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~ LA REDAZIONE DI RC
Nel flusso visivo luccicante della serie, questo monologo rappresenta una delle poche pause di riflessione autentica. Leyla parla in maniera colloquiale, quasi distrattamente, come se stesse facendo mente locale — e in effetti è esattamente ciò che sta facendo: sta ricostruendo, ad alta voce, i legami che compongono la sua vita sociale.
A livello narrativo, questa scena arriva in un punto in cui Leyla è già stata messa a dura prova da dinamiche sentimentali complicate, delusioni, e una vita professionale sempre in corsa. Non siamo in presenza di una confessione esplosiva, ma di una presa di coscienza sottile.
STAGIONE 2 EP 1
MINUTAGGIO: 30:11-32:15
RUOLO: Leyla Taylan
ATTRICE: Serenay Sarıkaya
DOVE: Netflix
ITALIANO
Ad esempio, Sarp lo conosco dai tempi della scuola, però all’inizio non andavamo d’accordo. Lui era già amico di Omar, e di Murat, si… era molto uniti. In effetti è stato Sarp a presentarmi Omer. Murat stava già insieme a Esra, e tutto a un tratto siamo diventati molto amici. Abbiamo legato. Funda… Funda è mia amica da quando ha iniziato a lavorare allo studio. In realltà… c’è quasi sempre una casualità dietro queste amicizie. Ma… comunque sono fortunata. Noi andiamo d’accordo. Non mi è mai servito nessun altro. Si, certo ovviamente anche io ho alcuni… alcuni amici d’infanzia, ma non ci siamo più visti per tanto tempo e abbiamo perso i contatti. Ho perso i contatti con tutti loro. Mhm… Mio zio. Mio zio è il mio migliore amico. Era Omer il mio migliore amico, una volta. Qui ha tutto un bellissimo aspetto.
Leyla Taylan (interpretata da Serenay Sarıkaya) è un’avvocatessa in carriera, brillante, ambiziosa, ma anche emotivamente scombussolata dopo una rottura importante. La sua relazione – iniziata nel pieno del lockdown – è finita, e ora Leyla si trova davanti al bivio classico: ricostruirsi o lasciarsi andare. La serie segue la sua vita dopo questa frattura, mentre cerca di capire cosa vuole davvero da sé stessa e dagli altri. Sul piano lavorativo, la vediamo muoversi tra casi legali, colleghi competitivi e clienti eccentrici. Sul piano personale, invece, attraversa un vero e proprio campo minato sentimentale: ex fidanzati, flirt improbabili, e nuove conoscenze che si rivelano – nel bene o nel male – specchi delle sue insicurezze.
Tutto questo si svolge nella Istanbul più scintillante, tra attici, terrazze con vista sul Bosforo, feste eleganti e relazioni che sembrano uscite da un'app di dating scritta da uno sceneggiatore con una debole per i colpi di scena. La narrazione procede per tappe: ogni episodio esplora un tipo diverso di relazione o di “fallimento amoroso” contemporaneo – dal ghosting, alla dipendenza affettiva, fino alla cosiddetta situationship. Leyla si confronta di volta in volta con uomini che incarnano cliché romantici (dal tipo misterioso a quello irraggiungibile) ma che servono a far emergere, più che le dinamiche sentimentali, le fragilità e le aspettative della protagonista.
Leyla parte nominando le sue relazioni con una sorta di affanno ordinato: "Ad esempio, Sarp lo conosco dai tempi della scuola, però all’inizio non andavamo d’accordo..." Il tono è quasi quello di chi vuole dimostrare a sé stessa (e forse a qualcuno che la sta ascoltando) di avere una rete solida intorno. Ma nel ripercorrere i legami, emergono sfumature più complesse. Leyla dice: "...c’è quasi sempre una casualità dietro queste amicizie." Qui la scrittura tocca qualcosa di vero: le relazioni spesso non sono il frutto di scelte consapevoli, ma di coincidenze, di occasioni.
E Leyla, che nel lavoro è abituata al controllo e alla pianificazione, riconosce che nel privato le cose funzionano diversamente. Una frase così la dice chi è abituata a mettersi in discussione, anche senza volerlo.
Poi arriva la parte più significativa, anche nel modo in cui è recitata (presumibilmente con un rallentamento, uno sguardo che si abbassa): "Si, certo ovviamente anche io ho alcuni… alcuni amici d’infanzia, ma non ci siamo più visti per tanto tempo e abbiamo perso i contatti." Il passaggio dal presente al passato è netto. Lì si apre un vuoto. Leyla non li nomina nemmeno, quegli amici. Li liquida con una constatazione neutra: “abbiamo perso i contatti”. Non c’è rancore, solo un sottile senso di perdita che rende il monologo improvvisamente più intimo.
E infine arriva la frase più carica di significato emotivo: "Mio zio. Mio zio è il mio migliore amico. Era Omer il mio migliore amico, una volta." Leyla cerca di coprire il vuoto lasciato da Omer con la figura dello zio. Ma il cambio di tempo verbale (“era”) non mente. La verità è che Omer era più di un fidanzato. Era un punto fermo, un rifugio emotivo. E ora non c'è più. Non viene spiegato perché, non viene spiegato come. Ma è in quella frase che si condensa il dolore sottotraccia dell'intera serie. La chiusura del monologo — "Qui ha tutto un bellissimo aspetto." — è quasi ironica, amara. Sembra un commento su ciò che la circonda: un mondo visivamente perfetto, ma emotivamente fragile. Sottolinea la dissonanza tra l’estetica brillante dello show e la realtà interiore dei personaggi.
Questo monologo è una finestra aperta sul mondo interno di Leyla. Nella sua semplicità, ci mostra qualcosa che spesso la serie tiene nascosto sotto vestiti di lusso e cocktail panoramici: la fatica di mantenere vivi i rapporti autentici.
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