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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Mirandolina ne "La Locandiera" rappresenta uno dei momenti più emblematici dell’opera di Carlo Goldoni, in cui il personaggio principale si rivela in tutta la sua complessità. Attraverso una combinazione di ironia, introspezione e determinazione, Mirandolina delinea anche una visione del mondo che sfida le convenzioni del suo tempo. Questo passaggio, apparentemente leggero e giocoso, è in realtà una raffinata analisi del potere femminile, del ruolo sociale delle donne e delle dinamiche di seduzione e indipendenza.
Uh, che mai ha detto! L'eccellentissimo Signor Marchese Arsura mi sposerebbe? Eppure, se mi volesse sposare, vi sarebbe una piccola difficoltà. Io non lo vorrei. Mi piace l'arrosto, e del fumo non so che farne. Se avessi sposati tutti quelli che hanno detto volermi, oh, avrei pure tanti mariti! Quanti arrivano a questa locanda, tutti di me s'innamorano, tutti mi fanno i cascamorti; e tanti, e tanti mi esibiscono di sposarmi addirittura. E questo signor Cavaliere, rustico come un orso, mi tratta si bruscamente? Questi è il primo forestiere capitato alla mia Locanda, il quale non abbia avuto piacere di trattare con me. Non dico che tutti in un salto s’abbiano a innamorare; ma disprezzarmi così? E’ una cosa che mi muove la bile terribilmente. E’ nemico delle donne? Non le può vedere? Povero pazzo! Non avrà ancora trovato quella che sappia fare. Ma la troverà. La troverà. E chissà che non l'abbia trovata? Con questi per l'appunto mi ci metto di picca. Quei che mi corrono dietro, presto presto m’annoiano. La nobiltà non fa per me. La ricchezza la stimo, e non la stimo. Tutto il mio piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata. Questa è la mia debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne. A maritarmi non ci penso nemmeno; non ho bisogno di nessuno; vivo onestamente, e godo la mia libertà. tratto con tutti, ma non mi innamoro mai di nessuno. Voglio burlarmi di tante caricature davanti spasimanti; e voglio usare tutta l'arte per vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri che sono nemici di noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella Madre Natura.
"La Locandiera" è una delle commedie più celebri di Carlo Goldoni, scritta nel 1753. Quest’opera, appartenente al periodo del rinnovamento teatrale goldoniano, rappresenta un momento cruciale della trasformazione della commedia dell'arte in commedia di carattere. Goldoni, infatti, sostituì le maschere e i personaggi stereotipati con figure più realistiche e complesse, capaci di rappresentare con sfumature e ironia la società del suo tempo. La storia ruota intorno a Mirandolina, proprietaria di una locanda a Firenze. Mirandolina è una donna astuta, indipendente e consapevole del suo fascino, capace di tenere sotto controllo le dinamiche sociali ed economiche che si intrecciano nella sua locanda.
La sua abilità sta nel gestire le attenzioni degli uomini che la circondano senza mai perdere il controllo della situazione. I principali "pretendenti" sono:
Il Marchese di Forlipopoli: un nobile decaduto, vanitoso e attaccato al proprio titolo, nonostante la mancanza di risorse.
Il Conte di Albafiorita: un ricco borghese che ostenta la sua fortuna, sperando di comprare l’affetto di Mirandolina.
Il Cavaliere di Ripafratta: un uomo rigido, misogino e convinto di essere immune al fascino femminile.
Mirandolina, infastidita dall’atteggiamento del Cavaliere, decide di conquistarlo per dimostrargli che nemmeno lui può resistere al potere della seduzione. Il piano funziona, ma quando il Cavaliere si innamora, lei lo respinge, riaffermando la sua libertà e il suo rifiuto di legarsi sentimentalmente.
Mirandolina rappresenta un modello di donna moderna per l’epoca: indipendente, intelligente e capace di autodeterminarsi. La sua figura contrasta con gli stereotipi femminili della società settecentesca, in cui le donne erano spesso ritratte come sottomesse o dipendenti dagli uomini. Goldoni utilizza i personaggi maschili per mettere in ridicolo i vizi e le debolezze della nobiltà e della borghesia. Il Marchese rappresenta l’arroganza vuota della nobiltà decaduta, mentre il Conte incarna la vanità della nuova classe borghese.
L’opera esplora le dinamiche della seduzione come forma di potere. Mirandolina usa il suo fascino non solo per difendersi dalle attenzioni non richieste, ma per dimostrare che l’amore è un sentimento che non può essere imposto né comprato. Goldoni dipinge i suoi personaggi con un realismo che li rende autentici. Ogni figura ha una psicologia precisa, e i dialoghi contribuiscono a rivelare le loro intenzioni, debolezze e ambizioni.
Questo monologo di Mirandolina è uno dei momenti chiave de "La Locandiera" e racchiude in sé molte delle caratteristiche che rendono il personaggio così affascinante e centrale nella commedia di Goldoni.
La battuta iniziale, “Uh, che mai ha detto! L'eccellentissimo Signor Marchese Arsura mi sposerebbe?”, mette subito in evidenza l’ironia di Mirandolina. Lei ridicolizza il Marchese, un uomo che, pur privo di mezzi economici, fa leva sul suo titolo nobiliare per proporsi come pretendente. L’uso dell’espressione “del fumo non so che farne” sottolinea il suo disprezzo per la nobiltà decaduta e la sua concretezza, mostrando un rifiuto netto verso ciò che è puramente apparente e privo di sostanza. Nel cuore del monologo emerge una dichiarazione di indipendenza e autostima: “A maritarmi non ci penso nemmeno; non ho bisogno di nessuno; vivo onestamente, e godo la mia libertà.” Mirandolina rivendica il suo diritto a vivere senza legarsi a un uomo, un pensiero rivoluzionario per l’epoca. L’affermazione “Non ho bisogno di nessuno” rappresenta un netto rifiuto della dipendenza economica e sociale che le donne spesso avevano nei confronti degli uomini. Goldoni, attraverso Mirandolina, celebra un modello di donna autonoma, capace di essere artefice del proprio destino.
Un elemento centrale del monologo è il piacere che Mirandolina prova nell’essere al centro delle attenzioni maschili: “Tutto il mio piacere consiste in vedermi servita, vagheggiata, adorata.” Questo non è un semplice vezzo, ma una manifestazione di potere. Mirandolina è consapevole della sua capacità di attrarre e manipolare gli uomini. Per lei, il gioco della seduzione è un mezzo per affermare la sua superiorità su chi cerca di ridurla a un oggetto di conquista. La frase “voglio usare tutta l'arte per vincere, abbattere e conquassare quei cuori barbari e duri” è emblematica: il suo scopo non è l’amore, ma dimostrare che anche gli uomini più ostinati – come il Cavaliere – non sono immuni al suo fascino. Il Cavaliere di Ripafratta è il primo uomo che non si lascia incantare da lei, e questo lo rende una sfida irresistibile.
La frase “Con questi per l'appunto mi ci metto di picca” rivela il carattere competitivo di Mirandolina, che vede il rifiuto non come un insulto, ma come un’opportunità per dimostrare la sua abilità. L’orgoglio ferito di fronte al disprezzo del Cavaliere si trasforma in una motivazione per conquistarlo.
Nella riflessione “Questa è la mia debolezza, e questa è la debolezza di quasi tutte le donne”, Mirandolina si apre a una considerazione universale, ma lo fa con un tono giocoso. È consapevole delle sue contraddizioni – il piacere di essere corteggiata, ma il rifiuto dell’amore romantico – e le accetta come parte della sua natura. La chiusura del monologo, “noi, che siamo la miglior cosa che abbia prodotto al mondo la bella Madre Natura”, è una dichiarazione di orgoglio femminile. Mirandolina si autoproclama rappresentante di un genere superiore, capace di trasformare le relazioni interpersonali in un’arte raffinata. Questo finale, apparentemente vanitoso, racchiude in sé un messaggio di celebrazione della forza e della capacità delle donne.
Il monologo di Mirandolina è una celebrazione dell’indipendenza e della forza di volontà femminile, un manifesto nascosto di autodeterminazione e una critica sottile alla superficialità e ai pregiudizi maschili. Con la sua astuzia e il suo spirito, Mirandolina si afferma come una figura simbolica capace di affascinare e sfidare. Goldoni, attraverso di lei, ci consegna anche un personaggio che, tra ironia e intelligenza, continua a parlare al pubblico contemporaneo con la stessa forza dirompente di allora.
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