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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Jo March in Piccole Donne (2019), diretto da Greta Gerwig, rappresenta uno dei momenti più intensi del film e uno dei più emblematici del personaggio. Jo, interpretata da Saoirse Ronan, è da sempre la voce fuori dal coro tra le sorelle March: indipendente, determinata a costruire il proprio futuro senza compromessi, decisa a non farsi intrappolare dalle aspettative sociali sulle donne del suo tempo. In questa scena, Jo si trova in un momento di crisi interiore. Dopo aver rifiutato la proposta di matrimonio di Laurie, il suo migliore amico, e dopo aver visto le sue sorelle prendere strade che la allontanano, si trova a dover fare i conti con il proprio desiderio di indipendenza e con un senso di solitudine che non può più ignorare.
MINUTAGGIO: 1:42:31-1:43:10
RUOLO: Jo March
ATTRICE: Saoirse Ronan
DOVE: Netflix
INGLESE
I care more to be loved. I want to be loved. That is not the same as loving. I know. You know, I just... I just feel... I just feel like... women, they... They have minds and they have souls, as well as just hearts. And they've got ambition and they've got talent, as well as just beauty. And I'm so sick of people saying that love is just all a woman is fit for. I'm so sick of it. But I'm... I'm so lonely.
ITALIANO
Mi importa di più essere amata. Io voglio essere amata. Non è la stessa cosa che amare. Lo so. Vedi… il fatto è che io sento… è che io sento.. ecco… che le donne… loro… hanno una mente. E hanno anche un’anima, così ome un cuore, e hanno delle ambizioni, e hanno talento, non sono la bellezza. E sono così stanca delle persone che dicono che l’amore è l’unica cosa a cui posso aspirare, sono stufa di sentirlo. Ma… Sono anche tanto sola.
"Piccole Donne" è una delle storie più adattate al cinema, basata sul romanzo di Louisa May Alcott del 1868. La trama segue le vicende delle sorelle March—Jo, Meg, Amy e Beth—nel contesto della Guerra Civile Americana, esplorando il loro percorso di crescita tra sogni, sacrifici e aspirazioni personali. Le sorelle March vivono con la madre, Marmee, mentre il padre è lontano a combattere nella guerra. Ognuna di loro ha un carattere ben definito:
Jo, la seconda sorella, è indipendente, ribelle e sogna di diventare una scrittrice.
Meg, la maggiore, desidera una vita tradizionale e sogna di sposarsi.
Amy, la più giovane, è ambiziosa e sogna di diventare un'artista affermata.
Beth, dolce e timida, trova la felicità nella musica e nella famiglia.
Le ragazze affrontano difficoltà economiche e sociali, ma anche momenti di gioia e crescita, spesso in compagnia del vicino di casa Laurie, un giovane benestante che stringe un forte legame con Jo.
Con il tempo, le loro vite prendono direzioni diverse: Meg si sposa con un insegnante di modeste condizioni. Amy viaggia in Europa e coltiva il suo talento artistico; Beth, segnata da una salute fragile, affronta una malattia che la rende il cuore emotivo della storia; Jo rifiuta le aspettative della società, respinge la proposta di Laurie e si dedica alla scrittura, incontrando il professor Bhaer, con cui sviluppa un legame speciale.
Il monologo si sviluppa attraverso un'alternanza di convinzione e vulnerabilità, rivelando le profonde contraddizioni che Jo sta vivendo. "Mi importa di più essere amata. Io voglio essere amata." Questa è una confessione che arriva in modo quasi inaspettato. Jo, che ha sempre rifiutato l’idea di costruire la propria vita attorno all’amore romantico, ammette qui un bisogno profondamente umano: quello di essere amata. Ma distingue subito tra il desiderio di essere amata e il sentimento dell’amare. È una differenza sottile ma fondamentale, che mette in evidenza il suo conflitto interiore.
"Vedi… il fatto è che io sento… è che io sento.. ecco… che le donne… loro… hanno una mente. E hanno anche un’anima, così come un cuore, e hanno delle ambizioni, e hanno talento, non sono la bellezza." Qui Jo passa dalla confessione personale a una dichiarazione più ampia e universale. È come se il suo tormento interiore si trasformasse improvvisamente in un grido di battaglia. Lei non sta solo parlando di sé, ma di tutte le donne. Il suo discorso diventa un manifesto di autodeterminazione femminile, un'affermazione di dignità e complessità in un mondo che tende a ridurre le donne a un ruolo marginale, limitandone le aspirazioni.
"E sono così stanca delle persone che dicono che l’amore è l’unica cosa a cui posso aspirare, sono stufa di sentirlo." Qui emerge tutta la frustrazione di Jo. È stanca di vivere in una società che misura il valore di una donna in base alla sua capacità di amare e di essere amata, senza riconoscere il suo intelletto, la sua creatività, la sua ambizione. Il tono è rabbioso, esasperato, ma anche carico di tristezza. "Ma… Sono anche tanto sola." Il colpo di scena emotivo arriva con questa chiusura. Dopo un'esplosione di determinazione e orgoglio, Jo torna su sé stessa, sulle sue emozioni più intime. Qui il monologo si spezza, il tono si abbassa, quasi a confessare qualcosa che lei stessa fatica ad accettare. La sua solitudine è il prezzo della sua indipendenza, e in questo momento di vulnerabilità si chiede se sia un prezzo che può davvero sopportare.
Questo monologo racchiude l’essenza di Jo March: la sua forza e la sua fragilità, la sua ambizione e la sua paura, la sua determinazione e il suo bisogno d’amore. È una scena che mostra la complessità del suo personaggio e il conflitto interiore tra il desiderio di libertà e quello di appartenenza. Greta Gerwig, nella sua versione di Piccole Donne, usa questo momento per dare voce non solo a Jo, ma a un’intera generazione di donne che hanno lottato e lottano ancora per essere riconosciute al di là dei ruoli tradizionali.
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