Monologo Femminile - \"Pedro Páramo\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Interpretare il monologo di Susana in Pedro Páramo richiede di entrare in sintonia con una donna tormentata e sconfitta, una figura quasi spettrale che vive in un limbo tra la vita e la morte. Susana è l'incarnazione stessa della desolazione di Comala, un villaggio consumato dalla tirannia e dalla perdita. L’attrice che affronta questo monologo dovrà trasmettere una profonda rassegnazione e un dolore che ha ormai lasciato spazio a un distacco silenzioso e quasi irreale.

ANIMA

MINUTAGGIO: 1:58:32-1:59:55
RUOLO: Susana

ATTRICE: Ilse Salas
DOVE: Netflix



ITALIANO


Pedro Peramo cacciò via la gente e si sedette con lo sguardo sulla strada. La terra rimase incolta, e andò in rovina. Il paese cominciò a svuotarsi, gli abitanti caddero in disgrazia. E Comala si riempì di addii. Io rimasi perché non sapevo dove andare. Ma con la gente se ne andò anche la carità di cui vivevo. E cominciai a morire di fame. Dopo che ti ho incontrato le mie ossa si sono decise a rimanere tranquille. La mia anima mi supplicò di alzarmi e continuare a trascinare la vita, come se sperasse anora in qualche miracolo che lavasse via le mie colpe. Non ci provai nemmeno. Aprii la bocca perché se ne andasse, e se ne andò. Lo capii quando nelle mie mani cadde il filino di sangue con cui era legata al mio cuore. "Nessuno baderà a me", pensai. Sono qualcosa che non dà fastidio a nessuno. Non ho nemmeno rubato spazio alla terra, seppellita nella tua stessa tomba e ben nascosta nel vuoto tra le tue braccia. Penso solo che avrei dovuto essere io, quella che abbracciava te... Gli anni passarono e lui era sempre lì, come uno spaventapasseri. Dimenticò il sonno e il tempo, perché aveva paura delle notti che riempivano di fantasmi 'l'oscurità. Rinchiudersi con i suoi fantasmi. Di questo aveva paura.

PEDRO PÁRAMO

"Pedro Páramo" è un adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Juan Rulfo, uno dei capolavori della letteratura messicana e pilastro del realismo magico. Il film, come il romanzo, si apre con un viaggio: il protagonista, Juan Preciado, viaggia verso il villaggio di Comala, un luogo avvolto dal silenzio e dalla desolazione, spinto da una promessa fatta alla madre sul letto di morte. Lei gli aveva chiesto di cercare suo padre, Pedro Páramo, un uomo di cui Juan ha sentito parlare solo in termini di dominio e brutalità, ma che non ha mai conosciuto di persona. L’idea di "Pedro Páramo", e il suo significato, si sviluppano proprio in questa ricerca.


Arrivato a Comala, Juan si trova in un luogo che sembra sospeso tra la vita e la morte: i confini tra il reale e il soprannaturale sono sfumati. Qui, gli abitanti del villaggio sembrano essere poco più che ombre, figure enigmatiche che comunicano con Juan come fossero anime intrappolate, costrette a rivivere i loro ricordi. Ben presto Juan si rende conto che Comala non è una città viva, ma un vero e proprio purgatorio, popolato dai fantasmi delle persone che un tempo vi abitavano. Ognuno di loro ha una storia legata al tirannico Pedro Páramo, un uomo che, attraverso il potere e la manipolazione, aveva asservito il villaggio intero.


Pedro Páramo, il personaggio centrale, è tanto una figura paterna assente quanto una presenza ingombrante e opprimente. Attraverso i racconti dei fantasmi e le memorie degli abitanti di Comala, Juan scopre che suo padre ha trascorso la vita distruggendo il mondo che lo circondava, accumulando ricchezze e potere senza mai considerare le conseguenze umane delle sue azioni. Pedro si rivela un simbolo dell’abuso di potere, dell’arroganza di chi si sente onnipotente in un microcosmo, incurante della sofferenza altrui.

La trama si snoda attraverso frammenti di storie, dialoghi che riecheggiano dal passato, svelando un quadro complesso e quasi onirico. Il viaggio di Juan diventa anche un viaggio dentro sé stesso, tra il bisogno di trovare risposte e la scoperta che Comala è una tomba vivente, uno specchio dell’anima corrotta del padre. Il film esplora la dualità tra vita e morte, e il peso delle colpe dei padri sui figli, conducendo lo spettatore in un viaggio psicologico e metafisico.


Il senso del film, come quello del romanzo, è quello di un ciclo perpetuo di peccato e dannazione: un luogo che rimane imprigionato dal ricordo di un uomo che non ha lasciato altro che un’eredità di dolore e vuoto, dove il protagonista è chiamato a confrontarsi con le ombre del passato per cercare, forse, una liberazione che pare irraggiungibile

ANALISI MONOLOGO

Questo monologo di Susana, racchiude l’essenza di Comala, un luogo che è quasi un personaggio in sé, ridotto a un deserto spirituale e materiale dalla cupidigia e dal dominio di Pedro Páramo. Attraverso le parole di Susana, emerge il declino del villaggio, ma anche quello del protagonista e del mondo che lo circonda. La visione di Susana è quella di una donna che ha perso tutto, che non sente più legami con la vita e, nel suo distacco, rivela un livello di disperazione e di rassegnazione profonda.


Nel monologo, Susana descrive come Comala sia "riempita di addii". Questo simbolo degli addii è potente perché rappresenta le partenze fisiche, ma anche la fuga di ogni speranza e di ogni calore umano. Susana resta, quasi per inerzia, non perché desideri vivere, ma perché la mancanza di una meta concreta le impedisce di andarsene. Questo stallo interiore rispecchia anche il suo rapporto con Pedro Páramo, il quale esercita su di lei un’attrazione che è al contempo torbida e tragica, una sorta di incatenamento psicologico che la priva della possibilità di libertà.


Quando Susana dice: "Dopo che ti ho incontrato le mie ossa si sono decise a rimanere tranquille", il lettore percepisce un senso di abbandono fisico ed emotivo. L’incontro con Pedro, lungi dal darle una stabilità, segna per lei l’inizio di una morte interiore, in cui il suo stesso corpo sembra rassegnarsi a un'esistenza senza scopo. L’uso dell’immagine delle ossa e del sangue (“il filino di sangue con cui era legata al mio cuore”) suggerisce una connessione quasi viscerale con la vita che, tuttavia, lei ha deciso di lasciar andare. In questa scena, Susana sembra liberarsi dell’ultimo filo che la teneva attaccata alla propria umanità, come se il suo animo fosse ormai irrimediabilmente legato a un destino di privazione e di sofferenza.


Quello che colpisce nel monologo è l’idea della dimenticanza e della paura dei fantasmi, elementi che caratterizzano anche Pedro Páramo stesso. Susana descrive Pedro come uno “spaventapasseri”, un’immagine che coglie perfettamente la sua immobilità e la sua disumanizzazione. Pedro è inchiodato al suo passato, terrorizzato dai fantasmi delle persone che ha tradito o delle vite che ha distrutto, simboli di un passato che lo tormenta. Eppure, la sua paura non lo libera; lo immobilizza. Si rifugia in una sorta di eterno presente, sospeso tra una realtà che non può cambiare e una notte piena di visioni spettrali.


Alla fine, Susana esprime il desiderio – o meglio, l’amarezza – di non aver mai potuto essere davvero accanto a lui, di essere relegata in un vuoto tra le sue braccia, senza reale contatto o calore. C'è qui una tragica ironia, perché pur essendo vicina fisicamente a Pedro, Susana si sente comunque sepolta nella sua solitudine. Il suo desiderio di pace, o di una fine definitiva, è tanto forte quanto la paura di Pedro per i suoi fantasmi: entrambi sono imprigionati, ma per motivi opposti. Lui, perché non può sfuggire al peso delle sue colpe; lei, perché non riesce a trovare un motivo per continuare.


In conclusione, il monologo di Susana è una riflessione su un’assenza totale di speranza e di salvezza, tanto per lei quanto per Pedro Páramo e per Comala. La terra è incolta, la gente è andata via, e i pochi che restano sono, in sostanza, dei morti viventi. Susana, come il villaggio, è una figura abbandonata e consumata, una vittima non solo dell’uomo che ha rovinato Comala, ma anche di un’esistenza che le ha lasciato poco o nulla da vivere.

SUGGERIMENTI PER L'INTERPRETAZIONE

Per interpretare il monologo di Susana nel modo più efficace, l'attrice dovrà catturare il dolore sottile e soffocato che accompagna le sue parole. Susana non è solo una donna triste, ma una figura svuotata e stanca, che ha perso qualsiasi speranza di redenzione. Ogni frase dovrebbe emergere come un lamento rassegnato, e il tono della sua voce dovrebbe suggerire che Susana si trova sospesa tra il mondo dei vivi e dei morti, incapace di trovare pace in entrambi.


1. Voce e Tono

Basso e spezzato: La voce di Susana dovrebbe essere bassa, quasi rotta, come se ogni parola richiedesse uno sforzo. Puoi immaginare che lei abbia parlato pochissimo negli ultimi anni, quasi dimenticandosi di come usare la propria voce.

Pausa tra le frasi: Fai delle brevi pause tra una frase e l’altra, quasi come se Susana stesse riflettendo su ogni parola prima di pronunciarla. Questo crea una sensazione di introspezione e profondità, come se stesse parlando non solo per farsi capire, ma per sentire il peso delle sue stesse parole.


2. Espressione Facciale e Sguardo

Sguardo perso: Mantieni uno sguardo assente, lontano. Susana è una donna che si sente già morta dentro, quindi il suo sguardo dovrebbe essere vuoto, quasi come se non stesse veramente osservando l’interlocutore, ma vedendo un’immagine interiore, fatta di memorie e di angosce.

Occhi quasi socchiusi: Se possibile, tieni gli occhi leggermente socchiusi, come se la luce o il mondo reale la disturbassero. Questo dà un senso di fragilità e di disconnessione con la realtà. Gli occhi possono aprirsi di tanto in tanto solo per esprimere una specie di incredulità o distacco.


3. Movimenti del Corpo

Fissa immobilità: Susana dovrebbe muoversi poco o nulla, quasi come se ogni movimento fosse troppo faticoso. Se stai seduta, piega leggermente le spalle in avanti, come se portassi un peso invisibile.

Gestualità minima: Se senti il bisogno di qualche movimento, rendilo limitato: un tocco sul viso, una leggera pressione sul petto per evocare il filino di sangue, una mano che si alza solo per poi cadere senza forza. I gesti devono essere eseguiti senza energia, suggerendo un’anima che ha perso la voglia di lottare.


4. Respirazione e Ritmo

Respiro affannato e stanco: Immagina che anche respirare sia difficile per lei. L’aria esce lentamente, accompagnando le parole, come se ogni frase fosse un ultimo respiro. Questo crea un senso di stanchezza e vulnerabilità che avvolge il monologo.

Ritmo lento e riflessivo: Le parole di Susana devono arrivare lente, come se ogni frase fosse un passo nel buio. Non affrettare nulla. Il ritmo rallentato riflette il peso del passato e di una vita in cui la speranza è ormai un ricordo lontano.


5. Interpretazione Psicologica

Accetta la sua rassegnazione: Susana non cerca di ribellarsi a questo stato; è rassegnata. Quando parla di essere morta di fame e di aver lasciato andare la sua anima, immagina di aver già accettato che la sua vita non è altro che un’attesa della fine. Questa rassegnazione è ciò che guida le sue parole.

Dolore trattenuto: Sebbene sia un personaggio dolorosamente ferito, Susana non piange né si dispera. Lascia che il dolore sia visibile, ma trattenuto, come se si fosse abituata a convivere con esso. Non cercare di rendere il dolore troppo evidente; lascialo emergere in modo sottile, come un fardello che si porta dentro da troppo tempo per sentire ancora il bisogno di sfogarsi.


6. Uso della Metafora e dei Simboli

Il filino di sangue: Quando parli del “filino di sangue” che la lega alla vita, porta una mano al petto, come se sentissi quel filo spezzarsi realmente. Questo gesto può essere un picco di intensità emotiva, un momento in cui Susana si rende conto dell’assoluta solitudine in cui è caduta.

"Spaventapasseri" per Pedro: Quando parli di Pedro come uno spaventapasseri, immagina di vedere lui come una figura ormai vuota, abbandonata, e lascia trasparire una punta di amarezza e di pietà. Questa è la conclusione di Susana sul potere che un tempo Pedro possedeva: un uomo che ormai non è altro che un involucro spaventato.


7. Conclusione e Atmosfera Finale

Fading Out: Man mano che ti avvicini alla fine del monologo, la tua voce può sfumare in un sussurro, come se Susana stesse sparendo assieme alle sue parole. Questa scelta può dare una dimensione quasi spettrale alla scena, come se le sue ultime parole rimanessero sospese nel vuoto.

Silenzio finale: Termina con qualche secondo di silenzio dopo l’ultima frase, per lasciare che il peso di tutto quello che ha detto cali sul pubblico. Questo silenzio diventa parte dell’interpretazione, un modo per far percepire la solitudine in cui è immersa Susana, una solitudine che è quasi fisica.

CONCLUSIONE

In questo monologo, il peso della solitudine e la disperazione trattenuta di Susana devono diventare tangibili, fino a rendere il pubblico partecipe del suo abisso interiore. Attraverso un’interpretazione lenta, introspettiva e attenta alle sfumature, l’attrice potrà trasformare Susana in una presenza evanescente, una figura che sembra emergere dall’ombra del passato. Con una voce spezzata e un ritmo che sfuma lentamente, l’interpretazione si chiude lasciando il pubblico sospeso, avvolto dal silenzio in cui Susana si è ormai persa.

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