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~ LA REDAZIONE DI RC
In Nonnas, sul finale del film, arriva un monologo-recensione pronunciato da una giornalista. Il suo compito, assegnatole dal direttore Edward Durant, è recensire l’Enoteca Maria, quel ristorantino italiano aperto da Joe Scaravella dove in cucina non ci sono chef professionisti, ma nonne vere, con storie e tradizioni che ribollono insieme ai sughi. Quello che comincia come un incarico giornalistico, si trasforma in un’esperienza intima, che la voce narrante condivide in un monologo carico di sensibilità. Questo intervento racchiude in sé il messaggio del film e rappresenta, a tutti gli effetti, una dichiarazione poetica sul senso del progetto che sostiene tutta la trama.
MINUTAGGIO: 1:39:00-1:40:00
RUOLO: Redattrice
DOVE: Netflix
ITALIANO
Quando il mio direttore, Edward Durant mi ha chiesto di recensire l’enoteca Maria, un nuovo ristorante Italiano al 27 di Hyatt Street di Staten Island, a New York, ero curiosa di vedere cosa vuol dire assumere donne in cucina anziché chef professionisti. Ma quello che avrei scoperto, è che in questo piccolo ristorante, pittoresco e dal design accattivante, arredato in modo caldo e accogliente, troverete molto più che ottimo cibo. Troverete famiglia. Troverete cultura e storia. Troverete tradizione e racconti tramandati per generazioni. Quindi, se volete solo buon cibo, non andate all’Enoteca Maria. Ma se volete buon cibo che non vi riempia solo la pancia, ma anche lo spirito, correte, non camminate verso quel piccolo angolo di famiglia, e lasciate che la persona che più vi ha amato cucini per voi, di nuovo. E dovete ordinare la capuzzella.
La trama di Nonnas, disponibile su Netflix, si sviluppa come una favola culinaria ambientata tra i quartieri italoamericani di New York, con un tocco nostalgico e un cast guidato da quattro attrici carismatiche che reggono sulle spalle il cuore del film.
Tutto comincia con Joe Scaravella (Vince Vaughn), un uomo di mezza età che, dopo aver perso la madre Maria, si ritrova a fare i conti con il vuoto lasciato dalla figura femminile più importante della sua vita. Da qui, parte una specie di viaggio emotivo che attraversa ricordi d’infanzia, sapori di casa e un senso di radicamento che Joe tenta di ritrovare attraverso il cibo.
Nel tentativo di ricollegarsi a quel passato, Joe trasforma un ristorante abbandonato a Staten Island in un progetto quasi surreale: l’Enoteca Maria, un locale dove in cucina non ci sono chef stellati ma vere e proprie nonne, selezionate non per il curriculum ma per la loro capacità di raccontare la propria cultura attraverso i fornelli. Le prime ad arrivare sono Teresa (Talia Shire), ex suora silenziosa ma tenace; Antonella (Brenda Vaccaro), vedova bolognese con un passato pieno di rimpianti; Roberta (Lorraine Bracco), siciliana verace, testarda e orgogliosa della sua capuzzella; e infine Gia (Susan Sarandon), parrucchiera affascinante e dolce, specializzata in dolci e cannoli.
Il cuore del film sta proprio lì: nel microcosmo di questo ristorante improbabile dove la cucina diventa lo strumento con cui si curano ferite personali e si mettono a confronto esperienze di vita molto diverse. Le “nonnas” portano sullo schermo non solo i piatti regionali dell’Italia più verace, ma anche personalità forti, vissute, non addomesticate. E se la prima metà del film inciampa in qualche stereotipo sugli italiani all’estero, nella seconda parte trova una sua sincerità narrativa proprio grazie all’alchimia tra queste quattro figure femminili.
Il monologo inizia con un tono neutro, quasi distaccato: la giornalista è curiosa ma non ancora coinvolta. Si presenta come un’osservatrice razionale, mandata a “valutare” un ristorante che si distingue per una scelta quantomeno eccentrica: mettere delle nonne ai fornelli. Ma in poche righe, il tono cambia. Lo sguardo da cronista si fa personale. La trasformazione avviene attraverso la scoperta di un mondo che non si limita al cibo: in quel locale decorato con cura e calore, la giornalista scopre l’essenza della trasmissione orale, dei ricordi, della memoria affettiva.
C'è un passaggio chiave: "Troverete famiglia. Troverete cultura e storia. Troverete tradizione e racconti tramandati per generazioni." Qui il monologo si eleva da cronaca gastronomica a riflessione emotiva. Il cibo, in questo contesto, non è oggetto di valutazione tecnica, ma diventa mezzo narrativo e affettivo. L’esperienza della giornalista ricalca quella dello spettatore: si entra nel film per vedere delle nonne che cucinano, si rimane per ascoltare le storie che quelle mani raccontano.
La frase finale "lasciate che la persona che più vi ha amato cucini per voi, di nuovo” è un richiamo universale all'infanzia, alla cucina della madre, della nonna, a quel momento in cui il cibo era un atto d’amore puro, gratuito, irripetibile. Il consiglio di ordinare la capuzzella — un piatto non proprio mainstream — è l’ultimo gesto di fiducia: è come dire "affidatevi, anche a ciò che vi spaventa". Il cibo, qui, è un veicolo per affrontare il tempo, le assenze, la nostalgia.
Questo monologo è un momento di sintesi perfetto del senso di Nonnas. La giornalista mette in parole ciò che il regista Stephen Chbosky cerca di trasmettere visivamente: che la cucina, fatta con amore e memoria, è uno degli ultimi spazi in cui la nostra umanità può esprimersi senza filtri. In un’epoca in cui tutto è standardizzato e filtrato, l’Enoteca Maria diventa un’oasi in cui il passato prende voce, e dove il gesto semplice del cucinare torna ad avere un significato profondo. Un piccolo monologo, che contiene tutta la filosofia del film: non servono effetti speciali per raccontare qualcosa che tocca davvero.
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