Monologo - Glenn Close in \"Quattro Buone Giornate\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo della madre di Molly in Quattro Buone Giornate rappresenta uno dei momenti emotivamente più intensi e rivelatori del film. In poco più di due minuti, Deb (Glenn Close) scava a fondo nei traumi del suo passato, svelando la complessità del suo ruolo di madre e di donna che ha cercato di sopravvivere in un contesto familiare pieno di difficoltà. Questa scena, collocata nella parte centrale del film, non è solo un momento di confronto tra Deb e Molly, ma un’apertura sul peso delle scelte passate e sulla difficoltà di portarne ancora il fardello..

Non me la sono sentita

MINUTAGGIO: 45:25-48:01

RUOLO: Deb
ATTRICE:
Glenn Close
DOVE:
Netflix



INGLESE


That wasn’t it. You know that’s not true. Haven’t we been over this a lot? I got pregnant with your sister. Unplanned. And in a couple of months, I found myself with a baby, and I quit my job, and I was married to a man who I really didn’t know very well, and he was… He was difficult. Me too, maybe. And when your sister was eight, I got pregnant again and we were, were really happy about that. We were… I think we were at a pretty good point. Me and your dad, you know, for a moment. Then for 15 years, I held everything together… trying not to disappoint, swallowing your father’s fucking bullshit. His temper tantrums, his moods. And then one night I came home and I heard him started to rev up one of his fits. Something about the house. I don’t know… and I just… That was it. I left that night. I just… I am so sorry for causing you so much pain, but I can’t apologize for trying to survive. I just can’t. That would be lying. You think it’s my fault that you’re an addict.



ITALIANO


Non era così, no. E tu sai che non è vero. Non ne abbiamo già parlato tanto? Rimasi incinta di tua sorella. Non volendolo. E.. e dopo una manciata di mesi mi ritrovai con una bambina e mi licenziai. Ed ero sposata con un uomo che in realtà… non conoscevo per niente. Lui era… uff… lui era difficile. Beh, anch’io, può darsi. E poi, quando tua sorella aveva 8 anni rimasi di nuovo incinta. Noi… noi eravamo davvero felici, noi… credo che andammo bene io e tuo padre, per un periodo. Dopodiché, per quindici anni cercai di tenere tutto insieme, provando a non deludere aspettative. Ingoiavo tutte le cazzate assurde di tuo padre. I suoi… scatti di rabbia, sbalzi di umore. Poi una sera tornai a casa, e lo sentii cominciare un’altra delle sue crisi. Parlava della casa… mhm, non so. E semplicemente… semplicemente, quella sera me ne andai. Sono mortificata di averti fatta soffrire in quel modo. Ma non posso chiedere scusa, perché ho tentato di sopravvivere, non posso. Sarebbe una bugia.Tu credi che se ti droghi sia mia la colpa?

Quattro Buone Giornate

"Quattro Buone Giornate" (Four Good Days, 2020) è un intenso dramma diretto da Rodrigo García, che si concentra sul rapporto logorato e fragile tra una madre e sua figlia, messo alla prova da anni di dolore, dipendenze e tentativi di redenzione. Il film si ispira a un articolo del 2016 scritto da Eli Saslow per il Washington Post, intitolato "How’s Amanda? A Story of Truth, Lies and an American Addiction", che esplora le complessità della dipendenza da oppiacei e il suo impatto sulle relazioni familiari. La storia si svolge in un contesto estremamente intimo e dolorosamente realistico. Molly (interpretata da Mila Kunis) è una giovane donna che combatte da anni contro una grave dipendenza da eroina. Dopo l'ennesima ricaduta, si presenta alla porta di sua madre Deb (Glenn Close), implorando aiuto. Il loro rapporto è logoro, segnato da un passato di bugie, promesse infrante e dolore reciproco. Deb, stanca di soffrire per i continui tradimenti emotivi di Molly, è inizialmente riluttante ad accoglierla, ma decide comunque di offrirle un'ultima possibilità.


Il fulcro narrativo del film si basa su una speranza fragile e condizionata: Molly ha l'opportunità di ricevere un'iniezione di un farmaco che le impedirebbe di provare piacere dall'assunzione di oppiacei, ma per poterla fare deve rimanere pulita per quattro giorni consecutivi. È un'impresa che sembra semplice sulla carta, ma che, per chi ha vissuto la dipendenza, diventa un calvario emotivo e fisico.


Nel corso di quei quattro giorni, madre e figlia si ritrovano a confrontarsi con il peso del loro passato condiviso: le scelte sbagliate di Molly, i sacrifici di Deb e il senso di colpa di entrambe. Il film si addentra nelle sfide quotidiane del recupero, non solo per chi è dipendente, ma anche per chi è intorno a loro, esplorando il tema della fiducia e di come essa possa essere ricostruita, un passo alla volta.

Analisi Monologo

Deb inizia il monologo con una negazione: "Non era così, no. E tu sai che non è vero." Questa frase iniziale è un segnale chiaro di difesa, ma anche un tentativo di ristabilire la propria verità in un dialogo che sente di aver perso con sua figlia. La scelta di affrontare direttamente Molly dimostra la sua frustrazione, ma anche la sua volontà di mettere fine al ciclo di accuse e incomprensioni che le ha separate per anni. Il tono è allo stesso tempo difensivo e vulnerabile, creando un equilibrio precario che si riflette nel ritmo e nella struttura del discorso. Il monologo è costruito come un racconto frammentato di ricordi, che si dipana attraverso fasi ben definite: l'inizio di una famiglia non pianificata, il matrimonio difficile con un uomo "difficile", il tentativo di mantenere una parvenza di stabilità per 15 anni e, infine, la decisione di abbandonare tutto per sopravvivere. Ogni frammento del racconto è carico di implicazioni emotive, non solo per Deb, ma anche per Molly, che in quel momento sta ascoltando una versione della storia che probabilmente non aveva mai pienamente compreso.


La frase centrale del monologo – "Sono mortificata di averti fatta soffrire in quel modo. Ma non posso chiedere scusa, perché ho tentato di sopravvivere, non posso. Sarebbe una bugia." – è il cuore pulsante del discorso. Qui, Deb riconosce il dolore inflitto alla figlia, ma si rifiuta di assumersi la colpa in modo totale. Deb sta dicendo a Molly che, in un matrimonio segnato dalla violenza emotiva e forse fisica, ha fatto tutto ciò che poteva per mantenersi viva e preservare un minimo di stabilità per la famiglia. È un momento brutale, perché costringe Molly a confrontarsi con una verità difficile da accettare: sua madre non è una figura onnipotente e infallibile, ma una donna che ha fatto scelte umane, spesso dettate dalla necessità. Il monologo rivela quanto sia complicato il rapporto tra Deb e Molly.


Da un lato, Deb è consapevole di aver lasciato ferite profonde nella vita della figlia, ferite che probabilmente hanno contribuito alla dipendenza di Molly. Dall'altro lato, si rifiuta di accettare che tutto il peso delle scelte sbagliate di Molly ricada su di lei. La domanda finale – "Tu credi che se ti droghi sia mia la colpa?" – è carica di rabbia repressa e di un disperato bisogno di chiarezza. L'efficacia del monologo risiede in gran parte nell'interpretazione di Glenn Close. La sua recitazione è misurata, evitando il rischio di cadere nel melodramma. Ogni parola sembra pesare un'eternità, come se Deb stesse scavando nel profondo della sua anima per trovare la forza di parlare. Close utilizza il linguaggio del corpo – lo sguardo, la postura rigida, i piccoli gesti nervosi – per suggerire che, nonostante il tono risoluto, Deb è ancora profondamente ferita da ciò che ha vissuto. La sua voce non cerca mai di giustificare le sue azioni; piuttosto, cerca di esprimere una verità personale che è, al tempo stesso, dolorosa e liberatoria.

Conclusione

Questo monologo rappresenta uno dei momenti cardine di Quattro Buone Giornate, non solo perché offre una visione più completa del personaggio di Deb, ma anche perché incarna il conflitto centrale del film: la complessità delle relazioni familiari, in cui amore, colpa e rimpianto si intrecciano in modi inestricabili. Attraverso il suo discorso, Deb mette a nudo le proprie fragilità, dimostrando che la genitorialità non è mai un percorso lineare e che, spesso, le scelte fatte per sopravvivere possono lasciare cicatrici profonde in chi ci è accanto.

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