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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Giacalone di Sicilia Express mostra quanto un momento davanti al mare possa diventare un viaggio nell’identità siciliana. In poche frasi, Giacalone passa dall’ironia popolare al bisogno profondo di dignità, raccontando la Sicilia come una terra splendida seguita da un popolo che spesso si sente meno degli altri. È un racconto tenero, pungente, pieno di verità non dette, e si chiude con una risata che nasconde l’emozione. Un piccolo monologo che racchiude un mondo.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Finale del film (con spoiler)
Credits e dove trovarlo
Minutaggio: 16:50-18:20 (Ep 4)
Durata: 1 minuto 30 secondi
Sicilia Express è una serie italiana del 2025 che nasce dall’immaginario comico e umano di Ficarra e Picone, ma si muove su un terreno nuovo per loro: quello della commedia magico-realista. La serie racconta il rapporto tra Nord e Sud, tra vita lavorativa e vita familiare, tra sogni e sacrifici, inserendo… un cassonetto magico che teletrasporta le persone da Catania a Milano. Una premessa folle che diventa però un modo originale per parlare di distanze, non solo geografiche. Salvo e Valentino sono due infermieri siciliani che lavorano in un ospedale al Nord. Vivono con il desiderio di tornare a casa, soprattutto perché le loro mogli — Claudia e Maria Teresa — stanno avviando un nuovo negozio a chilometro zero in Sicilia. Il lavoro però non dà tregua, e il loro direttore sembra impegnato a ostacolarli in ogni modo. Durante una tentata fuga natalizia per assistere all’inaugurazione del negozio, una serie di ritardi, imprevisti e disavventure li fa arrivare tardi in Sicilia. E proprio nella stanchezza del ritorno, quando tutto sembra peggiorare, succede l’impossibile: Salvo e Valentino finiscono accidentalmente dentro un cassonetto… che li teletrasporta al Duomo di Milano. Da quel momento cambia tutto. All’inizio credono sia un’allucinazione. Poi la magia si ripete. Il cassonetto diventa un portale bidirezionale: da un lato c’è Catania, con le sue famiglie, le sue tradizioni e i suoi problemi; dall’altro Milano, con il lavoro, il ritmo frenetico e un condominio che non immagina cosa stia succedendo sotto i propri piedi.

Ah niente, non ce n’è terre come questa. Guardatela, sono secoli che è così. Ma voi la sapete quella storia di quando il Padre Eterno creò il mondo, e si rese subito conto che la Sicilia era la terra più bella. E allora tutti gli altri popoli erano invidiosi. Cominciarono a protestare tutti quanti: i francesi, gli spagnoli, gli americani, australiani, tutti, tutti. E se ne andavano al cospetto del padre Eterno, tutti che urlavano: “Uè, ma come mai hai fatto la Sicilia la terra più bella del mondo, e a noi ci hai trascurato, è?” Allora il Padre Eterno, per rendere la Sicilia un pò più brutta lo sapete cosa fece? Creò i Siciliani. Ah, lo sapevate… Io penso che è proprio perché è la prima storia che ci raccontano quando siamo picciriddi, che noi altri siciliani ci siamo convinti che non siamo brave persone, e che ogni cosa che non succede, che non funziona, ogni cosa brutta, pensiamo che sia colpa nostra, e che ce la meritiamo. E intanto c’è qualcuno che se ne approfitta, è? Noi siciliani dovremmo cominciare a pensare che a noi le cose ci spettano, come spettano agli altri. Ecco perché io voglio le medicine siciliane! Che ci fate lì come due fessi? E’ ora di mangiare. Io qua con quest’aria mi si è aperto un appetito che…
"Ah niente, non ce n’è terre come questa.": attacco morbido, quasi sospirato; pausa su “ah niente” come se scacciasse un pensiero negativo; sguardo fisso sul mare; tono affettuoso, non retorico.
"Guardatela, sono secoli che è così.": invita gli altri con un cenno del mento; “guardatela” con dolce autorità; piccola pausa prima di “sono secoli”; voce bassa, come se parlasse più a sé che agli altri.
"Ma voi la sapete quella storia di quando il Padre Eterno creò il mondo, e si rese subito conto che la Sicilia era la terra più bella.": cambio di energia, entra nel “raccontatore di storie”; ritmo più narrativo; micro-pausa dopo “quella storia”; sorriso accennato su “la Sicilia era la terra più bella”.
"E allora tutti gli altri popoli erano invidiosi.": tono leggermente divertito; spalle che si muovono in un mezzo “eh, ovvio”; niente rabbia, solo ironia.
"Cominciarono a protestare tutti quanti: i francesi, gli spagnoli, gli americani, australiani, tutti, tutti.": elencare con gusto, quasi musicale; accelera leggermente mentre snocciola i popoli; ripetizione “tutti, tutti” detta con complicità, guardando i due come per coinvolgerli nella risata.
"E se ne andavano al cospetto del padre Eterno, tutti che urlavano: “Uè, ma come mai hai fatto la Sicilia la terra più bella del mondo, e a noi ci hai trascurato, è?”": qui può imitare un po’ il coro dei popoli, ma senza caricatura eccessiva; alza leggermente la voce nella parte diretta; sguardo verso l’alto quando cita il “Padre Eterno”, come se lo avesse davvero davanti.
"Allora il Padre Eterno, per rendere la Sicilia un pò più brutta lo sapete cosa fece?": rallenta; pausa strategica prima di “lo sapete cosa fece?”; occhi stretti, gusto per la punchline che sta per arrivare; tono complice.
"Creò i Siciliani.": breve silenzio prima della battuta; la frase va detta secca, asciutta; sguardo che studia la reazione degli altri; sorriso ironico, ma con un fondo amaro.
"Ah, lo sapevate…": piccolo sgonfiamento di energia; finta delusione, come se avesse perso l’effetto sorpresa; guarda un attimo in basso, quasi a nascondere una ferita che ha sfiorato.
"Io penso che è proprio perché è la prima storia che ci raccontano quando siamo picciriddi,": tono più serio, la voce si fa un filo più bassa; pausa dopo “io penso”; lo sguardo non è più sul mare ma sulle proprie mani o a terra, entra in zona confessione.
"che noi altri siciliani ci siamo convinti che non siamo brave persone,": scandire con calma “non siamo brave persone”; niente vittimismo, solo lucidità; micro-pausa dopo la frase, lasciando pesare le parole.
"e che ogni cosa che non succede, che non funziona, ogni cosa brutta, pensiamo che sia colpa nostra, e che ce la meritiamo.": ritmo leggermente più serrato, come se il pensiero fosse abituale; insistere un po’ su “colpa nostra” e “ce la meritiamo”; sguardo che si alza un attimo verso di loro, cercando conferma.
"E intanto c’è qualcuno che se ne approfitta, è?": qui il tono si fa più pungente; “qualcuno” detto con un mezzo sorriso amaro; il “è?” finale con piccola pausa, cercando gli occhi degli altri, come a dire “lo vedete anche voi, no?”.
"Noi siciliani dovremmo cominciare a pensare che a noi le cose ci spettano, come spettano agli altri.": questo è il cuore politico/emotivo; respirare prima di dirla; dire “ci spettano” con più radicamento nel corpo (voce che parte dal basso); lo sguardo si apre, non più solo ai due ma a un’idea di “noi” più grande.
"Ecco perché io voglio le medicine siciliane!": piccolo cambio di tono, più pratico, concreto; quasi un “metterla sul ridere” per alleggerire; può accompagnare con un gesto della mano verso di sé, tipo “è il minimo”.
"Che ci fate lì come due fessi?": torna al presente relazionale; tono bonario, mai offensivo; accenna un sorriso; li richiama all’ordine come un nonno affettuoso.
"E’ ora di mangiare.": detta semplice e quotidiana, come se chiudesse il discorso grande con una cosa piccola; pausa dopo, lascia scivolare via la profondità di prima.
"Io qua con quest’aria mi si è aperto un appetito che…": lascia la frase in sospeso, magari ridendo; può voltarsi verso il mare o verso il cibo; la sospensione serve a sciogliere tutta la densità emotiva precedente in un gesto umano, terra-terra.
Il monologo di Giacalone davanti al mare è un momento in cui l’ironia popolare si intreccia a una consapevolezza profonda: la Sicilia come madre bella e ferita, e il siciliano come figlio convinto di valere meno degli altri. Tutto parte da una constatazione semplice “non ce n’è terre come questa”, detta con un tono che non cerca il consenso, ma un riconoscimento intimo. Da lì Giacalone si trasforma in un narratore che gioca con un racconto mitologico e buffo: il Padre Eterno, la Sicilia troppo bella, i popoli gelosi. La comicità gli serve per far abbassare le difese, perché subito dopo arriva la lama: l’idea che questa storia, raccontata da bambini, abbia insinuato l’autopercezione del siciliano come “non bravo”, come colpevole di ogni cosa che non funziona. In quel cambio di tono, quasi impercettibile, si apre il vero cuore del discorso.
La battuta “creò i Siciliani” è un atto di autoironia che nasconde una ferita culturale. Giacalone parla lentamente, osservando il mare come si osserva un familiare a cui non vuoi davvero dire quanto ti manca. La sua voce si scalda quando denuncia il meccanismo: pensare di non meritare niente, accettare che altri decidano e approfittino della tua disponibilità. E qui emerge per la prima volta un invito alla dignità: “le cose ci spettano come spettano agli altri”. Non è rabbia: è lucidità, un lampo di orgoglio timidissimo ma sincero.
Come ogni uomo che non è abituato a parlare di sentimenti, subito dopo scappa nel quotidiano. Vuole mangiare, scherza, rimette tutto a posto con una battuta. Il mare ha aperto una crepa e lui corre a chiuderla con la normalità. È una confessione involontaria che si richiude in fretta, ma che arriva dritta perché non pretende nulla. Il monologo funziona proprio così: parte leggero, si fa serio senza mai dichiararlo, e torna leggero per pudore.

La scoperta genera paura ma anche entusiasmo: all’improvviso i due possono vivere nel mezzo di due mondi, colmare la distanza e accorciare i tempi impossibili della loro vita. Ben presto quello che nasce come miracolo privato diventa un’attività clandestina: gente che viaggia in pochi secondi per motivi di famiglia; tifosi che scendono dal cassonetto come da una metropolitana; perfino acqua che arriva da Milano a Catania attraverso tubi improvvisati. La vita quotidiana comincia a dipendere dal portale, mentre le mogli iniziano a insospettirsi per comportamenti strani, ritardi e scuse sempre meno credibili; il direttore dell’ospedale vuole licenziarli; la polizia scientifica indaga su misteriosi “furti di cassonetti”; il Presidente del Consiglio tenta di spiegare un improvviso crollo dei voli Milano–Catania senza immaginare la vera causa. Il teletrasporto diventa così una metafora narrativa: più i due amici risolvono problemi, più ne creano. Salvo è geloso dell’ex di Claudia, e sfrutta il portale per spiarla. Valentino vuole confessare tutto alla moglie, ma teme che la verità sia troppo assurda per essere creduta. La crisi culmina quando i due vengono licenziati, litigano tra loro, le mogli chiedono una pausa, e la loro doppia vita diventa impossibile da sostenere. E proprio nel momento più teso… arriva la sparizione di Aurora, la figlia di Valentino. La bambina scappa verso l’unico luogo che per lei rappresenta speranza e magia: il cassonetto.
Regista: Salvatore Ficarra e Valentino Picone
Sceneggiatura: Salvatore Ficarra, Davide Cutrì, Valentino Picone
Produttore: Tramp LTD
Cast: Salvo Ficarra, Valentino Picone, Max Tortora, Barbara Tabita, Katia Follesa.
Dove vederlo: Netflix

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