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~ LA REDAZIONE DI RC
Questo monologo di Jack Lucas (Jeff Bridges) è uno dei momenti più intensi del film, perché segna il punto di rottura del suo conflitto interiore. Dopo aver passato l'intera storia a fuggire dal senso di colpa, a negare il suo coinvolgimento nella tragedia di Parry e a cercare di ricostruire la sua vita con superficialità, Jack arriva a un momento di resa emotiva. Si trova accanto a un Parry in coma, ferito dopo un'aggressione, e riversa su di lui tutta la sua rabbia, il suo cinismo e il suo disperato bisogno di dare un senso alla propria esistenza.
A livello narrativo, questo monologo rappresenta il culmine del percorso di Jack. È una confessione rabbiosa, ma anche una richiesta d’aiuto mascherata. Cerca di convincere se stesso di non avere colpe, di non dover nulla a nessuno, ma ogni parola che pronuncia lo porta sempre più vicino alla verità: non sta facendo tutto questo per un senso di dovere, ma perché ormai Parry è diventato importante per lui.
MINUTAGGIO: fine film
RUOLO: Jack Lucas
ATTORE: Jeff Bridges
DOVE: Amazon Prime Video
INGLESE
Hi. It's Jack. How you doing? You're looking good. You do. Hey. You gonna wake up for me? Hm? This isn't over, is it? You think you'll make me do this, don't you? Well, forget it. No f*cking way. I don't feel responsible for you or for anybody. Everybody's got bad things that happen to them. I'm not God. I don't decide... People survive. Say something! Everything's been going great. Great. I'm gonna have my own cable talk show. Mm-hm. With an incredible equity, I might add. I've got an incredible... Incredibly f*cking gorgeous girlfriend. I'm living an incredible f*cking life. So don't lay there in your comfortable coma and think I'm gonna risk all that because I feel responsible for you. I'm not responsible! I don't feel guilty. You've got it easy. I'm out there, every fucking day trying to figure out what the hell I'm doing. No matter what I have, it feels like I have nothing. I don't feel sorry for you. It's easy being nuts. Try being me. So I won't do it. I don't believe in this shit. Don't give me that stuff about me being the one. There's nothing, nothing special about me. I control my own destiny, not some floating, overweight fairies. I decide what I'm gonna do, and I'm not gonna risk my life to get some f*cking cup for some f*cking vegetable! m*therf*cker! What am I supposed to do?! What am I supposed to do? Cup... All right, for sake of argument, let's say I do do this. Okay? If I do this, I want you to know it wouldn't be because I felt I had to or because I felt cursed or guilty or responsible. If I do this... Shit. If I do this, and I mean if... it's because I want to do this for you. That's all. For you. Don't go anywhere.
ITALIANO
Come va? Ti trovo bene. Ti sveglieresti un po' per me? Non ti dai per vinto, eh? Tu speri sempre di farmi fare quella follia, vero? Scordatelo, tanto non ce la fai. Io non mi sento responsabile con te o chiunque altro. Capita a tutti di avere guai più o meno grossi. Io... mica sono Dio. Non decido io chi deve sopravvivere. E di' qualcosa! Sta andando tutto bene, davvero. Avrò un mio talk show, con un contratto incredibile aggiungerei. Ho una ragazza incredibilmente bella e arrapante e sto facendo una vita incredibilmente piacevole. E tu te ne stai lì a crogiolarti nel tuo coma, a credere che io voglia lasciare tutto perché mi sento responsabile verso di te. Io non sono responsabile! Io non mi sento in colpa. Tu hai la vita facile. Io combatto ogni giorno, ogni fottuto giorno per riuscire a capire che cavolo sto facendo. Beh, in qualsiasi cosa io faccia sento che non ho niente... per cui non ti compatisco. È facile essere matto! Prova a essere me. E quindi non lo farò. Non ci credo in queste stronzate. E non mi raccontare quella storia che sono... l'eletto. Non c'è niente, niente di speciale in me. Lo controllo io il mio destino, non un... un branco di folletti rubicondi e grassottelli! Lo decido io cosa voglio fare e non intendo rischiare la mia vita per cercare un fottuto calice per un fottuto vegetale come te. Figlio di puttana! Ma che ca**o posso fare... che ca**o dovrei fare... che cazzo dovrei fare? Il calice... ok, d'accordo, ammesso e non concesso che io decida di prenderlo... ok, se lo faccio... devi sapere che non lo faccio perché sento di doverlo fare o perché mi sento maledetto o colpevole o responsabile... se io lo faccio... cazzo! Se io lo faccio, e comunque se, è perché... perché mi va di farlo... per te. Tutto qui. Per te. Non te ne andare.
La leggenda del Re Pescatore (The Fisher King, 1991) è un film diretto da Terry Gilliam con Robin Williams e Jeff Bridges. È una storia che mescola dramma e commedia con elementi di realismo magico, esplorando il senso di colpa, la redenzione e la ricerca della felicità. Jack Lucas (Jeff Bridges) è un cinico speaker radiofonico newyorkese, noto per il suo sarcasmo e la sua arroganza.
Un giorno, uno dei suoi ascoltatori interpreta in modo estremo le sue parole e compie una strage in un ristorante. Questo evento distrugge la carriera di Jack, che sprofonda nella depressione e nell’alcolismo. Tre anni dopo, mentre vaga per la città in preda alla disperazione, viene salvato da un senzatetto di nome Parry (Robin Williams), un uomo eccentrico e pieno di fantasia, convinto di essere un cavaliere in cerca del Santo Graal. Parry, un tempo professore di storia, ha perso tutto a causa della tragedia causata da Jack: sua moglie era tra le vittime della sparatoria. Il trauma lo ha spinto in un mondo immaginario, popolato da visioni di un terrificante Cavaliere Rosso.
Jack, inizialmente riluttante, si sente in dovere di aiutarlo e scopre che Parry è innamorato di Lydia (Amanda Plummer), una donna timida e impacciata. Con l’aiuto di Anne (Mercedes Ruehl), la sua compagna che gestisce un videonoleggio, Jack cerca di far incontrare Parry e Lydia, sperando di offrirgli una nuova possibilità di felicità. Ma la redenzione di Jack passa anche attraverso il mito del Santo Graal: Parry crede che il Graal sia nascosto in una residenza privata a New York e convince Jack ad aiutarlo a recuperarlo. Nel frattempo, Parry deve affrontare i suoi demoni interiori, rappresentati dal Cavaliere Rosso che lo perseguita.
Il monologo è costruito su una serie di contraddizioni, che riflettono il conflitto interiore di Jack. Jack inizia con sarcasmo e aggressività, tentando di mantenere il suo atteggiamento cinico: "Tu speri sempre di farmi fare quella follia, vero? Scordatelo, tanto non ce la fai." Cerca disperatamente di convincersi di essere ancora l’uomo egoista e distaccato di un tempo, ma è chiaro che sta parlando più a se stesso che a Parry. Quando dice: "Io non mi sento responsabile con te o chiunque altro. Capita a tutti di avere guai più o meno grossi. Io... mica sono Dio." sta cercando di scrollarsi di dosso il peso della colpa. Non vuole ammettere che il suo cinismo ha avuto conseguenze reali sulla vita di altre persone. Il riferimento a Dio sottolinea il tema del destino e della redenzione: Jack rifiuta l’idea di essere un prescelto, un eletto, proprio come il Re Pescatore nella storia raccontata da Parry.
"Sta andando tutto bene, davvero. Avrò un mio talk show, con un contratto incredibile aggiungerei. Ho una ragazza incredibilmente bella e arrapante e sto facendo una vita incredibilmente piacevole." Qui il linguaggio tradisce il suo vero stato d’animo. L’enfasi esagerata sul suo successo ("incredibile", "arrapante", "piacevole") suona forzata, come se volesse convincere sé stesso che tutto vada bene, quando in realtà si sente vuoto.
Quando esplode con: "È facile essere matto! Prova a essere me." Jack mostra la sua sofferenza più autentica. Qui c’è il cuore del monologo: Parry, con tutta la sua follia, è libero dal peso del cinismo e della paura, mentre Jack, che si considera razionale e padrone del proprio destino, è in realtà intrappolato in una gabbia di solitudine e insoddisfazione.
La parte finale segna il punto di svolta. Dopo aver urlato tutto il suo disprezzo per la missione di trovare il Graal, Jack crolla e ammette: “Che ca**o dovrei fare? Il calice... ok, d'accordo, ammesso e non concesso che io decida di prenderlo... ok, se lo faccio... devi sapere che non lo faccio perché sento di doverlo fare o perché mi sento maledetto o colpevole o responsabile..."
Questo passaggio è fondamentale. Jack ha passato tutto il film a rifiutare ogni legame con Parry, a negare ogni responsabilità, ma qui si rende conto che non si tratta più di colpa o dovere: lo fa perché gli importa davvero. Il cinismo crolla e lascia spazio alla vulnerabilità. "Se io lo faccio, e comunque se, è perché... perché mi va di farlo... per te. Tutto qui. Per te. Non te ne andare.".Questa è la vera ammissione di Jack. Non è il senso di colpa a spingerlo a cercare il Graal, ma un sentimento sincero verso Parry. L’uomo che un tempo considerava solo un fastidio, un matto da cui prendere le distanze, ora è diventato qualcuno per cui è disposto a rischiare. Il suo pianto alla fine è la conferma di questa trasformazione: Jack ha finalmente abbattuto il muro che lo separava dagli altri.
Questo monologo segna il momento in cui Jack smette di scappare e accetta il cambiamento. L’intero film lo ha visto oscillare tra cinismo e compassione, tra il desiderio di essere indifferente e la consapevolezza di non poterlo più essere. Qui, di fronte a Parry in coma, capisce che la sua vita non può essere solo un accumulo di successi materiali e relazioni superficiali. Il suo viaggio non è solo la ricerca del Graal, ma la riscoperta di un senso di umanità che aveva perso. Alla fine, Jack diventa il giullare della storia raccontata da Parry: è lui che, con un semplice gesto, è in grado di guarire il Re Pescatore. E in quel momento, guarisce anche se stesso.
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