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~ LA REDAZIONE DI RC
Nel film "Quinto Potere" del 1976, diretto da Sidney Lumet e sceneggiato da Paddy Chayefsky, viene messa in scena una satira feroce del mondo televisivo e del suo impatto sulla società. Un elemento chiave del film è il personaggio di Diana Christensen, che rappresenta il cinismo e la spietatezza dei dirigenti dei media. Questo monologo riflette la disillusione sociale dell'epoca, e svela le dinamiche interne dell'industria televisiva, dove il sensazionalismo e la ricerca spasmodica degli ascolti prevalgono su qualsiasi considerazione etica.
MINUTAGGIO: 14:49-16:15
RUOLO: Diana Christensen
ATTRICE: Faye Dunaway
DOVE: Amazon Prime Video
INGLESE
Why not? They’ve got Strike Force, Task Force, SWAT. Why not Che Guevara and his own little mod squad? Look, I sent you all a concept-analysis report yesterday. Did any of you read it? Well, in a nutshell it said the American people are turning sullen. They’ve been clobbered by Vietnam, Watergate, inflation, the Depressión. They’ve turned off, shot up, fucked themselves limp. Nothing helps. So this concept-analysis report concludes the American people want somebody to articulate their rage for them. I’ve been telling you since I took this job six months ago that I want angry shows. I don’t want conventional programming. I want counterculture. I want anti-Establishment. I don’t wanna play butch boss with you people,but when I took over, this department had the worst programming record in history. This network hasn’t one show in the top . This network is an industry joke. We’d better start putting together one winner for next September. I want a show developed based on the activities of a terrorist group. Joseph Stalin and his Merry Band of Bolsheviks. I want ideas from you people. That is what you’re paid for. And by the way, the next time I send an audience research report around, you all better read it or I’ll sack the fucking lot of you. Is that clear?
ITALIANO
Perché no? Ci sono tanti programmi violenti a sfondo patriottico. Perché non Che Guevara e la sua squadraccia personale? Sentite, ieri vi ho mandato un rapporto su un’indagine di opinione, qualcuno di voi l’ha letto? Beh, in sintesi diceva: il popolo americano ha le scatole rotte.Ha preso batoste in ogni parte: il Vietnam, il Watergate, l’Inflazione, la depressione, Arrestato, sparato, si è fregato con le sue mani ma niente lo solleva. Così, questo rapporto sull’indagine di opinioni conclude che il popolo americano vuole assolutamente qualcuno che esterni la sua rabbia, Non ho fatto che dirvel da quando ho preso questo lavoro sei mesi fa che voglio programmi arrabbiati. Non li voglio programmi convenzionali su questa rete, li voglio controcultura, li voglio antisistema. Non voglio fare il sergente di giornata con voi. altri, ma quando ho preso in mano questo reparto, aveva il peggior livello di programmi della storia della Tv. Questa rete non ha un solo programma tra i primi venti. Questa rete è una barzelletta industriale. Ora, è meglio che cominciate a studiarvi almeno un programma di successo da qui a settembre, voglio qualcosa che crei scalpore. Basato sulle attività terroristiche di un qualsiasi gruppo. Il Signor Stalin e la sua mera banda di Bolscevichi. Io voglio idee da voi altri, siete pagati per questo- E a proposito, la prossima volta che vi mando una relazione su un’indagine di opinione, è meglio che la leggiate o vi sbatto fuori a calci in culo, sono chiara?
"Quinto potere" (titolo originale "Network") è un film del 1976 diretto da Sidney Lumet, scritto da Paddy Chayefsky. Il film è una critica feroce e satirica del mondo televisivo e della sua influenza sulla cultura e la società americana.
La trama ruota attorno alla figura di Howard Beale, un presentatore di telegiornale in declino lavorativo per l'UBS, una rete televisiva in difficoltà. Quando Beale annuncia in diretta che si suiciderà per via dei bassi ascolti, invece di essere licenziato, diventa un eroe mediatico. La sua diatriba in diretta, in cui esorta i telespettatori a gridare dalle finestre "Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetto più!", diventa un clamoroso successo di ascolti.
Il film esplora le conseguenze della sua improvvisa popolarità e il modo in cui i dirigenti della rete sfruttano la sua figura e il suo crollo mentale per i propri fini commerciali. Personaggi come Diana Christensen, responsabile della programmazione, e Frank Hackett, dirigente della rete, sono rappresentazioni ciniche di come i media possono manipolare e sfruttare le emozioni umane.
"Quinto potere" è noto per il suo script acuto e per certi versi profetico, che anticipa l'evoluzione dei reality show e del sensazionalismo nei media. Il film ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui quattro Premi Oscar: migliore sceneggiatura originale per Chayefsky, miglior attore per Peter Finch (il primo Oscar postumo nella storia dell'Academy), migliore attrice per Faye Dunaway e migliore attrice non protagonista per Beatrice Straight.
L'interpretazione di Peter Finch come Howard Beale è diventata iconica, simbolo dell'alienazione e della frustrazione sociale.
Il monologo di Diana rappresenta uno degli aspetti più critici e mordenti della narrazione, evidenziando l'approccio cinico e spietato dei dirigenti televisivi nella ricerca del sensazionalismo e dell'audience a ogni costo. Diana Christensen, il personaggio interpretato da Faye Dunaway, è una dirigente della programmazione ossessionata dall'idea di capitalizzare sul malcontento e sulla frustrazione del pubblico americano per incrementare gli ascolti.
Diana menziona eventi traumatici come il Vietnam e il Watergate, che hanno scosso la fiducia degli americani nelle loro istituzioni. Il riferimento a figure storiche come Che Guevara e Stalin evidenzia l'idea di sfruttare figure controverse per creare contenuti provocatori che attirino l'attenzione del pubblico. Il discorso riflette una profonda disillusione sociale e una critica al modo in cui i media possono sfruttare questa disillusione per fini propri. Diana non mostra alcuna empatia per il dolore o la frustrazione del pubblico; piuttosto, vede queste emozioni come meri strumenti per generare contenuti televisivi che "creino scalpore".
Diana esprime un desiderio esplicito di controcultura e di antisistema, non per un genuino desiderio di cambiamento sociale, ma come strategia per distinguere la sua rete e migliorarne le performance di ascolto. Il suo uso del potere è autoritario, come si evince dall'ultima parte del monologo dove minaccia i suoi colleghi di leggere le sue relazioni o di affrontare conseguenze severe. Il monologo espone crudamente la televisione come un'industria che non solo riflette ma anche amplifica le peggiori tendenze della società per profitto. Diana descrive la rete come una "barzelletta industriale" e sottolinea l'urgenza di rivoluzionare i suoi contenuti per competere nel mercato. Questo monologo sfida lo spettatore a riflettere sull'impatto etico dei contenuti mediatici e sul ruolo dei media come formatori di opinione. È un richiamo potente sull'importanza della responsabilità nei media, specie quando il contenuto può influenzare o manipolare l'opinione pubblica.
Il monologo di Diana è un esempio di come il cinema possa fungere da specchio critico delle realtà sociali e culturali. Attraverso la figura di Diana, il film esplora le implicazioni morali della produzione di contenuti televisivi e il loro impatto sul pubblico. Questo monologo mette in luce la trasformazione dei media in strumenti di manipolazione, e sfida anche gli spettatori a riflettere sul loro ruolo come consumatori di tali contenuti.
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