Monologo - Kim Rossi Stuart da \"Il Gattopardo\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Fabrizio Salina è uno dei momenti più significativi di Il Gattopardo. In questa scena, il principe rifiuta la nomina a senatore del Regno d’Italia, offerta dalla nuova classe dirigente piemontese. Questa dichiarazione è una riflessione profonda sulla Sicilia e sulla sua condizione storica. Fabrizio riconosce la stasi della sua terra, il peso delle dominazioni straniere e l’incapacità della sua generazione di adattarsi al nuovo ordine. Il suo rifiuto è un’accettazione rassegnata di un destino già scritto. Il monologo racchiude il tema centrale del romanzo: il cambiamento apparente che, in realtà, non porta a una vera evoluzione. La Sicilia, per il principe, è destinata a restare immobile, e lui stesso è consapevole di non avere più un ruolo nel mondo che sta nascendo.

La Sicilia non si rassegna

STAGIONE 1 EPISODIO 5
MINUTAGGIO
: 36:30-39:06

RUOLO: Don Fabrizio Salina
ATTORE:
Kim Rossi Stuart
DOVE:
Netflix



ITALIANO


Signori senatori, ministri… signore e signori. Dunque… io sono arrivato a Torino solo pochi giorni fa. Ma, vi debbo confessare che mi sono stati molto utili, perché mi hanno aiutato a ricordarmi chi sono e cosa sono. Io sono irrimediabilmente un siciliano. Noi siciliani abbiamo per venticinque secoli portato sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori. Già… già formate, complete, e perfezionate. Insomma, noi non abbiamo mai avuto il piacere di vedere germogliare qualcosa da noi stessi. Sono duemila e cinquecento anni che noi siamo colonia. Io riconosco che poi… è in gran parte colpa nostra. Però vedete, tutte queste dominazioni… infine ci hanno resi… rassegnati. E adesso… tutto ciò cui noi veramente aspiriamo… è il sonno. Noi odiamo chiunque voglia venire lì a svegliarci, anche se poi magari chi viene lo fa con le migliori intenzioni. Come in questo caso, porgendomi questo meraviglioso regalo. Vedete, io appartengo alla vecchia classe. Sono legato al vecchio regime borbonico, da un legame… di decenza, ecco se non vogliamo proprio dire di affetto. Inoltre appartengo a una generazione disgraziata, a cavallo tra il vecchio e il nuovo. Incapace di adattarsi né all’uno, né all’altro. Così, con grande umiltà, vi ringrazio, ma debbo declinare la vostra gentile offerta.

Il Gattopardo

"Il Gattopardo" segue la parabola del principe Fabrizio Salina, un nobile siciliano che assiste al crollo dell’aristocrazia durante il Risorgimento italiano, in un momento storico segnato dallo sbarco di Garibaldi in Sicilia e dall’unificazione del Regno d’Italia. La storia si sviluppa in sette capitoli e copre un arco temporale che va dal maggio del 1860 fino agli ultimi anni della vita del protagonista.



Capitolo I – Maggio 1860: Il tramonto di un’epoca


Il romanzo si apre nella dimora del principe Fabrizio Salina, a Palermo. La sua famiglia, composta dalla moglie Maria Stella, dai figli e dai servitori, vive secondo un rigido protocollo aristocratico. La tranquillità della routine quotidiana è scossa dalle notizie dell’arrivo dei garibaldini in Sicilia. Il principe è consapevole che il mondo a cui appartiene sta per cambiare, ma accoglie questi eventi con distacco. L’unico a mostrarsi entusiasta è il nipote Tancredi Falconeri, giovane scaltro e ambizioso, che decide di unirsi ai garibaldini, affermando la celebre frase: "Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi". Questa affermazione riflette la sua capacità di adattarsi ai nuovi assetti politici, in contrasto con l’atteggiamento rassegnato dello zio.



Capitolo II – Giugno 1860: Il viaggio a Donnafugata


Per sfuggire ai disordini di Palermo, il principe e la sua famiglia si rifugiano nella residenza estiva di Donnafugata, un immaginario paese siciliano. Qui vengono accolti dagli abitanti del luogo, che sperano in un sostegno del nobile ai cambiamenti politici in corso. Nel frattempo, emerge la figura di Calogero Sedara, un ricco borghese rozzo ma in ascesa sociale, che rappresenta la nuova classe dirigente. Sua figlia, Angelica, è una giovane di straordinaria bellezza e intelligenza. Tancredi, che inizialmente sembrava destinato a sposare la cugina Concetta, figlia del principe, rimane invece affascinato da Angelica e decide di corteggiarla, attirato dalla sua ricchezza e dalla possibilità di inserirsi nella nuova società emergente.



Capitolo III – L’offerta di senatore


La monarchia piemontese, ormai padrona della Sicilia, cerca di coinvolgere la nobiltà nel nuovo governo. L’inviato piemontese, Chevalley, propone al principe Salina di diventare senatore del Regno d’Italia. Fabrizio, però, rifiuta con un discorso che rappresenta una delle riflessioni più amare del romanzo: sostiene che la Sicilia è una terra destinata all’immobilità e che la sua popolazione, pur cambiando governi e padroni, non muterà mai nella sostanza.
È un momento chiave del romanzo: il principe prende definitivamente atto della fine del suo mondo e della sua estraneità alla nuova società.



Capitolo IV – Il ballo e la consapevolezza della fine


La scena del ballo, ambientata nel palazzo Ponteleone a Palermo, è uno dei momenti più celebri del romanzo. Il principe, ormai anziano, partecipa con distacco alla sontuosa festa organizzata dall’aristocrazia. Qui, osservando la giovane Angelica danzare con Tancredi, capisce che il futuro appartiene a loro e non alla sua generazione. L’aristocrazia si sta mescolando con la borghesia emergente, ma questo cambiamento non porterà a una vera rivoluzione sociale, bensì a un’illusione di modernità. Nel corso del ballo, il principe si specchia e si vede invecchiato e stanco, realizzando definitivamente la propria decadenza.



Capitolo V – L’agonia del principe


Anni dopo, il principe è ormai un uomo vecchio e malato. In una delle pagine più intense del romanzo, assiste al proprio declino fisico con lucida consapevolezza.
La scena della sua morte è descritta con grande potenza narrativa: il principe ha una visione mistica in cui intravede una giovane donna (la Morte), che gli appare bellissima e lo invita a seguirla. Questa rappresentazione della morte come un passaggio dolce e inevitabile segna la chiusura della sua parabola esistenziale.



Capitolo VI – Le tre figlie nubili


Dopo la morte del principe, la narrazione si sposta su Concetta, la figlia che non si è mai sposata e che vive ancora nella vecchia casa di famiglia con le sorelle. La sua esistenza è segnata dal rimpianto per non aver sposato Tancredi, che nel frattempo ha avuto una vita piena di successi. Ormai anziana, Concetta assiste con tristezza allo smantellamento della casa e alla progressiva scomparsa di tutto ciò che un tempo rappresentava la grandezza dei Salina. La scena conclusiva del romanzo è emblematica: gli oggetti sacri della famiglia vengono gettati via, mentre un cane imbalsamato, un tempo simbolo del passato glorioso della casa, viene abbandonato e distrutto. È l’ultima immagine del declino inesorabile di un’epoca.



IL GATTOPARDO DI NETFLIX


L’adattamento più celebre rimane senza dubbio quello cinematografico di Luchino Visconti (1963), che con la sua estetica grandiosa, il rigore storico e le straordinarie interpretazioni di Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale, ha fissato un immaginario quasi insuperabile. Nel 2024, Netflix ha trasposto il romanzo in una serie di sei episodi diretti da Tom Shankland.


La serie segue la struttura generale del libro, ma introduce variazioni significative:

Il racconto si apre con Don Fabrizio (Kim Rossi Stuart) che infrange il coprifuoco per recuperare la figlia Concetta (Benedetta Porcaroli) in convento. Questo evento non è presente nel romanzo, dove Concetta è un personaggio più passivo e legato alla casa paterna.


Tancredi (Saul Nanni) viene arrestato per la sua adesione ai garibaldini e il principe è costretto a negoziare la sua liberazione cedendo parte delle sue terre. Questo aggiunge una dimensione più drammatica al sacrificio del principe, che nel libro accetta la trasformazione della società con maggiore distacco e ironia.


Il ruolo di Concetta è ampliato, dando al personaggio una maggiore centralità e una volontà più esplicita di ribellarsi al padre e alle rigide regole della famiglia.

Il focus sul rapporto tra Tancredi e Angelica (Deva Cassel) è enfatizzato, ma la relazione perde parte della sua ambiguità rispetto al romanzo, dove Tancredi è un opportunista lucido e calcolatore, mentre nella serie sembra più un giovane travolto dalla passione.


Se il film di Visconti cercava un’estrema fedeltà alla pagina scritta, la serie Netflix tenta di adattare la storia a un linguaggio più contemporaneo, con un maggiore approfondimento psicologico di alcuni personaggi, ma rischiando di perdere la sottile ironia e il disincanto dell’opera originale.

Analisi Monologo

"Io sono irrimediabilmente un siciliano." Fabrizio inizia con un’affermazione netta: la Sicilia è un destino ineluttabile. Descrive la sua regione come una terra che, per venticinque secoli, ha subito il dominio di popoli stranieri, senza mai sviluppare una propria civiltà autonoma. Greci, Romani, Arabi, Normanni, Spagnoli: ognuno ha lasciato un’impronta, ma nessuno ha permesso ai siciliani di essere protagonisti della propria storia. Questa condizione ha reso il popolo siciliano passivo, rassegnato, abituato a essere spettatore anziché attore del cambiamento. Si tratta di un atteggiamento radicato nella cultura dell’isola: l’apatia come difesa dal dolore della sconfitta.

"Tutte queste dominazioni… infine ci hanno resi… rassegnati. E adesso… tutto ciò cui noi veramente aspiriamo… è il sonno." Questa è una delle immagini più potenti del monologo. La Sicilia non vuole essere svegliata, perché la sua storia l’ha portata a diffidare di ogni novità.


Fabrizio riconosce che anche il nuovo Stato italiano, con le sue promesse di modernizzazione, non sarà in grado di cambiare questa mentalità. I siciliani vedono qualsiasi tentativo di trasformazione come una minaccia alla loro stabilità, anche quando arriva con le migliori intenzioni. In questa frase si riflette un senso di fatalismo tipico del romanzo: la Sicilia non può essere cambiata perché non vuole cambiare. È una terra condannata alla continuità nell’illusione del rinnovamento.


"Io appartengo alla vecchia classe. Sono legato al vecchio regime borbonico, da un legame… di decenza, ecco se non vogliamo proprio dire di affetto." Fabrizio non difende i Borbone per convinzione politica, ma per un senso di decoro e di appartenenza a un mondo che sta scomparendo. La sua è una fedeltà formale, quasi nostalgica, non basata su ideali ma su una questione di dignità. Quando dice di appartenere a una generazione disgraziata, si riferisce a quella parte dell’aristocrazia che si trova incastrata tra due epoche: troppo vecchia per adattarsi al nuovo, troppo moderna per rimanere ancorata al passato. Questa condizione lo condanna a non avere più un ruolo: il suo tempo è finito, e lo sa. È un uomo che osserva la storia passare, consapevole che il suo posto nel mondo sta scomparendo.


"Così, con grande umiltà, vi ringrazio, ma debbo declinare la vostra gentile offerta." Fabrizio non si oppone alla nuova Italia, ma si tira indietro, accettando il suo destino di spettatore. Il suo rifiuto è la conferma che l’aristocrazia non ha più il potere di governare, né la volontà di farlo. L’umiltà con cui chiude il monologo è significativa: non è arroganza o sfida, ma la rassegnazione di chi sa che il proprio tempo è finito.

Conclusione

Questo monologo è una delle dichiarazioni più profonde e disilluse sulla Sicilia e sul rapporto tra passato e presente. Fabrizio Salina non lotta contro il cambiamento, ma lo osserva con malinconica consapevolezza. Il suo rifiuto della carica di senatore non è un atto politico, ma un atto esistenziale: lui sa che il nuovo Stato italiano è solo l’ennesimo dominatore, e che la Sicilia, nella sua essenza, non cambierà mai. Il sonno di cui parla è il sonno della storia siciliana, un’inerzia culturale che trasforma ogni rivoluzione in un’illusione. Anche il motto di Tancredi – “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” – trova qui la sua conferma: l’Italia è cambiata, ma la Sicilia resta immutabile.

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