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~ LA REDAZIONE DI RC
Interpretare il monologo di Adele in Un giorno come tanti è una sfida che richiede sensibilità e profonda empatia, ci si addentra in uno dei momenti più intimi e dolorosi del personaggio. Adele racconta con toni misurati e pacati la serie di aborti spontanei che hanno devastato la sua vita, portandola a una sofferenza muta e a un isolamento emotivo. Per un’attrice, dare vita a questo racconto significa anche svelare l’intensità di emozioni che rimangono nascoste tra le parole, trasmettendo il peso di una sofferenza che l’ha intrappolata nel silenzio.
MINUTAGGIO: 1:14:12-1:19:25
RUOLO: Adele
ATTRICE: Kate Winslet
DOVE: Netflix
INGLESE
After Henry was born, my body just forgot how. The first time it happened, I woke up with these horrible cramps. I felt something slip from me. It was tiny. If I could have just held tighter. My doctor said that this was more common than we thought. I was young We could try again. But two more times... I'd start feeling the nausea and the swelling. We'd celebrate. Began setting up the nursery. Only to wake up feeling betrayed by my own body. By my fourth time, we knew better than to celebrate. We knew better than to tell our friends. Or think of baby names. We hadn't even packed a suitcase for the hospital when the contractions started. We'd made it. Maybe they just took pity on me. They'd wrapped her in a pink blanket and put on a diaper. The only one she'd ever wean. As I stared at this beautiful lime girl, her tong eyelashes, her daddy's nose, my chin, the little mouth that would never take a breath, I knew there would be no further conversations. No more attempts. We were done. The world had become a cruel place. I stopped going for walks. I couldn't leave the house. I couldn't even open a window at night. Eventually, when Gerald left, I understood. I'd become a prisoner.
ITALIANO
Dopo la nascita di Henry, il mio corpo non ha più accettato la gravidanza. La prima volta che è successo mi sono svegliata con dei crampi terribili. Ho sentito qualcosa uscirmi da dentro, qualcosa di piccolo. Il mio corpo non riusciva a tenerlo. Il medico disse che era più comune di quanto pensassimo. Che ero giovane. Che potevamo provarci di nuovo. Per altre due volte sentii la nausea e vidi un rigonfiamento. Festeggiammo. E preparammo la camera del neonato. Ma venni tradita dal mio stesso corpo. Alla quarta volta, sapevamo che non c'era niente da festeggiare, che era meglio non dirlo agli amici, che era meglio non pensare a un nome. Non avevo neanche preparato la borsa per l'ospedale quando cominciarono le contrazioni... Ce l'avevamo fatta... Forse gli avevo fatto pena... L'avevano avvolta in una coperta rosa e le avevano messo un pannolino. L'unico che avrebbe mai indossato. Mentre guardavo quella bellissima bambina, le sue lunghe ciglia, il naso di suo padre, il mio mento... quella piccola bocca che non avrebbe mai respirato... Capii che non ci sarebbero state più discussioni. O altri tentativi. Avevamo chiuso. Il mondo era diventato un posto crudele. Smisi di uscire. Non riuscivo a lasciare la casa. Non riuscivo neanche ad aprire la finestra la notte. E poi, quando Gerald se ne andò di casa, solo allora capii. Ero diventata una prigioniera.
"Un giorno come tanti" (titolo originale Labor Day), diretto da Jason Reitman e tratto dal romanzo omonimo di Joyce Maynard, è un film che mescola il dramma romantico al thriller psicologico, ambientato in un tranquillo sobborgo americano negli anni '80. La pellicola racconta una storia d'amore atipica e intensa che si sviluppa tra le mura domestiche, con un tono sospeso tra tensione e intimità.
La trama ruota attorno alla vita di Adele e suo figlio Henry, intrappolati in una routine segnata dalla solitudine e dalla depressione di Adele, che vive confinata in casa a causa dell’agorafobia. La loro vita cambia in modo radicale quando incontrano Frank, un evaso che si nasconde da una caccia all'uomo. Sebbene Frank sia inizialmente percepito come una minaccia, si rivela presto molto diverso: è un uomo dalle ferite profonde, con un passato oscuro ma un lato sorprendentemente affettuoso. In casa di Adele e Henry, invece di creare un clima di paura, costruisce progressivamente un'atmosfera di fiducia e cura, portando la protagonista a riscoprire una felicità e una forza di cui si sentiva priva da anni.
Un aspetto intrigante del film è proprio come la figura di Frank si trasformi da criminale a rifugio. Da un lato, il suo passato è torbido, con un omicidio accidentale e un matrimonio distrutto; dall’altro, trova con Adele e Henry un legame quasi famigliare, diventando per loro la figura maschile stabile e protettiva che avevano perduto. Questo dualismo di Frank è al centro del film, alimentando una tensione emotiva che rende la storia allo stesso tempo romantica e inquietante.
Un elemento centrale della storia è la torta di pesche che Frank insegna a preparare a Henry: è una scena dal grande impatto emotivo, che simboleggia la costruzione di un legame familiare tra i tre. Questa scena, dove i gesti diventano carichi di significato, mostra come un atto semplice e quotidiano possa simboleggiare speranza e intimità. Nel corso di pochi giorni, Henry si lega a Frank come figura paterna, anche se alla fine il ragazzo si trova in conflitto tra il desiderio di questa "nuova famiglia" e la consapevolezza di una possibile fuga pericolosa. La polizia cattura Frank proprio mentre sembra che una nuova vita stia per iniziare, ma il suo sacrificio per proteggere Adele e Henry li libera da qualsiasi accusa. La storia trova una risoluzione solo molti anni dopo, con il loro ricongiungimento: il tempo e il sacrificio non hanno cancellato il legame nato in quei cinque giorni, anzi lo hanno consolidato.
Questo monologo di Kate Winslet in Un giorno come tanti è uno dei momenti più intensi e intimi del film, dove Adele si apre completamente, rivelando la fragilità e il dolore che hanno segnato la sua esistenza. Qui non c’è solo il racconto della perdita, ma anche un'esplorazione delle devastanti conseguenze emotive che la ripetuta esperienza di aborti spontanei ha lasciato su di lei, cambiandola nel profondo.
La narrazione parte dall’euforia della prima gravidanza, di quel momento felice in cui Adele e il marito festeggiano la possibilità di una nuova vita. Ma questo entusiasmo viene stroncato dalla dura realtà dei crampi, delle contrazioni che portano via ciò che hanno appena cominciato ad amare. La frustrazione e il senso di fallimento sono subito palpabili, soprattutto nel modo in cui Adele racconta l’impotenza di fronte a un corpo che “non riusciva a tenerlo”. La sua maternità, vissuta come una promessa infranta, la allontana da sé stessa e dagli altri, creando un senso di alienazione che colpisce profondamente il pubblico.
Ogni perdita successiva amplifica la disillusione e l’angoscia: “Alla quarta volta, sapevamo che non c'era niente da festeggiare, che era meglio non dirlo agli amici, che era meglio non pensare a un nome.” Questo passaggio è potente, perché mostra come la speranza si sia trasformata in cautela, poi in rassegnazione, fino a diventare un dolore silenzioso e isolato. Adele e il marito rinunciano progressivamente a condividere con gli altri, si chiudono in un dolore che diventa un’esistenza congelata e sospesa, quasi un anticipo della prigione emotiva che la attende.
Il monologo raggiunge il culmine nella descrizione della bambina “avvolta in una coperta rosa,” un’immagine straziante che esprime l’illusione di una maternità che non può compiersi. Adele osserva i tratti della figlia – “le sue lunghe ciglia, il naso di suo padre, il mio mento” – come se fossero una beffa crudele, un perfetto disegno che però non prenderà mai vita. È un attimo di disperazione e disincanto, una scena che mostra una bellezza tragica che il pubblico percepisce come insostenibile e ingiusta.
L’ultima parte del monologo, in cui Adele racconta di essersi chiusa in casa, incapace di uscire o anche solo di aprire la finestra, rappresenta l'inevitabile discesa in un isolamento volontario. La casa, simbolo di sicurezza, diventa una prigione, e Adele si trasforma nella sua prigioniera. Il dolore, che inizialmente era privato, diventa assoluto e onnipresente, e la sua vita smette di avere un significato oltre la sofferenza. Il pubblico assiste così a una donna che, dopo aver perso la possibilità di essere madre, perde anche se stessa e la propria libertà. E quando infine Gerald, il marito, se ne va, è come se Adele capisse definitivamente che il mondo, ai suoi occhi, è diventato “un posto crudele”, un luogo senza più promesse, dove non esiste conforto o riscatto.
Questo monologo è centrale nella comprensione del personaggio di Adele: mostra come il suo dolore l’abbia spinta a rinunciare al contatto umano e a ritirarsi in un’oscurità che è allo stesso tempo fuga e punizione. L’interpretazione di Winslet qui è straordinaria, perché senza mai eccedere nei toni o nel pathos, ci trasporta nell’intimità delle sue emozioni più segrete. Raccontando il suo passato con voce pacata ma intrisa di dolore, Adele ci lascia vedere la ferita aperta che la ha condotta alla prigionia emotiva e fisica.
Interpretare questo monologo richiede una sensibilità particolare, poiché il testo è carico di dolore, senso di colpa, e profonda vulnerabilità. Per un’attrice, trasmettere la complessità di Adele significa mettere a nudo non solo le parole ma anche le emozioni represse che emergono tra le righe.
1. Comprendere il Dolore e la Fragilità del Personaggio
Prima di tutto, è essenziale entrare in sintonia con la sofferenza di Adele. Ogni parola che pronuncia trasmette la cicatrice di una ferita che non si è mai rimarginata. Il dolore di Adele non è solo la perdita di una figlia, ma anche la perdita della speranza, della fede nel proprio corpo e, infine, della possibilità di un futuro sereno. Per l’attrice, questo significa scavare a fondo nelle emozioni legate alla delusione, al senso di colpa e alla rassegnazione. Iniziare a interiorizzare questa sofferenza può aiutare a donare autenticità al monologo, facendolo apparire come una confessione sincera e non un racconto distaccato.
2. Usare il Corpo per Esprimere la Stanchezza Emotiva
Adele è una donna stanca, sia fisicamente che mentalmente. Ogni aborto spontaneo ha lasciato un segno indelebile sul suo corpo e sulla sua anima. Durante il monologo, il corpo dell’attrice dovrebbe essere visibilmente provato, quasi appesantito da un dolore che lo schiaccia. Anche le mani possono raccontare molto: magari stringendosi o incrociandosi per tentare di contenere l’emozione, oppure posandosi sul ventre, in un gesto di protezione e insieme di memoria dolorosa.
3. Adottare un Tono Voce Intimo e Delicato
Questo non è un momento in cui Adele vuole farsi sentire, è un momento di apertura sincera e intima. La voce dovrebbe rimanere pacata, senza alzarsi mai troppo, come se fosse quasi rivolta a se stessa. Si può giocare con le pause, rallentare in alcuni punti per lasciare spazio alle emozioni che affiorano, e abbassare la voce nei momenti più intensi, come se avesse difficoltà a pronunciare quelle parole. È importante ricordare che il tono non è disperato, ma piuttosto stanco, quasi rassegnato.
4. Usare gli Sguardi e il Non-detto
Gli sguardi sono fondamentali per trasmettere tutto ciò che Adele non riesce a esprimere verbalmente. Durante il racconto dei diversi tentativi di gravidanza, l’attrice può guardare lontano, come persa nei ricordi. Quando menziona la bambina nata morta, lo sguardo potrebbe abbassarsi, quasi come se non potesse affrontare quella memoria. È importante che gli occhi riflettano la profondità del dolore, anche senza lacrime e senza eccessi: sono sguardi carichi di nostalgia e amarezza che colpiscono più delle parole.
5. Calibrare le Emozioni: Dal Ricordo all’Impatto Presente
Il monologo inizia come un ricordo, ma man mano che Adele procede, le emozioni tornano a galla e l’impatto si fa più forte. Iniziare con un tono distaccato, quasi rassegnato, per poi aumentare gradualmente l’intensità aiuta a trasmettere come il dolore sia ancora vivo in lei. Ma è cruciale evitare una drammatizzazione eccessiva: Adele non sta cercando di commuovere chi l’ascolta, sta semplicemente condividendo una parte di sé che raramente lascia emergere. La tensione emotiva dovrebbe essere sottile, trattenuta, lasciando che il dolore emerga in modo più implicito che esplicito.
6. Incorporare i Piccoli Gesti: Memorie Tangibili
Quando Adele descrive la bambina “avvolta in una coperta rosa,” l’attrice potrebbe fare un gesto accennato, come se stesse cullando una bambina immaginaria, oppure accarezzarsi leggermente il ventre, come a ricordare un legame che non esiste più. Questi piccoli gesti danno fisicità alla memoria, ancorando il racconto nel corpo dell’attrice e rendendo il monologo più tangibile e realistico.
7. Accogliere il Silenzio e le Pause Drammatiche
In un monologo così emotivo, il silenzio può essere potente quanto le parole. Dopo momenti intensi, come quando descrive il volto della bambina o ammette di essersi chiusa in casa, una breve pausa può aumentare il peso emotivo della scena, permettendo al pubblico di assorbire l’intensità di ciò che ha appena ascoltato. È un modo per dare respiro sia all’attrice sia al pubblico, lasciando che le emozioni maturino naturalmente senza forzature.
8. Trasmettere il Senso di Prigionia e Rassegnazione Finale
La frase finale, “Ero diventata una prigioniera,” è il punto di svolta emotivo del monologo, dove Adele riconosce che il suo dolore l’ha trasformata in una reclusa, rinchiusa nella propria sofferenza. È un momento di consapevolezza, quasi una resa definitiva. L’attrice dovrebbe trasmettere in questo momento una sorta di chiusura emotiva, una consapevolezza di non avere più possibilità di fuga o redenzione. Una leggera chiusura delle spalle o un abbassamento dello sguardo possono enfatizzare questo sentimento di prigionia e rassegnazione.
Il monologo di Adele è uno studio sulla fragilità e sulla perdita, un momento in cui il dolore personale diventa tangibile e vivido per il pubblico. Un’interpretazione efficace non può limitarsi a raccontare gli eventi, ma deve portare alla luce quel legame invisibile tra la memoria e il presente, rivelando come il passato abbia trasformato la vita di Adele in una prigione emotiva.
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