Monologo Jon Landau – Analisi e guida | Springsteen: Liberami dal nulla

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~ LA REDAZIONE DI RC

Analisi del monologo di Jon da "Springsteen - Liberami dal nulla"

Il monologo di Jon Landau in Springsteen – Liberami dal nulla è un esempio potente di recitazione sottile e contenuta. Jeremy Strong lo interpreta con precisione chirurgica, raccontando il difficile equilibrio tra istinto artistico e industria musicale. 

  • Scheda del monologo

  • Contesto del film

  • Testo del monologo (estratto+note)

  • Analisi: temi, sottotesto e funzione narrativa

  • Come prepararlo per un'audizione

  • Finale del film (con spoiler)

  • FAQ

  • Credits e dove trovarlo

Scheda del monologo

Film: Springsteen - Liberami dal nulla (2025)
Personaggio: Jon
Attore: Jeremy Strong
Minutaggio: 1:06:00-1:8:00

Durata: circa 2 minuti

Difficoltà Alta (sotto testo + ritmo interno + equilibrio tra ragione e frustrazione)

Emozioni chiave Frustrazione controllata, Tenerezza,  Speranza, Senso di responsabilità

Contesto ideale per un attore Dialoghi tra creativi e produttori (cinema, musica, pubblicità), Situazioni in cui si cerca di mediare tra cuore e mercato, Scenari di leadership “gentile”

Dove vederlo: Al cinema!

Contesto del film: "Springsteen - Liberami dal nulla"

1981, New Jersey. Bruce Springsteen ha appena chiuso il fortunatissimo The River Tour, e il mondo sembra pronto ad accoglierlo come una rockstar di livello planetario. Ma lui, proprio adesso, decide di tirare il freno. È in crisi. Sente che sta per perdere qualcosa di fondamentale: il legame con le sue radici, con quella vita semplice, borderline, da figli di operai e disadattati che lui ha sempre raccontato meglio di chiunque altro.

In questo momento delicatissimo, tra pressione commerciale e un malessere personale che lo isola e lo schiaccia, Bruce (interpretato da un sorprendente Jeremy Allen White) si ritira in una casa semi-isolata a Colts Neck, in New Jersey. Porta con sé solo un registratore Teac a quattro piste, la sua chitarra, qualche foglio stropicciato e le ombre di una vita piena di ferite mai chiuse.

La casa discografica lo incalza: Born in the USA è già in cantiere, potrebbe essere un disco da milioni di copie. Ma Bruce ha in testa tutt’altro. Sta scrivendo storie che nessuno si aspetta. Uomini condannati a morte, rapinatori, vagabondi, gente che ha perso tutto e non sa nemmeno più dove cercarsi. Canzoni senza cori, senza ritornelli rassicuranti, senza futuro. Così nasce Nebraska, il disco più spoglio e cupo della sua carriera.

Al suo fianco, quasi unico interlocutore, c’è Jon Landau (Jeremy Strong), il manager e produttore che ha sempre creduto nel suo talento e nella sua integrità artistica. Il film racconta soprattutto il rapporto tra questi due uomini: uno è il faro creativo, l’altro il timoniere che cerca di tenere la barca in rotta. E tra loro c’è una fiducia muta, spesso tesa, ma reale.

Tra i flashback in bianco e nero dell'infanzia (con Stephen Graham nel ruolo del padre violento e schivo), le sessioni casalinghe di registrazione, i dialoghi sfiancanti con la label, e qualche tentativo fallito di relazione umana (come quella con Faye, madre single interpretata da Odessa Young), Springsteen – Liberami dal nulla mette a fuoco l’anima di un artista che sceglie il buio invece della ribalta.

Testo del monologo + note

Ok, stammi a sentire, ascoltami un secondo. Ora… ora… accantoniamo quella cassetta. Ok? Ci torneremo su. Non andrà da nessuna parte, e neanche noi. Abbiamo un incredibile take di Cover me, che fortunatamente non abbiamo dato a Donna Summer. Abbiamo Glory Days, I’m going down, e una strepitosa I’m on fire; e non scordare, abbiamo “Born in the USA”. Sai che cosa ha detto Hiving di Born in the USA? E’ rimasto sbalordito. Sbalordito! Ha detto che l’album è pronto. Con Born in the USA non importa a nessuno degli altri 10 brani. Con quella canzone in apertura, il resto non conta. Di questo passo, l’album sarà missato e masterizzato in pochissimo tempo, forse un mese. E’ un record per noi. E questa roba è… è un’evoluzione, Bruce. 

“Ok, stammi a sentire, ascoltami un secondo.” tono calmo ma fermo; lo sguardo va cercato, come per dire “ti prego, non distogliere”; 

“Ora… ora… accantoniamo quella cassetta. Ok?”: ripetizione esitante di “ora” — cerca il momento giusto per dire una cosa che sa difficile; pausa dopo “cassette”; voce più morbida su “ok?”, quasi implorante, come a chiedere una tregua.

“Ci torneremo su.”: tono rassicurante; abbassa leggermente la voce per togliere peso alla proposta precedente; è una carezza verbale, serve per non far sentire Bruce attaccato.

“Non andrà da nessuna parte, e neanche noi.”: tono diretto, sincero, quasi duro; breve pausa tra le due frasi, la seconda parte è una verità condivisa, non un’accusa; 

“Abbiamo un incredibile take di Cover Me, che fortunatamente non abbiamo dato a Donna Summer.”: il tono si alza leggermente — è l’ingresso nella “proposta alternativa”; 

“Abbiamo Glory Days, I’m going down, e una strepitosa I’m on fire.”: elenca con ritmo crescente, come a dire “guarda che razza di materiale hai”; su “strepitosa” una punta di entusiasmo.

“E non scordare, abbiamo Born in the USA.”: piccola pausa prima di dirlo; tono quasi solenne; lo sguardo si fissa su Bruce come a dire: “non puoi ignorare cosa hai tra le mani”.

“Sai che cosa ha detto Hiving di Born in the USA? È rimasto sbalordito. Sbalordito!”: tono più veloce, per creare slancio; ripetizione di “sbalordito” con enfasi sincera.

“Ha detto che l’album è pronto.”: pausa breve prima di dirlo, come se si trattasse di una verità troppo netta; tono quasi professionale, come se leggesse un verdetto.

“Con Born in the USA non importa a nessuno degli altri 10 brani.”: tono pacato ma inevitabile; non c’è giudizio, solo una constatazione; sguardo stabile, voce stabile.

“Con quella canzone in apertura, il resto non conta.”: ritmo lento, sottolinea la forza del singolo; il tono è calcolato, si prende lo spazio; deve far capire che è un punto di svolta.

“Di questo passo, l’album sarà missato e masterizzato in pochissimo tempo, forse un mese.”: tono più pratico, quasi operativo; è Jon che cerca di portare Bruce con i piedi per terra — il linguaggio si fa concreto, discografico.

“È un record per noi.”: pausa prima, come per dare peso al dato; voce più calda.

“E questa roba è… è un’evoluzione, Bruce.”: micro-pausa emotiva dopo “è…” — come se cercasse le parole giuste; tono profondo, sincero.

Analisi del monologo di Jon da "Springsteen - Liberami dal nulla"

Nel cuore di Springsteen – Liberami dal nulla, il monologo di Jon Landau (Jeremy Strong) rappresenta il punto di collisione tra arte e industria, tra la verità personale di Bruce e le esigenze del mercato discografico. La scena è ambientata dopo settimane di tentativi frustranti per “tirare fuori” la musica dalla cassetta originale di Nebraska, registrata da Bruce in solitudine con un quattro piste. Landau, stremato ma ancora lucido, prova un’ultima volta a spingere l’artista verso una direzione più accessibile, più “condivisibile”.

“Ok, stammi a sentire, ascoltami un secondo.” L’apertura è intima, quasi familiare. Landau parla come un amico che cerca di riportare Bruce alla realtà. Non impone, ma cerca attenzione. La voce è ferma, non aggressiva: è un invito alla fiducia. “Ora… ora… accantoniamo quella cassetta. Ok? Ci torneremo su.” Il ritmo rallenta, con le ripetizioni di “ora” che mostrano l’esitazione del produttore. La pausa dopo “cassette” segna la difficoltà del momento: sa che sta toccando un nervo scoperto. Il “ci torneremo su” è una carezza verbale — non chiude la porta, ma chiede tempo.

“Non andrà da nessuna parte, e neanche noi.” Qui entra la verità nuda. È una frase che pesa. La pronuncia di Strong va asciugata, senza rabbia: il sottotesto è “così restiamo fermi entrambi”. È il punto di svolta emotivo del monologo. “Abbiamo un incredibile take di Cover Me, che fortunatamente non abbiamo dato a Donna Summer.” L’atmosfera cambia: Landau passa dalla frustrazione al tentativo di mostrare le opportunità. Jeremy Strong alleggerisce leggermente il tono, quasi a riaccendere una scintilla di entusiasmo. Il riferimento a Donna Summer inserisce un tocco ironico e concreto: è il linguaggio di chi vive l’industria.

“Abbiamo Glory Days, I’m Going Down, e una strepitosa I’m on Fire.” Qui il ritmo si alza. La voce si fa più convinta, il respiro più rapido. È il momento di “persuasione creativa”: Landau elenca le possibilità per ricordare a Bruce che la sua forza è ancora viva. Ogni titolo è come un colpo alla corazza di depressione che circonda il protagonista. “E non scordare, abbiamo Born in the USA.” Pausa. Tono basso, ma solenne. È la carta più forte. Strong pronuncia la frase come un richiamo alla grandezza di Bruce, non come un dato commerciale. È un invito a riconoscere sé stesso.

“Sai che cosa ha detto Hiving di Born in the USA? È rimasto sbalordito. Sbalordito!” La ripetizione di “sbalordito” serve per creare ritmo e slancio. Landau, pur mantenendo il controllo, lascia emergere l’entusiasmo del produttore che vede in quella canzone il possibile riscatto dell’artista. Jeremy Strong lo interpreta con un’energia contenuta, quasi contagiosa, senza mai scivolare nel marketing “Ha detto che l’album è pronto.” Tono secco, da professionista. È la voce della realtà che parla. In questa battuta la tensione cresce: Landau sa che Bruce non vuole sentirselo dire, ma deve dirglielo. “Con Born in the USA non importa a nessuno degli altri dieci brani. Con quella canzone in apertura, il resto non conta.” Qui la voce si fa più ferma, quasi paterna. È un dato di fatto, ma suona come una resa. Strong deve far sentire la fatica del compromesso: sa che dire una cosa simile davanti a un artista come Bruce è come colpirlo al cuore. La sincerità vince sulla diplomazia.

“Di questo passo, l’album sarà missato e masterizzato in pochissimo tempo, forse un mese.” La voce si fa operativa, quasi pragmatica. È un uomo che cerca di dare direzione, di rimettere in moto una macchina ferma. Il tono qui deve essere pratico, come se parlasse a un collega di lavoro, non a un’icona. “E questa roba è… è un’evoluzione, Bruce.” La chiusura è la parte più delicata. La ripetizione di “è…” tradisce l’emozione, la cura. L’attore deve lasciare che la voce si incrini leggermente, come se la parola “evoluzione” fosse difficile da pronunciare. È il momento in cui Landau mostra di credere davvero nel suo artista, nonostante la distanza che li separa. Questo discorso racchiude il conflitto centrale del film: la tensione tra l’autenticità interiore e la necessità di andare avanti. Landau non è il “nemico” di Bruce. È lo specchio razionale di un uomo che sta affogando nella propria sensibilità. Jeremy Strong lo interpreta con un equilibrio magistrale: non è un produttore calcolatore, ma un testimone della fatica di chi crea.

Come preparare il monologo di Jon da "Springsteen - Liberami dal nulla"

STEP PRATICI PER IL MONOLOGO ED ERRORI DA EVITARE

Obiettivo del monologo: Convincere Bruce a mettere da parte l’album “Nebraska” per concentrarsi su un disco più accessibile, già pronto e potenzialmente di successo (Born in the USA). Ma sotto c’è un tentativo disperato di recuperare il contatto con un amico che sta affondando.

Sottotesto: “Non ti sto tradendo. Sto cercando di riportarti indietro, prima che sia troppo tardi.”

Azione minima: Rassicura. Propone. Coinvolge. Tiene il controllo. Deve guidare con calma, come se stesse cercando di accompagnare Bruce fuori da una stanza chiusa.

Dinamica vocale

Sottovoce all’inizio: “Ok, stammi a sentire…” → tono intimo, quasi paterno.
Leggera accelerazione nell’elenco delle canzoni → slancio, energia trattenuta.
Tono fermo su “Con Born in the USA non importa a nessuno degli altri brani…” → punto di scontro.
Chiusa morbida, voce che si abbassa su “è un’evoluzione, Bruce” → momento vulnerabile.

Chiusa: “E questa roba è… è un’evoluzione, Bruce.” Questo è il nucleo emotivo del monologo. Va trattato senza retorica, senza retroscena epici.

Errori comuni


Recitare il monologo come una trattativa a muso duro. Landau accompagna. Se vai troppo in spinta, perdi tutta la tensione interna del pezzo.

Dimenticare il sottotesto affettivo. Questo non è solo lavoro. È anche affetto, paura, urgenza personale. Toglierlo rende il monologo piatto.

Trasformare l’elenco delle canzoni in un momento promozionale. Non stai “vendendo l’album”, stai ricordando a Bruce chi è. Ogni titolo è una memoria condivisa, non un jingle.

Ignorare i silenzi. Le pause sono parte integrante della scena. Ogni esitazione comunica quanto sia difficile dire certe cose.

Il finale di "Springsteen - Liberami dal nulla"(Spoiler)

Il cuore del film ruota attorno a una decisione radicale: Springsteen vuole che le canzoni di Nebraska vengano pubblicate esattamente così come le ha registrate, in presa diretta, su una cassetta priva di custodia. Niente arrangiamenti, niente band, niente tournée. Nessun singolo radiofonico. E nemmeno la sua faccia sulla copertina.

Questo diventa il conflitto centrale dell’ultima parte del film: un artista che combatte per difendere la propria visione, anche se questa visione è fatta di crepe, rumore di fondo e silenzi pesanti come il piombo. Landau lo sostiene, pur con mille difficoltà. La CBS tentenna. Alla fine, però, l’album esce così com’è. Una scelta controcorrente che nel tempo si rivelerà fondamentale per la carriera di Springsteen, e per il modo in cui la musica popolare americana verrà percepita.

FAQ sul monologo di Jon da "Springsteen - Liberami dal nulla"

  • Quanto dura il monologo? La versione integrale del monologo dura circa 1 minuto e 45 secondi, ma può essere adattata facilmente per una performance da 60-90 secondi.

  • Di cosa parla il monologo? Il monologo affronta il conflitto tra autenticità artistica e successo commerciale. Jon Landau, produttore e mentore, cerca di convincere Bruce Springsteen a sospendere l’uscita del disco Nebraska e concentrarsi su Born in the USA.

  • Che età di casting copre? Il monologo funziona bene per attori tra i 35 e i 55 anni.

  • Che tipo di recitazione richiede? Recitazione realistica e misurata, con forti sfumature interiori.

Credits e dove vederlo

Registi: Scott Cooper

Sceneggiatura: Scott Cooper
Produttori: Scott Cooper, Ellen Goldsmith-Vein, Eric Robinson, Scott Stuber

Cast principale: Jeremy Allen White (Bruce Springsteen); Matthew Anthony Pellicano (Bruce Springsteen da bambino); Jeremy Strong (Jon Landau); Paul Walter Hauser (Mike Batlan); Stephen Graham (Douglas Springsteen); Odessa Young (Faye)

Dove vederlo: Al cinema!

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