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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Erin Gruwell è uno dei momenti più forti di Freedom Writers, perché rappresenta il punto in cui la sua classe viene messa di fronte a una realtà più ampia di quella a cui è abituata. I suoi studenti pensano di sapere tutto sulla violenza e sulle gang, ma Erin ribalta la prospettiva, mostrando loro che il pregiudizio e l’odio organizzato hanno radici molto più profonde. Tutto nasce da un semplice disegno razzista fatto da uno studente in classe, un atto apparentemente banale che per Erin è il punto di partenza per una lezione sul potere dell’odio. Confrontando le dinamiche delle gang locali con quelle del regime nazista, Erin riesce a rendere concreto per i suoi studenti qualcosa che sembrava lontano e scollegato dalle loro vite.
MINUTAGGIO: 30:03-32:15
RUOLO: Erin Gruwell
ATTRICE: Hilary Swank
DOVE: Netflix
INGLESE
Maybe we should talk about art. Tito's got real talent, don't you think? You know something? I saw a picture just like this once, in a museum. Only it wasn't a black man, it was a jewish man. And instead of the big lips he had a really big nose, like a rat's nose. But he wasn't just one particular jewish man. This was a drawing of all jews. And these drawings were put in the newspapers by the most famous gang in history. You think you know all about gangs? You're amateurs. This gang will put you all to shame. And they started out poor and angry and everybody looked down on them. Until one man decided to give them some pride, an identity... and somebody to blame. You take over neighborhoods? That's nothing compared to them. They took over countries. You want to know how? They just wiped out everybody else. Yeah, they wiped out everybody they didn't like and everybody they blamed for their life being hard. And one of the ways they did it was by doing this: see, they print pictures like this in the newspapers, jewish people with big, long noses... blacks with big, fat lips. They'd also published scientific evidence that proved that jews and blacks were the lowest form of human species. Jews and blacks were more like animals. And because they were just like animals it didn't matter if they lived or died. In fact, life would be a whole lot better if they were all dead. That's how a holocaust happens. And that's what you all think of each other. So what you're saying is, if the Latinos weren't here, or the Cambodians or the blacks or the whites or whoever they are, if they weren't here, everything would be better for you, isn't that right? It starts with a drawing like this, and then some kid dies in a drive-by, never even knowing what hit him.
ITALIANO
Chiudete tutti i libri. Forse è meglio parlare d’arte. Tito ha un grande talento, no? Sapete una cosa? Una volta ho visto un disegno come questo. In un museo. Solo che non era quello di un nero, ma quello di un Ebreo. E invece di queste labbra grosse aveva un bel nasone, come quello di un topo. Il disegno non rappresentava solo quell’Ebreo in particolare, ma tutti gli Ebrei. E quei disegni furono pubblicati su tutti i giornali dalla più famosa gang della storia. Mhm… Pensate di sapere tutto sulle gang? Voi siete dei dilettanti. Questa gang vi avrebbe fatto sfigurare. All’inizio erano poveri, e arrabbiati, e li guardavano dall’alto in basso. Finché un uomo diede loro l’orgoglio, un’identità, e qualcuno da accusare. Conquistare un quartiere? noo, non è proprio niente, in confronto Loro conquistavano nazioni. Volete sapere come? Semplice! Facevano fuori tutti quanti. Si! Facevano fuori chiunque non gli piacesse, e chiunque ritenessero colpevole delle loro difficoltà, e uno dei modi con cui lo facevano era attraverso questo. Si, pubblicavano disegni come questo sui giornali. Ebrei con nasi lunghi e grossi, neri con bocche e labbra enormi. Pubblicavano anche… prove scientifiche, secondo cui gli Ebrei e i neri erano le espressioni più basse della razza umana. Ebrei e neri erano come animali, e poiché erano come animali la loro vita non era ritenuta importante. Di fatto, sarebbe stato un mondo di gran lunga migliore, senza di loro. E’ così che nasce un Olocauso. E’ questo che pensate voi degli altri. Quindi voi state dicendo che se non ci fossero ispanici, o cambogiani, o neri, o bianchi o chiunque siano loro, se non ci fossero tutto andrebbe meglio per voi, è così no? Certo, certo. Si comincia con un disegno come questo, e poi un ragazzo muore in un negozio senza sapere cosa l’ha colpito.
"Freedom Writers" (2007), diretto da Richard LaGravenese e con Hilary Swank nel ruolo della protagonista, è basato su una storia vera raccontata nel libro The Freedom Writers Diary. Il film segue Erin Gruwell, un'insegnante alle prime armi che arriva alla Wilson High School di Long Beach, California, nei primi anni ‘90. La scuola è caratterizzata da un ambiente segnato da tensioni razziali e gang, con studenti considerati difficili e demotivati.
Erin viene assegnata a una classe di ragazzi considerati "irrecuperabili", divisi da conflitti razziali e segnati da esperienze di violenza, povertà e discriminazione. Inizialmente, trova un muro di diffidenza e rifiuto, ma col tempo riesce a conquistare la loro fiducia utilizzando metodi di insegnamento alternativi e coinvolgenti. Li incoraggia a scrivere i loro pensieri e le loro esperienze in diari personali, ispirandosi ai racconti dei sopravvissuti all’Olocausto e alla figura di Anne Frank.
Con il passare del tempo, gli studenti iniziano a trovare un senso di appartenenza nella classe e a sviluppare una nuova consapevolezza della propria storia e del proprio valore. Erin si scontra con la resistenza del sistema scolastico e con le difficoltà economiche, arrivando persino a lavorare in più posti pur di comprare libri e materiali per i suoi studenti.
Il film racconta il percorso di trasformazione di questi ragazzi, mostrando come l'istruzione e l'empatia possano cambiare le vite, anche in contesti segnati da emarginazione e pregiudizi.
Il monologo segue una costruzione precisa: Erin inizia con un riferimento immediato e comprensibile (il disegno razzista in classe), lo collega a un evento storico enorme (la propaganda nazista), e poi riporta il discorso alla realtà dei suoi studenti.
L’apertura è provocatoria: "Forse è meglio parlare d’arte." Erin trasforma una discussione in un’occasione per aprire gli occhi ai suoi ragazzi. Quando parla dei disegni nazisti sugli ebrei, usa un tono quasi sarcastico ("un bel nasone, come quello di un topo") per sottolineare l’assurdità del pregiudizio. Poi, cambia registro e inizia a raccontare la storia della "più famosa gang della storia", facendo un parallelo tra il nazismo e le gang locali.
La forza di questo monologo sta nel modo in cui Erin lega il passato al presente: quando dice "Voi siete dei dilettanti." sta colpendo l’orgoglio dei suoi studenti, li costringe ad ascoltarla. Il suo discorso è costruito per scuoterli, per portarli a riflettere sulle conseguenze di ciò che considerano normale. Il punto più duro arriva quando spiega il meccanismo della propaganda: "Si comincia con un disegno come questo, e poi un ragazzo muore in un negozio senza sapere cosa l’ha colpito." Con questa frase, Erin chiude il cerchio tra il disegno in classe e la violenza quotidiana che i suoi studenti vivono, dimostrando che l’odio non è mai solo un’idea astratta, ma qualcosa che porta a conseguenze reali.
Questo monologo è un punto di svolta nel film. Erin riesce a rendere il passato rilevante per il presente dei suoi studenti. Il suo obiettivo non è solo far loro capire l’Olocausto, ma mostrare che il razzismo e la discriminazione seguono sempre gli stessi schemi, e che anche i piccoli gesti – come un disegno fatto per scherzo – possono contribuire a un sistema di odio più grande. La sua lezione non è un semplice rimprovero, ma un tentativo di cambiare il modo in cui i ragazzi vedono sé stessi e gli altri.
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