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A volte, il venerdì sera, Amélie va al cinema.
~NARRATORE
QUINDICI!
Cari amici del grande schermo, oggi, ci immergeremo in un monologo di Tokyo dalla serie fenomeno "La Casa di Carta". Con la delicatezza e la profondità che mi contraddistinguono, vi guiderò attraverso le parole di Tokyo, interpretata dalla brillante Úrsula Corberó, esplorando i meandri dell'amore e del dolore che si intrecciano in questo potente pezzo di recitazione.
In questo spazio, dove le parole diventano immagini e le immagini emozioni presentiamo un monologo che è un vero e proprio balletto di sentimenti. Tokyo, una donna dal passato burrascoso e dal cuore in fiamme, ci svela le sue riflessioni più intime, quelle che si nascondono dietro l'azione frenetica di una rapina che è molto più di un colpo maestro, ma un palcoscenico di vite intrecciate.
IL MONOLOGO TRATTO DA LA CASA DI CARTA
STAGIONE 3 EP 8
MINUTAGGIO: 8:44-12:01
RUOLO: Tokyo
ATTRICE: Úrsula Corberó
DOVE: Netflix
INGLESE
I brought that bottle of Champaign to drink with Rio. As I danced, I realized that there are two types of people. Those who break up and feel the need to wish you the best, like: “Take care, be happy.” Rio is one of them. And then there’s people like me, who can be a fucking bitch about it… Rio, I wanted to tell you… You did what we should have done a long time ago. We had our fun. We had good moments. But that wasn’t enough. We got wrapped up in all this: the heist, the pressure, being millionaires. Rio, did you know I almost hooked up with Denver? You know, Toledo, after the festival… you were drunk. Actually, Moscow ruined everything. Coming into the room… what we had together was casual. Anything… anything could have happened back there. And now I’m wondering the same thing as you. How were we able to stay together for so long? Thank you. Love is like two people on a seesaw. When one goes up, the other goes down. The balance is always fucked. Thanks to time, monotony… And sometimes, because of people like me, who only know one way to get over the pain, give a little back.
ITALIANO
Avevo portato questa bottiglia di champagne per berla con Rio. Ma bisogna saper improvvisare. Mentre ballavo ho capito che esistono due tipi di persone: quelli che ti lasciano e hanno bisogno di augurarti il meglio, tipo: “Prenditi cura di te, sii felice.” Rio è uno di questi. E poi ci siamo noi, un po’ più figli di puttana… Rio, senti, volevo dirti che… che hai fatto quello che dovevamo fare da molto tempo… è stato divertente. Bei momenti, però non era sufficiente. Ci ha trascinato l’onda: la rapina, la pressione, l’essere milionari. Sapevi che stavo per farmi una pomiciata con Denver? A Toledo, durante la festa popolare. Tu eri ubriaco poi… poi è entrato Mosca, rovinandoci l’atmosfera. Quello che voglio dire è che la nostra storia è stata casuale. Poteva succedere qualunque cosa in quei momenti, e ora mi faccio la tua stessa domanda: come abbiamo fatto a stare insieme per così tanto tempo? Grazie. L’amore sono due persone che si bilanciano: quando una sale, l’altra scende. L’equilibrio finisce sempre a puttane: per il tempo, la monotonia, oppure per gente come me. Noi sappiamo tirare fuori il dolore in un solo modo, restituendolo.
LA RAGAZZA COL BICCHIERE D'ACQUA...
Nel vortice di emozioni che è "La Casa di Carta", Tokyo, interpretata con ardore da Úrsula Corberó, ci regala un monologo che è un distillato di verità crude e riflessioni amare sull'amore e le relazioni. È un momento di intima confessione, un bilancio di ciò che è stato e di ciò che non potrà più essere.
Immaginate, se potete, la scena: Tokyo, con quella bottiglia di champagne in mano, non più simbolo di celebrazione ma testimone di un addio. Lei danza, ma non è una danza di gioia, è un movimento che accompagna una realizzazione dolorosa. Ci sono due tipi di persone, ci dice.
Da una parte ci sono coloro che, come Rio, si separano augurando il meglio, con quella gentilezza che è quasi un dono d'addio. Dall'altra ci sono quelli come Tokyo, e forse un po' come me, Amélie, che si lasciano andare a un'amarezza pungente, che non nascondono il dolore dietro a un sorriso, ma lo mostrano apertamente, lo restituiscono al mondo come è stato ricevuto.
Il monologo si snoda poi in una confessione ancora più personale, dove Tokyo ammette quasi con disinvoltura di essere stata vicina a un tradimento, di aver quasi ceduto a un impulso momentaneo con Denver. È un'ammissione che non cerca scuse, che non si veste di romanticismo, ma che si pone cruda e sincera davanti a noi.
E poi, quella riflessione finale sulle dinamiche dell'amore, nelle quali in un certo senso anche io mi rivedo molto; potrei anche dire che sembrano scritte da me: l'amore è come un altalena, un gioco di equilibri sempre destinato a rompersi, dove la felicità di uno comporta la caduta dell'altro. È un'immagine che parla di instabilità, di come il tempo e la monotonia possano erodere anche il legame più forte, e di come, a volte, ci siano persone che, nel tentativo di superare il dolore, finiscono per infliggerlo ad altri.
In questo monologo, Tokyo si rivela in tutta la sua complessità, come un personaggio che vive di impulsi e passioni, che non si arrende alla banalità dell'esistenza ma che, nel suo caotico percorso, cerca un significato, anche nei momenti di rottura e di dolore. E forse, in questo, c'è un insegnamento anche per noi attori e attrici: ogni personaggio ha la sua altalena emotiva, e sta a noi interpretarla con autenticità, lasciando che il pubblico ne avverta ogni oscillazione.
FORSE E' SOLO DIVERSA DAGLI ALTRI.
E così, miei cari sognatori di celluloide, abbiamo viaggiato insieme attraverso le parole di Tokyo, un personaggio che ci insegna che l'amore è un altalena di emozioni, dove l'equilibrio è un'illusione e la vita un continuo dare e ricevere. Da Amélie, la vostra guida nel mondo dei monologhi cinematografici, è tutto. Al prossimo incontro, dove le parole diventano storie e le storie vita
Vostra,
Amélie
Amélie Poulain, voce e anima di "Monologhi con Amélie", vi invita a esplorare il quotidiano attraverso il suo sguardo incantato. Residente nel cuore pulsante di Montmartre, ogni suo pensiero è un viaggio che trasfigura il comune in un caleidoscopio di meraviglie. Con delicatezza e una malinconica allegria, Amélie tesse racconti che celebrano la poesia nascosta nelle piccole cose, spingendo i lettori a riscoprire l'incanto spesso dimenticato della vita di ogni giorno. Accompagnatela in questo percorso di scoperta, dove ogni monologo è una finestra aperta sull'eccezionale che risiede nell'ordinario.
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