e moralità distorta. Il monologo è costruito con una progressione interessante: parte come una riflessione sulla psicologia del serial killer e sul suo bisogno di potere, per poi scivolare in un territorio più personale e inquietante, in cui l’infermiera rivela frammenti della sua esperienza come ostetrica e propone un'azione concreta e potenzialmente irreversibile. Il tono è freddo, quasi didattico, con un sottofondo di velenosa rabbia e disprezzo, ma anche una sottile vena di compiacimento. L'infermiera sembra voler mantenere una parvenza di controllo razionale, ma il discorso tradisce un lato oscuro del personaggio: c'è una tensione tra il suo ruolo di "guaritrice" e il potenziale di violenza che emerge man mano che parla. Questo conflitto interno la rende affascinante e complessa.
L'infermiera è chiaramente una donna che ha visto il peggio dell’umanità. Ha lavorato come ostetrica, un mestiere che si associa alla nascita e alla vita, ma il suo racconto svela come anche in quel contesto abbia assistito a verità oscure e confessioni scioccanti. Questo elemento biografico non è casuale: serve a mostrarci che la donna ha sviluppato una sorta di cinismo verso le persone, un distacco emotivo che potrebbe essere una forma di autodifesa o un risultato dell’aver visto troppi segreti inconfessabili.
Quando parla del serial killer, il suo disprezzo è palpabile, ma il modo in cui sceglie di descriverlo – "uomini piccoli, vili, pieni di rabbia" – rivela che sta parlando di una categoria di uomini che, per lei, rappresentano un archetipo di crudeltà e meschinità. Il serial killer diventa quasi un simbolo di tutto ciò che lei odia. E’ il passaggio finale a gettare un'ombra inquietante sul personaggio. Il fatto che proponga di somministrare una dose doppia di anestetico non è solo una scelta pratica: è un atto di controllo, un modo per capovolgere i ruoli di potere. Lei, che in quanto infermiera dovrebbe proteggere e curare, si trasforma in qualcosa di ambiguo, quasi vendicativo. È un momento che mette in discussione la sua moralità e il suo senso del giusto e sbagliato.
Anche se il monologo è pronunciato dall’infermiera, il serial killer rimane una figura centrale. A attraverso le parole dell'infermiera emerge un ritratto efficace: un uomo consumato dal bisogno di sentirsi potente e dal piacere nel causare dolore. La descrizione dell'infermiera – "non provano rimorso, mai" – è spietata e definitiva, e trasforma il killer in una figura quasi archetipica, il male senza redenzione. C’è qualcosa di più sottile in gioco qui. L'infermiera afferma che "non può cambiare la sua natura" e che "vuole questo", suggerendo che la crudeltà è un tratto intrinseco di uomini come lui. Questa generalizzazione potrebbe essere letta come il riflesso della sua esperienza personale, ma anche come un modo per giustificare l'azione drastica che propone alla fine.
"Non lo supplichi. Vuole questo.": L'infermiera apre il monologo con una constatazione che suona più come un comando. Sta cercando di mantenere il controllo della situazione, ma il tono diretto lascia intuire anche una certa urgenza emotiva. "Uomini piccoli, vili, pieni di rabbia.": Questa frase è un giudizio spietato e definitivo, che trasforma il serial killer in un simbolo di tutto ciò che l'infermiera odia e disprezza. Il termine "piccoli" è particolarmente significativo: non si tratta solo di una questione morale, ma anche di una percezione personale e quasi viscerale. "Credo che una dose doppia sia meglio. Non starà sveglio a lungo.": È il culmine del monologo, il momento in cui l'infermiera passa dalla condanna morale all’azione. Qui il personaggio rivela la sua ambiguità, il confine sottile tra giustizia e vendetta.
Il monologo dell’infermiera diventa un’esplorazione complessa e disturbante della natura umana e del sottile confine tra giustizia e vendetta. La sua proposta di somministrare una "dose doppia" di anestetico non è solo un atto pratico, ma un simbolo del suo desiderio di ribaltare i ruoli di potere e mettere fine alla minaccia rappresentata dal killer. Tuttavia, nel compiere questa scelta, l’infermiera stessa si avvicina pericolosamente al lato oscuro che tanto disprezza.
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