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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Ilse Koch è un potente pezzo drammaturgico per attrici che cercano ruoli ambigui, disturbanti e storicamente carichi. Tratto da un confronto immaginario con Ed Gein, questo testo permette di esplorare la negazione della colpa, il meccanismo del capro espiatorio e la manipolazione emotiva. Ideale per audizioni teatrali o cinematografiche che richiedono profondità psicologica e controllo vocale. Scopri come interpretarlo al meglio, con guida pratica e analisi dettagliata.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
La serie Monster: La storia di Ed Gein ricostruisce in otto episodi una versione romanzata, disturbante e profondamente simbolica della vita del celebre assassino del Wisconsin, Ed Gein. Ambientata tra realtà e delirio, la serie ci immerge nella mente frammentata di un uomo dominato dalla figura opprimente della madre, dalla repressione sessuale, e da un’inquietante fascinazione per la morte.
Ed è un uomo solitario e visibilmente disturbato, che cresce in una casa isolata sotto il controllo assoluto della madre Augusta, ossessionata dalla purezza e dal peccato. A partire da un ambiente familiare malato e asfissiante, la serie ci accompagna attraverso le tappe più cupe della sua discesa: dall’omicidio del fratello alla necrofilia, passando per la realizzazione di oggetti con pelle umana, fino agli omicidi veri e propri.
Accanto a lui si muove Adeline, personaggio ambiguo e affascinato dal macabro, e sullo sfondo compaiono figure storiche come Alfred Hitchcock, Anthony Perkins, Ilse Koch e Christine Jorgensen, tutte intrecciate nel racconto come riflessi culturali delle ossessioni e dei traumi di Ed.
Tra realtà storica, suggestioni cinematografiche e viaggi mentali, la serie disegna un ritratto inquietante e doloroso di un uomo spezzato, trasformato suo malgrado in un’icona del male e in una fonte d’ispirazione per il cinema dell’orrore.
Menzogne! Non è affatto vero. Non avrei del male a una mosca. Gli Ebrei sono diversi, con loro era necessario. Hanno tradito il mio popolo, hanno distrutto il mio paese, hanno distrutto il mio Fuhrer. L’Hanno trasformato in un mostro, e poi hanno trasformato anche me in un mostro. Il mio Fuhrer, ricordo che lui recideva i rami dai pini, e faceva delle bellissime, meravigliose ghirlande. E corone, da mettere in testa. Me ne regalò una tempo fa. Quindi le chiedo: un mostro farebbe una cosa del genere? Mhm. Non cavalco certo un asino indossando solo della biancheria intima e mostrando i miei seni come Marlene Dietrich! Questo non lo farei mai, Signor Gein. Si, ho organizzato qualche festa, aiutavo mio marito. Ma le lampade di pelle con i tatuaggi, e le teste rimpicciolite, io non farei niente di tutto questo. Per loro sono solo un mostro: “la cagna di Buchenwald". Sono bugie, nient’altro. Creano e incolpano mostri, le persone. Perché hanno bisogno di biasimare qualcuno per ciò che l’essere umano è in grado di fare. Quindi prendono il mostro, lo catturano, lo espongono nella piazza del villaggio, e lo impiccano, perché tutti lo vedano, lo coprano di sputi e umiliazioni. Così tutto può tornare nella norma, e i deboli si rimettono al loro posto. E’ così che si prende il controllo della società. Ma io… io non sono un mostro. Chi le farebbe le cose di cui mi accusano a gran voce, mhm? Una cintura di capezzoli… lo chiedo a lei, signor Gein.
Menzogne! Non è affatto vero. Non avrei del male a una mosca. tono netto, rabbia repressa che esplode in un lampo; pausa dopo “menzogne” per caricare lo sdegno; lo sguardo è diretto, quasi accusatorio; voce ferma, senza incrinature.
Gli Ebrei sono diversi, con loro era necessario. tono giustificatorio, più calmo ma pieno di veleno ideologico; lo sguardo si abbassa brevemente, come a cercare conforto in un dogma personale.
Hanno tradito il mio popolo, hanno distrutto il mio paese, hanno distrutto il mio Fuhrer. progressivo crescendo; ritmo accelerato, quasi mantraico; enfasi su “il mio Fuhrer”, detto con devozione struggente.
L’hanno trasformato in un mostro, e poi hanno trasformato anche me in un mostro: tono vittimista, quasi tremante; pausa dopo “me in un mostro”, lo sguardo sfugge, cerca conferma in chi ascolta.
Il mio Fuhrer, ricordo che lui recideva i rami dai pini, e faceva delle bellissime, meravigliose ghirlande.: tono dolce, quasi infantile; evocazione nostalgica, con occhi lucidi; pausa poetica su “ghirlande”.
E corone, da mettere in testa. Me ne regalò una tempo fa.: voce più bassa, come una confidenza personale; accenno di sorriso, ma disturbante; si percepisce affetto perverso.
Quindi le chiedo: un mostro farebbe una cosa del genere? Mhm.: sguardo fisso; tono retorico, come a voler mettere l’interlocutore alle strette; pausa dopo “del genere”; il “mhm” va detto quasi come una sfida.
Non cavalco certo un asino indossando solo della biancheria intima e mostrando i miei seni come Marlene Dietrich!: tono indignato, orgoglio ferito; esplosione controllata, con voce sdegnata; citazione detta con sarcasmo tagliente.
Questo non lo farei mai, signor Gein. tono misurato, ma ancora pungente; pausa prima di “signor Gein”, per dare enfasi alla presa di distanza.
Sì, ho organizzato qualche festa, aiutavo mio marito.: minimizza, tono difensivo ma apparentemente sincero; ritmo leggermente accelerato, per deviare l’attenzione.
Ma le lampade di pelle con i tatuaggi, e le teste rimpicciolite, io non farei niente di tutto questo.: voce più ferma, quasi indignata dalla menzogna altrui; pausa dopo “tatuaggi”; sguardo dritto negli occhi.
Per loro sono solo un mostro: “la cagna di Buchenwald”.: pausa significativa prima della citazione; tono amaro, rabbia sotto la superficie; sguardo distante, ferito e velenoso.
Sono bugie, nient’altro.: tono secco, tagliente; pausa drammatica dopo “bugie”; sguardo che sfida chi ascolta.
Creano e incolpano mostri, le persone. Perché hanno bisogno di biasimare qualcuno per ciò che l’essere umano è in grado di fare.: tono filosofico, quasi didattico; ritmo controllato, enfatizza “l’essere umano”; sguardo in basso, come se stesse spiegando una verità superiore.
Quindi prendono il mostro, lo catturano, lo espongono nella piazza del villaggio, e lo impiccano, perché tutti lo vedano, lo coprano di sputi e umiliazioni.: tono crescente, drammatico ma lucido; immagini forti, con voce che incalza; pausa breve dopo “umiliazioni”, lascia sospeso il giudizio.
Così tutto può tornare nella norma, e i deboli si rimettono al loro posto. tono beffardo, cinico; voce bassa e tagliente, sguardo sprezzante; pausa prima di “i deboli”, per sottolineare il disprezzo.
E’ così che si prende il controllo della società.: voce grave, sentenziosa; sguardo diretto, come a condividere una verità nascosta; pausa decisa dopo la frase.
Ma io… io non sono un mostro.: tono supplichevole, ma trattenuto; doppia pausa dopo ogni “io”, per marcare il dissociazione; voce incrinata.
Chi le farebbe le cose di cui mi accusano a gran voce, mhm? Una cintura di capezzoli… lo chiedo a lei, signor Gein.: intonazione disturbante, come se sfidasse l’altro a negare; pausa breve prima di “una cintura di capezzoli”, detta con fredda lucidità; chiusa glaciale, sguardo penetrante.
Il monologo di Ilse Koch è una dichiarazione di negazione, vittimismo e autoassoluzione, pronunciata da una delle figure più infami del nazismo. Ilse si presenta come una vittima del sistema, piuttosto che come carnefice, rifiutando ogni accusa di crimini contro l’umanità. L’intero discorso si muove su un registro difensivo e manipolatorio, con toni che oscillano tra l’affetto nostalgico (per Hitler) e l’indignazione morale (verso la stampa e l’opinione pubblica).
Negazione della colpa: Ilse rifiuta di ammettere i crimini di cui è accusata.
Revisionismo storico: Rilegge le sue azioni e quelle del nazismo in chiave eroica o romantica. Vittimismo manipolatorio: Si dipinge come capro espiatorio, costruito dalla società per nascondere le proprie colpe. Disumanizzazione dell’altro: Giustifica le persecuzioni contro gli ebrei come “necessarie”. Distorsione della memoria: Utilizza ricordi personali (le ghirlande di Hitler) per umanizzare il male.
Il monologo è costruito per servire tre funzioni principali: difendere l’identità del personaggio: Ilse non si vede come carnefice, ma come donna perseguitata. Manipolare lo spettatore: sfrutta emozioni e immagini poetiche per confondere l’ascoltatore. Criticare la giustizia postbellica: sostiene che il mondo abbia bisogno di creare mostri per mantenere un equilibrio sociale.
Obiettivo del monologo
Ilse vuole riscrivere la propria storia. Si difende davanti a un interlocutore (Ed Gein) ma, più in generale, davanti al giudizio della società. Il suo scopo è convincere, negare, ricalibrare la narrazione attorno a sé.
Sottotesto
Ilse sa di essere considerata colpevole, ma non riesce ad accettarlo. Il suo monologo è una proiezione difensiva, in cui trasforma la propria disumanità in persecuzione ricevuta.
Azione minima
Rimanere immobile, quasi statuaria, mantenendo un contegno rigido e composto. L’azione è tutta interna: basta uno sguardo, una tensione nella mascella, un accento ironico o doloroso per comunicare la frattura tra ciò che dice e ciò che prova.
Dinamica vocale
Toni controllati: evita l’isteria o l’eccesso.
Punte di sarcasmo e amaro lirismo: la voce può aprirsi in momenti nostalgici (es. “ghirlande”), poi chiudersi rapidamente nel gelo dell’accusa.
Pausa strategica prima delle frasi più disturbanti, come “una cintura di capezzoli”.
Chiusa
La chiusa (“una cintura di capezzoli… lo chiedo a lei”) deve arrivare con apparente innocenza, quasi fosse una domanda sincera. È proprio questa contraddizione a rendere la scena agghiacciante ed efficace.
Errori comuni da evitare
Interpretazione caricaturale: Ilse non è solo una “cattiva”. È una donna che si crede vittima.
Esagerare l’orrore: la forza del testo sta nella sua normalizzazione dell’orrore.
Perdere la lucidità: anche quando è emotiva, Ilse è sempre lucida, fredda, strutturata.
Nel finale, ormai anziano e rinchiuso da anni in un ospedale psichiatrico, Ed Gein viene interpellato per aiutare le autorità a identificare un nuovo serial killer. Sorprendentemente, grazie alla sua “esperienza” e a una lettera ricevuta, fornisce informazioni cruciali per catturare un giovane assassino. Nessuno, però, si congratula con lui.
Ed si sente abbandonato, e precipita di nuovo nelle sue visioni.
Scopre poi di avere un cancro ai polmoni e gli restano solo due mesi di vita. In questo breve tempo, ripercorre mentalmente la sua storia, tra lettere, allucinazioni e confronti interiori.
Riceve anche la visita di Adeline, che, come lui, si porta dentro un abisso personale. Si salutano con affetto, riconoscendosi simili ma non uguali.
Nell’ultima scena, Ed muore. Lo vediamo in una visione finale, sereno e giovane, accanto a sua madre in veranda. Lei gli sussurra: “Solo una madre può amarti”. Un epitaffio perfetto per una serie che, fin dal primo fotogramma, ci ha parlato del bisogno d’amore e delle sue deformazioni più oscure.
Quanto dura il monologo di Ilse Koch? Il monologo ha una durata media di 1 minuto e 30 secondi, ma può variare leggermente a seconda delle pause e dell’interpretazione.
Che temi tratta? Il monologo affronta temi come la negazione della colpa, la costruzione del capro espiatorio, il revisionismo storico, il femminile mostruoso, e la memoria manipolata.
È adatto a un’audizione? Sì, è perfetto per un’audizione che richiede intensità emotiva, controllo e ambiguità morale. Indicato per casting teatrali o drammatici che cercano ruoli potenti e disturbanti.
Qual è la sua difficoltà interpretativa? Alta. Richiede grande equilibrio tra freddezza e intensità, e la capacità di rendere umana una figura storicamente demonizzata, senza giustificarla. Q
ual è l’obiettivo del personaggio? Ilse cerca di riscrivere la propria immagine pubblica: da mostro a vittima del sistema. Il suo obiettivo è manipolare la percezione, anche quella dello spettatore.
Registi: Ryan Murphy, Ian Brennan
Produttori: Ian Brennan
Cast principale: Ed Gein, (Charlie Hunnam), Augusta Gein, (Laurie Metcalf), Adeline Watkins (Suzanna Son), Alfred Hitchcock, (Tom Hollander)
Dove vederlo: Netflix
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