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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Jerry Brudos in Monster: la vera storia di Ed Gein è una delle scene più disturbanti e rivelatrici della serie. In pochi minuti, l’assassino racconta con calma agghiacciante le proprie pulsioni sessuali e il trauma infantile che lo ha trasformato in un feticista omicida. È un testo estremo, ma perfetto per attori che vogliono esplorare la psicologia del male con precisione e controllo emotivo. Un esercizio di recitazione sulla freddezza, sulla vergogna e sulla seduzione del potere.
Scheda del monologo
Contesto del film
Testo del monologo (estratto+note)
Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa
Come prepararlo per un'audizione
Finale del film (con spoiler)
FAQ
Credits e dove trovarlo
Durata: 3 minuti
Dove vederlo: Netflix
La serie Monster: La storia di Ed Gein ricostruisce in otto episodi una versione romanzata, disturbante e profondamente simbolica della vita del celebre assassino del Wisconsin, Ed Gein. Ambientata tra realtà e delirio, la serie ci immerge nella mente frammentata di un uomo dominato dalla figura opprimente della madre, dalla repressione sessuale, e da un’inquietante fascinazione per la morte.
Ed è un uomo solitario e visibilmente disturbato, che cresce in una casa isolata sotto il controllo assoluto della madre Augusta, ossessionata dalla purezza e dal peccato. A partire da un ambiente familiare malato e asfissiante, la serie ci accompagna attraverso le tappe più cupe della sua discesa: dall’omicidio del fratello alla necrofilia, passando per la realizzazione di oggetti con pelle umana, fino agli omicidi veri e propri.
Accanto a lui si muove Adeline, personaggio ambiguo e affascinato dal macabro, e sullo sfondo compaiono figure storiche come Alfred Hitchcock, Anthony Perkins, Ilse Koch e Christine Jorgensen, tutte intrecciate nel racconto come riflessi culturali delle ossessioni e dei traumi di Ed.
Tra realtà storica, suggestioni cinematografiche e viaggi mentali, la serie disegna un ritratto inquietante e doloroso di un uomo spezzato, trasformato suo malgrado in un’icona del male e in una fonte d’ispirazione per il cinema dell’orrore.
Oh, pivello. Beh, l’ho fatto anche io, dopo aver saputo che anche quel tizio del Wisconsin aveva lo stesso modus operandi, intendo. Mhm. Si, Ed Gein. Io ho iniziato quando ero giovane. Mia madre vide che indossavo un paio dei suoi tacchi alti, presa dalla furia mi riempì di botte (Ride). Ah, e io venivo nelle mutande, lei notava le macchie e ricominciava a darmele di santa ragione. Mi intrufolavo in casa di una nostra vicina, le rubavo le mutandine, le odoravo, le indossavo. Pulite, sporche.. le annusavo. Ma la vera ossessione erano le scarpe. Coi tacchi alti, rosse… mi fermavo solo quando le avevo riempite. Credetemi ci vogliono giorni a riempire di sperma le scarpe col tacco. Voi le avete mai viste per curiosità. Avete mai visto delle scarpe rosso fuoco, con i tacchi alti 10 centimetri, taglia quarantuno e mezzo, piene di sperma fino all’orlo? Solo la punta, ovviamente. Perché, beh, il tacco è più alto, giusto? E sono inclinate. Ma potete riempire quasi completamente quelle più basse, tutta la scarpa, punta e tallone, con lo sperma. Ci vuole ancora di più, però.
“Oh, pivello. Beh, l’ho fatto anche io, dopo aver saputo che anche quel tizio del Wisconsin aveva lo stesso modus operandi, intendo. Mhm. Si, Ed Gein.” tono di superiorità rilassata; micro-sorriso compiaciuto su “pivello”; leggera pausa su “Ed Gein”, come se pronunciare il nome desse prestigio.
“Io ho iniziato quando ero giovane. Mia madre vide che indossavo un paio dei suoi tacchi alti, presa dalla furia mi riempì di botte (Ride).” risata forzata, quasi sgradevole; voce più bassa sul ricordo della madre, tono tra confessione e compiacimento.
“Ah, e io venivo nelle mutande, lei notava le macchie e ricominciava a darmele di santa ragione.” tono casuale, come se raccontasse un aneddoto banale; l’orrore deriva proprio dalla normalizzazione del gesto.
“Mi intrufolavo in casa di una nostra vicina, le rubavo le mutandine, le odoravo, le indossavo. Pulite, sporche… le annusavo.” ritmo più lento; intonazione quasi sensuale ma disturbante; la ripetizione di “le annusavo” va detta con voce bassa e compiaciuta.
“Ma la vera ossessione erano le scarpe. Coi tacchi alti, rosse… mi fermavo solo quando le avevo riempite.” tono rivelatore, quasi poetico; rallenta su “rosse”, allungando la parola; poi un leggero crescendo su “riempite”.
“Credetemi ci vogliono giorni a riempire di sperma le scarpe col tacco.” tono finto-didattico, come se volesse insegnare qualcosa di tecnico; inserire una micro pausa su “credetemi”.
“Voi le avete mai viste per curiosità. Avete mai visto delle scarpe rosso fuoco, con i tacchi alti 10 centimetri, taglia quarantuno e mezzo, piene di sperma fino all’orlo?” tono interrogativo ma non realmente in attesa di risposta; domanda retorica carica di compiacimento e provocazione.
“Solo la punta, ovviamente. Perché, beh, il tacco è più alto, giusto? E sono inclinate.” tono sarcastico, quasi amichevole; usa una voce morbida ma fredda.
“Ma potete riempire quasi completamente quelle più basse, tutta la scarpa, punta e tallone, con lo sperma. Ci vuole ancora di più, però.” chiusura morbosa; rallenta il ritmo finale, voce che scende di tono; pausa lunga prima dell’ultima frase (“ci vuole ancora di più, però”).
Il monologo di Jerry Brudos rappresenta una delle sequenze più disturbanti e rivelatrici dell’intera serie. Attraverso il racconto crudo delle proprie pulsioni sessuali e della sua ossessione per le scarpe femminili, il personaggio svela la connessione psicologica tra violenza, feticismo e desiderio di potere. La scena è un ritratto di un uomo completamente deumanizzato, ma che mantiene — e anzi ostenta — la lucidità di un narratore che crede di conoscere la verità sull’animo umano.
Brudos racconta il suo desiderio ossessivo per le scarpe e gli indumenti femminili, ma lo fa con un tono metodico, quasi scientifico. L’oggetto sessuale — la scarpa — diventa strumento di controllo, un modo per dominare simbolicamente il corpo femminile. Il momento in cui la madre lo punisce per aver indossato i suoi tacchi rappresenta la nascita del mostro. Nel testo, la violenza fisica e l’eccitazione sessuale coincidono, creando un legame indissolubile tra colpa e desiderio. Brudos non prova rimorso: ha imparato a confondere la vergogna con il piacere.
Citare “quel tizio del Wisconsin” non è solo un omaggio, ma una dichiarazione d’identità.
Brudos non si percepisce come deviante, ma come parte di una stirpe di geni oscuri, con Gein come “padre spirituale”. Il monologo stabilisce un filo diretto tra i serial killer americani e la loro costruzione mitologica nei media. La descrizione dettagliata delle scarpe, del colore, della misura e della consistenza dei liquidi corporei non serve allo shock gratuito: è un atto performativo di autoaffermazione. Brudos cerca attenzione, vuole essere ascoltato.
Obiettivo del monologo
Brudos sta esibendo. Il suo obiettivo non è pentirsi, ma suscitare ammirazione e controllo sugli altri — come se stesse dimostrando di essere “più intelligente, più libero e più sincero” di chi lo ascolta.
Sottotesto
Il sottotesto di questo monologo ruota intorno a una madre che punisce e un figlio che cerca di riconquistare il controllo.
Azione minima
Spalle rilassate, mani ferme o posate sul tavolo. Ogni movimento deve sembrare calcolato, come un rituale. Eventuali risate o micro-movimenti devono apparire spontanei ma trattenuti, come se il personaggio stesse godendo nel ricordare.
Dinamica vocale
Il lavoro vocale è fondamentale. Inizia con tono calmo, quasi colloquiale, come un uomo che chiacchiera con un amico. Poi lascia che la voce scivoli verso un registro più basso e confidenziale, come un segreto sussurrato. Usa pause lunghe dopo le parole chiave (“sporche… le annusavo.” / “rosse… mi fermavo solo quando le avevo riempite”). Evita ogni esplosione di rabbia o eccitazione: il brivido deve stare nel controllo, non nel volume.
Chiusa
La chiusa (“Ci vuole ancora di più, però”) va detta con un tono esausto ma soddisfatto, come se avesse appena concluso un rito.
Errori comuni
Recitare con disgusto o rabbia. L’attore non deve giudicare Brudos: il potere del testo è proprio nella sua normalità disturbante.
Usare un tono eccessivamente folle o ironico. L’ironia qui uccide la verità del personaggio.
Mancanza di ritmo. Le pause devono essere vive, non meccaniche. Ogni silenzio deve sembrare un pensiero, non un vuoto.
Movimenti nervosi. Un corpo troppo agitato distrugge il senso di controllo e freddezza.
Nel finale, ormai anziano e rinchiuso da anni in un ospedale psichiatrico, Ed Gein viene interpellato per aiutare le autorità a identificare un nuovo serial killer. Sorprendentemente, grazie alla sua “esperienza” e a una lettera ricevuta, fornisce informazioni cruciali per catturare un giovane assassino. Nessuno, però, si congratula con lui.
Ed si sente abbandonato, e precipita di nuovo nelle sue visioni.
Scopre poi di avere un cancro ai polmoni e gli restano solo due mesi di vita. In questo breve tempo, ripercorre mentalmente la sua storia, tra lettere, allucinazioni e confronti interiori.
Riceve anche la visita di Adeline, che, come lui, si porta dentro un abisso personale. Si salutano con affetto, riconoscendosi simili ma non uguali.
Nell’ultima scena, Ed muore. Lo vediamo in una visione finale, sereno e giovane, accanto a sua madre in veranda. Lei gli sussurra: “Solo una madre può amarti”. Un epitaffio perfetto per una serie che, fin dal primo fotogramma, ci ha parlato del bisogno d’amore e delle sue deformazioni più oscure.
Quanto dura il monologo di Jerry Brudos? Il monologo ha una durata media di 2 minuti e 30 secondi, a seconda del ritmo dell’attore e delle pause drammatiche utilizzate.
Che temi tratta il monologo? Il monologo esplora ossessione sessuale, feticismo, controllo materno e distorsione del desiderio.
Che tipo di personaggio è Jerry Brudos? Brudos è un serial killer narcisista e manipolatore, con un linguaggio crudo e un tono disturbantemente lucido. Rappresenta l’incarnazione del male normalizzato, capace di affascinare e disgustare nello stesso momento.
Qual è la difficoltà principale del monologo? La difficoltà sta nel mantenere il controllo: il testo è estremo, ma va recitato con freddezza, lucidità e ironia sottile, mai sopra le righe. L’attore deve bilanciare distacco e coinvolgimento, evitando la caricatura.
Registi: Ryan Murphy, Ian Brennan
Produttori: Ian Brennan
Cast principale: Ed Gein, (Charlie Hunnam), Augusta Gein, (Laurie Metcalf), Adeline Watkins (Suzanna Son), Alfred Hitchcock, (Tom Hollander)
Dove vederlo: Netflix
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