Monologo femminile teatrale - \"Medea\" di Euripide

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Medea che analizziamo qui rappresenta uno dei momenti più intensi e drammatici dell’opera di Euripide. È una finestra aperta sull’animo devastato della protagonista, una donna sospesa tra l’umanità e il mito, tra l’amore tradito e una vendetta feroce. Attraverso questo passaggio, Medea non solo svela i suoi piani terribili, ma ci conduce nel cuore del suo conflitto interiore, dove il calcolo razionale si intreccia con un dolore incontenibile. Questo discorso è una dichiarazione di guerra alla società che l'ha emarginata e a chi l'ha tradita, ma è anche un grido di autoaffermazione, un atto di resistenza contro il destino che cerca di imporle silenzio e sottomissione.

Vendetta

Da ogni parte tutto va male, chi può negarlo? Ma la cosa non finirà così, non lo pensate. Ci sono ancora pericoli per questi novelli sposi e non piccoli affanni per il suocero. Credi forse che lo avrei blandito, se non per mio vantaggio o per qualche trama? Non gli avrei nemmeno parlato altrimenti, e non l’avrei supplicato con queste mani. E lui è arrivato a tanta stoltezza, che pur potendo sventare i miei piani cacciandomi da questa terra, mi concesse di restare per questo giorno, in cui stenderò cadaveri tra i miei nemici: il padre, la figlia e mio marito. E pur avendo molte vie di morte, non so, mie care, a quale porrò mano per prima: se darò alle fiamme la mia dimora nuziale, o pianterò loro nel fegato una spada affilata, penetrando silenziosamente nella loro stanza da letto. C’è solo un pericolo: se verrò sorpresa mentre penetro nella casa a compiere il mio piano, sarò uccisa e derisa dai miei nemici. Allora è meglio la via diretta, di cui sono espertissima per natura: ucciderli col veleno. Ecco, sono morti. Ma poi, quale città mi accoglierà? quale ospite offrendomi la sua terra come asilo e la sua casa come rifugio, mi proteggerà? Non ce n’è! Ma restando ancora per poco, se mai mi appaia un baluardo sicuro, e se dovessi morire io stessa, li ucciderò entrambi e avrò la forza di osarlo. No, per la signora che venero sopra tutte e che ho scelta come collaboratrice, per Ecate che abita nei recessi del mio focolare, nessuno di costoro godrà a straziare il mio cuore. Amare nozze preparerò loro e un’amara parentela e triste esilio per me. Su dunque, non risparmiare nessuna delle arti che conosci, Medea: decidi e agisci. Muovi alla cosa terribile: ora è il momento del coraggio! Vedi quello che ti fanno: e tu non devi far ridere gli sposi, Giasone e la discendente di Sisifo, tu figlia di un nobile padre e della stirpe del sole sei sapiente!a

Medea

La Medea di Euripide è una delle tragedie greche più affascinanti e controverse, rappresentata per la prima volta nel 431 a.C. Durante il festival delle Dionisie. È un’opera che esplora temi di amore, tradimento, vendetta e il ruolo delle donne in una società patriarcale. Medea è una principessa e maga di origine barbara (nel senso greco del termine, cioè straniera), figlia del re Eeta della Colchide. È una figura legata al mito degli Argonauti: si innamora perdutamente di Giasone e lo aiuta a conquistare il Vello d’Oro, tradendo la sua famiglia e abbandonando la sua terra. Questo amore, però, si trasforma in tragedia quando Giasone la tradisce.


La vicenda si svolge a Corinto, dove Medea e Giasone si sono stabiliti dopo aver lasciato Iolco. La tragedia inizia con una Medea già devastata: Giasone l'ha abbandonata per sposare Glauce (o Creusa, a seconda delle versioni), la giovane figlia di Creonte, re di Corinto. Questo matrimonio è strategico, volto a rafforzare la posizione politica di Giasone, ma segna il tradimento di Medea, che si ritrova emarginata, sola e considerata una minaccia per il regno. Creonte, temendo le capacità magiche di Medea e la sua furia, decreta il suo esilio immediato. Medea, però, riesce a ottenere un giorno di tempo, promettendo di andarsene senza creare problemi. In realtà, usa questo tempo per elaborare un piano terribile di vendetta.


Prima fase: Medea finge di accettare il matrimonio di Giasone e Glauce, inviando doni alla giovane sposa: una veste e una corona avvelenate. Quando Glauce indossa i doni, questi si rivelano letali, uccidendola insieme a Creonte, che tenta di salvarla.


Seconda fase: La tragedia raggiunge il suo apice quando Medea, in un gesto che sconvolge ogni convenzione morale, decide di uccidere i suoi stessi figli, avuti con Giasone. Questo atto estremo è il culmine della sua vendetta: non solo priva Giasone di un futuro, ma infrange il legame più sacro, quello tra madre e figli.


Epilogo: Medea fugge sulla sua carrozza trainata da draghi, dono del dio Sole, suo antenato. Giasone resta distrutto, impotente di fronte alla portata della vendetta di Medea.


Medea rappresenta la devastazione che segue l'amore tradito, è una donna straniera in una società greca maschilista. La sua intelligenza e potere la rendono temuta, ma anche isolata. Medea si considera vittima di un'ingiustizia e vede nella vendetta l'unico modo per ristabilire l’equilibrio, ma le sue azioni vanno oltre ogni limite accettabile. Medea è una figura complessa che sfida le norme del suo tempo. Non è solo una vittima, ma anche una figura attiva e terribile, che rivendica la sua autonomia in un modo distruttivo.

Analisi Monologo

Il monologo di Medea che hai citato è uno dei passaggi più intensi e cruciali della tragedia di Euripide. Esso rivela l’interiorità complessa e devastata di Medea, che si trova a un bivio tra la furia vendicativa e il disperato bisogno di giustizia secondo i suoi termini.


"Ci sono ancora pericoli per questi novelli sposi e non piccoli affanni per il suocero." Medea svela le sue intenzioni di vendetta, evidenziando una pianificazione fredda e calcolata. Non è un’impulsiva: ogni sua azione è guidata da un misto di razionalità e passione distruttiva. Qui, la tragedia ci porta a riflettere sulla forza del rancore, che può trasformare una donna tradita in un’architetta della morte. La vendetta di Medea è rivolta contro Giasone, ma anche contro un sistema che l'ha emarginata. È un atto di ribellione totale contro il tradimento e l’umiliazione. Medea usa la clemenza concessa da Creonte (un giorno di tempo) non per salvarsi, ma per portare distruzione. Questa ironia sottolinea la cecità di chi sottovaluta la forza distruttiva di una donna ferita.


"E pur avendo molte vie di morte, non so, mie care, a quale porrò mano per prima." Questo passaggio mette in luce la frammentazione interna di Medea. Nonostante la sua determinazione, è ancora immersa nell’incertezza su quale strada seguire. Questo dubbio amplifica la tensione drammatica: Medea considera diverse modalità di uccisione (fuoco, spada, veleno), mostrando la sua versatilità. È un’artista della vendetta, esperta in molteplici tecniche di distruzione. Medea valuta i rischi di ogni azione, dimostrando che la sua vendetta non è una pura esplosione emotiva ma un progetto ponderato.


"Ma poi, quale città mi accoglierà? quale ospite [...] mi proteggerà? Non ce n’è!" La consapevolezza delle conseguenze personali non la dissuade, ma amplifica la tragicità del suo percorso. Medea sa che la vendetta la condannerà all’isolamento e alla fuga, ma è disposta a sacrificarsi. Medea è una figura al margine della società. È una straniera, una donna abbandonata, e persino la sua vendetta la separerà ulteriormente dall’umanità. La sua vendetta non mira a ripristinare un equilibrio per sé stessa, ma a infliggere sofferenza. La sua autodistruzione è un prezzo che accetta di pagare.

"Per Ecate che abita nei recessi del mio focolare, nessuno di costoro godrà a straziare il mio cuore." Medea invoca Ecate, dea della magia e delle ombre, che simboleggia la sua connessione con il soprannaturale e con la dimensione più oscura dell’esistenza. La devozione a Ecate non è solo una preghiera: è una dichiarazione di appartenenza a un mondo di potere e autonomia che si contrappone all’ordine patriarcale e razionale. Invocando Ecate, Medea si trasforma in un’entità mitologica, una forza della natura.

"Su dunque, non risparmiare nessuna delle arti che conosci, Medea: decidi e agisci." Il monologo culmina in un’esortazione a sé stessa, un atto di autoaffermazione che sottolinea la determinazione di Medea.

Conclusione

Il monologo di Medea è un capolavoro di complessità psicologica e drammatica. È il ritratto di una donna che rifiuta di essere vittima e che, con una lucidità spietata, trasforma il dolore in azione, la sconfitta in un trionfo amaro e distruttivo. In queste parole si condensano i temi universali della tragedia: l’inesorabilità del destino, la forza devastante della passione e la lotta per l’identità in un mondo ostile. Medea non è solo un personaggio, ma un simbolo della capacità umana di spingersi oltre ogni limite, per amore, per vendetta, per affermare la propria esistenza. Questo monologo ci lascia con una domanda cruciale: chi è davvero Medea? Una vittima o un mostro? O forse entrambe, nell’irriducibile ambiguità della natura umana.

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