Monologo - Gabriel Montesi in \"Campo di Battaglia\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Il film "Campo di Battaglia" ci trascina nelle ultime fasi della Prima Guerra Mondiale, dove due ufficiali medici, Stefano e Giulio, amici d'infanzia, si trovano immersi nella realtà caotica e disumanizzante di un ospedale militare. Al loro fianco c’è Anna, una donna coraggiosa che, nonostante le difficoltà imposte dal contesto patriarcale dell’epoca, si fa strada come volontaria della Croce Rossa. Il film esplora le tensioni morali, le disillusioni e le ingiustizie che emergono in tempo di guerra, con una particolare attenzione al fenomeno dell'autolesionismo tra i soldati e al sistema sanitario militare ormai al collasso. Attraverso i personaggi di Stefano, Giulio e Anna, il film offre una riflessione critica sulla brutalità del conflitto e sulle sue ripercussioni psicologiche e sociali, ponendo interrogativi profondi sull’onore, il sacrificio e il futuro della società post-bellica.

AUTOLESIONISMO

MINUTAGGIO: circa 14 minuti

RUOLO: Giulio Farrasi

ATTORE: Gabriel Montesi

DOVE: Al cinema!



ITALIANO


Non ce la faccio più, usano sempre gli stessi trucchi.

Se li passano tra di loro, i medici del fronte fanno finta di niente.

Sto andazzo andava stroncato all'istante!

Il primo autolesionista lo dovevano giustiziare sul posto, subito!

Ci costringono a sprecare tempo e cure, per sti schifosi.

Mentre, i feriti veri, ci crepano tra le mani.

A guerra finita, onesti e valorosi saranno tutti morti.

E a far l'Italia resteranno solo i furbi.

CAMPO DI BATTAGLIA

Sul finire della Prima Guerra Mondiale, in un ospedale militare affollato di soldati gravemente feriti dal fronte, due ufficiali medici, amici fin dall'infanzia, si trovano a fronteggiare una realtà angosciante. Stefano, proveniente da una famiglia altoborghese con un padre che lo spinge verso la politica, è ossessionato dai feriti che si sono autoinflitti lesioni pur di evitare il ritorno in battaglia. La sua devozione alla medicina è intrecciata a un ruolo quasi da poliziotto, sempre alla ricerca di questi simulatori. Giulio, al contrario, è più empatico e tollerante, ma profondamente a disagio davanti alla vista del sangue. La sua vera vocazione sarebbe stata la biologia, ma il destino lo ha condotto in trincea.


Anna, compagna di università di entrambi, lotta in un mondo dominato dagli uomini, dove arrivare a laurearsi in medicina era un’impresa ardua per una donna senza una famiglia potente alle spalle. Nonostante ciò, lavora con tenacia come volontaria della Croce Rossa, affrontando con determinazione un ambiente duro e ostile.


All'interno dell'ospedale, un mistero inizia a prendere forma: molti soldati sembrano peggiorare inspiegabilmente. Anna sospetta che qualcuno stia deliberatamente complicando le ferite dei pazienti, forse per farli tornare a casa, anche mutilati, pur di evitare il ritorno al fronte. La situazione diventa ancora più drammatica quando, proprio alla fine della guerra, una misteriosa infezione inizia a diffondersi, mietendo più vittime delle stesse armi nemiche, e presto coinvolge anche i civili, gettando il mondo in un caos inaspettato.

ANALISI MONOLOGO

Il monologo di Giulio riflette, oltre alla sua crisi personale, una tensione più ampia che si collega al contesto storico e sociale in cui è ambientato il film, cioè gli ultimi anni della Prima Guerra Mondiale. Questo periodo è stato segnato da un profondo senso di disillusione, tra i soldati al fronte, ma anche tra coloro che, come Giulio, erano costretti a confrontarsi quotidianamente con la brutalità della guerra e le sue ingiustizie. La rabbia di Giulio verso gli autolesionisti deriva dalla crescente percezione che la guerra non sia più una questione di valore e coraggio, ma un contesto dove la furbizia e l'inganno prevalgono. La guerra, che inizialmente potrebbe essere stata vista come un conflitto per l'onore e la patria, si è trasformata in un incubo disumanizzante in cui la sopravvivenza è guidata più dall'inganno che dal sacrificio. Questo riflette il più ampio sentimento di molti soldati e civili dell'epoca, che cominciavano a rendersi conto che la narrazione eroica e patriottica della guerra si stava scontrando con la realtà brutale del conflitto. La Prima Guerra Mondiale, soprattutto nelle sue fasi finali, vide un calo di morale tra i soldati, con episodi di ammutinamento, autolesionismo e tentativi di diserzione sempre più diffusi.


Giulio esprime una visione cinica e pessimista, anche del futuro. La frase "A guerra finita, onesti e valorosi saranno tutti morti. E a far l'Italia resteranno solo i furbi" riflette una paura profonda che il sacrificio dei migliori elementi della società possa essere stato vano. Si tratta di una critica implicita alla società post-bellica che si sarebbe venuta a creare. L'Italia, dopo la Prima Guerra Mondiale, fu un paese profondamente diviso, dove le promesse di una nuova era di prosperità e giustizia per i reduci di guerra non si concretizzarono. Il senso di tradimento e di disillusione si tradusse, in molti casi, in una diffusa sfiducia nelle istituzioni e in una crescente radicalizzazione politica che, in parte, aprì la strada all'avvento del fascismo.


Giulio teme che, nel caos della guerra, siano proprio i più furbi e opportunisti a sopravvivere e a prendere il controllo del futuro. Questa critica alla società del dopoguerra fa eco alle paure di molti intellettuali e soldati dell'epoca, che vedevano come la guerra stesse trasformando la società in un luogo dove il cinismo, l'egoismo e la disonestà prevalevano sui valori tradizionali di onore e sacrificio. Il monologo evidenzia anche un altro aspetto del contesto sociale del film: il fallimento del sistema medico e sanitario militare nel gestire le devastazioni della guerra. Giulio accusa i medici al fronte di chiudere un occhio sugli autolesionisti, il che suggerisce una complicità o una rassegnazione di fronte a una realtà troppo dura da affrontare. Questo denuncia una profonda crisi del sistema, dove le risorse sono insufficienti e dove si è costretti a scegliere chi curare e chi no. Il fatto che i "veri feriti" muoiano mentre si sprecano cure per i "simulatori" sottolinea il paradosso crudele della guerra: una distorsione della giustizia e dell'umanità dove chi è più abile a ingannare sopravvive. Nel monologo di Giulio emerge anche il conflitto tra la sua natura più empatica e tollerante e l'implacabile cinismo che la guerra gli ha imposto. Giulio, che avrebbe preferito dedicarsi alla ricerca scientifica, si trova ora immerso in un ambiente dove la compassione è percepita come debolezza e la giustizia è distorta dalla brutalità del conflitto. La sua richiesta di "giustiziare sul posto" il primo autolesionista mostra come la sua disperazione lo stia portando a considerare misure estreme, che vanno contro i suoi stessi principi di medico e scienziato.

CONCLUSIONE

Il monologo di Giulio è una finestra sulla mente di un uomo distrutto dalla guerra e dal sistema che ne è nato. La sua frustrazione per il fallimento del sistema medico, la sua rabbia verso i simulatori e la sua visione pessimista del futuro riflettono una società in crisi, dove i valori di onore e sacrificio vengono erosi dalla furbizia e dalla disperazione. Allo stesso tempo, il monologo esprime una critica più ampia alla guerra come forza disumanizzante, capace di corrompere anche i più nobili ideali e di lasciare dietro di sé un mondo dominato dal cinismo e dalla sfiducia.

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