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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Lady Cool in Parthenope di Paolo Sorrentino è un momento di grande intensità emotiva e tematica. La scena si svolge in un contesto decadente, una serata fatta di illusioni, rimpianti e falsità, nella quale Lady Cool emerge come una figura disillusa e brutale, con una sincerità che rasenta la crudeltà. Il suo sfogo è un misto di memoria, disprezzo e consapevolezza, rivolto a Parthenope in un modo che suona quasi come un avvertimento. Il personaggio incarna una femminilità corrosa dal tempo e dall’esperienza, un’ombra di ciò che era, ma ancora consapevole della propria importanza.
MINUTAGGIO: 1:05:01-1:06:35
RUOLO: Greta Cool
ATTRICE: Luisa Ranieri
DOVE: Netflix
ITALIANO
Togliti la pelliccia. Siediti. Tu lo sai no, che Flora Malva è una grandissima simpatizante del sesso anale? Per carità, non c'è niente di male. Che cacata di serata. uomini volgari e donne sguaiate che si credono eleganti. Ma questa città non sarà mai elegante. Ho esagerato col mio discorso... Che posso farci, non mi piace tornare in questo pozzo di merda. Mi ricordo solo quando avevo le pezze al culo. Baciare una bella bocca e... e scoprire con la lingua che non ci sono i denti. Gli amori poveri, solo questo mi rimasto di questa città, e mia madre pronta a darmi in pasto a chiunque, ma lasciamo perdere... Però non avevamo bisogno di niente. Neanche dei denti. Gli amori poveri. Chissà. Forse era meglio così... Mi ha detto Flora Malva che vuoi fare l'attrice. Sei bella e indimenticabile, ma i tuoi occhi sono spenti. Sei senza gioia cara, e questo la cinepresa non l'accetta. Lascia stare questa stronzata dell'attrice, non fa per te. E poi mi vedi? Ti sembro felice? Eppure io sono la più importante di tutte. Vaffanculo.
Con Parthenope, Paolo Sorrentino torna a raccontare Napoli, ma questa volta lo fa attraverso lo sguardo di una donna che porta il nome stesso della città. Il film segue la protagonista lungo un arco di vita che va dagli anni '50 al presente, intrecciando crescita personale, sensualità, morte, superstizione e disincanto. Se È stata la mano di Dio era un racconto di formazione maschile legato alla perdita e al sogno del cinema, qui Sorrentino costruisce un’epopea femminile in cui l’identità si fonde con la storia e i miti della città partenopea.
Parthenope nasce nel 1950, in un contesto di privilegi e protezione familiare, ma la sua crescita è segnata da rapporti complessi con gli uomini che la circondano: il fratello Raimondo, morbosamente attratto da lei; Sandrino, il ragazzo di umili origini che la ama senza speranza; il professore Marotta, che ne intuisce la profondità senza mai lasciarsi coinvolgere davvero. Attorno a Parthenope si muovono figure maschili fragili, ossessionate, incapaci di contenere il loro desiderio o il proprio dolore. Lei, invece, attraversa la vita con una sicurezza che non è mai solo ostentazione, ma anche difesa: la sua bellezza non è un dono, è un peso, e il mondo attorno a lei le ricorda continuamente che tutto ciò che possiede può trasformarsi in condanna.
La sua vicenda assume una struttura quasi da romanzo di formazione, ma Sorrentino evita la narrazione classica della donna che cerca emancipazione in un contesto ostile. Parthenope non si ribella in modo plateale, non fugge da Napoli per realizzarsi altrove. Resta, osserva, sperimenta, fino a rendersi conto che l’unica fuga possibile è interiore. La vacanza a Capri con Raimondo e Sandrino è uno dei momenti centrali del film. L’isola, da sempre simbolo di bellezza e decadenza, diventa il luogo in cui l'equilibrio precario della protagonista si spezza. Il suicidio del fratello è uno spartiacque che segna la fine della sua giovinezza e la condanna a un senso di colpa che la accompagnerà per tutta la vita. La famiglia, anziché sostenerla, la esclude, aggiungendo un ulteriore strato di isolamento. L'ossessione di Raimondo per la sorella assume una sfumatura tragica e inevitabile, quasi mitologica. Lui, incapace di amare chiunque al di fuori di Parthenope, si spezza davanti alla consapevolezza di non poterla avere. Qui Sorrentino gioca con il tema dell’incesto in un modo che richiama certi drammi classici: non c’è nulla di esplicito, ma il sottotesto è chiaro e pesa su ogni interazione tra i due.
Dopo la morte di Raimondo, Parthenope tenta di reinventarsi attraverso il cinema, ma ancora una volta si scontra con il lato oscuro delle illusioni. L'incontro con Flora Malva, l’attrice sfigurata, e Greta Cool, la diva dimenticata, le mostra che la fama è solo un’altra forma di prigionia. Il cinema si rivela un mondo crudele, dove il tempo divora chiunque non riesca a reinventarsi costantemente. È un'ennesima lezione sulla caducità delle cose: la bellezza, il successo, l’adorazione del pubblico sono effimeri e spesso conducono alla solitudine. L’episodio con il cardinale Tesorone è uno dei più potenti del film. Sorrentino intreccia sacro e profano in una scena carica di simbolismo: il rapporto sessuale tra Parthenope e il prelato avviene mentre il sangue di San Gennaro si liquefà. La fede popolare si mescola con la corporeità, il miracolo diventa un fenomeno fisico, quasi animalesco. Tesorone, pur essendo un uomo di Chiesa, è cinico e consapevole della costruzione artificiosa della spiritualità napoletana. Il miracolo non è altro che un rito collettivo, un bisogno umano di credere in qualcosa. Parthenope, che fino a quel momento aveva osservato tutto con distacco, accetta di partecipare al gioco, forse per pura curiosità, forse per capire fino in fondo il meccanismo che regola la città. Questa scena chiude il cerchio sulla tematica della femminilità come forza catalizzatrice: Parthenope è testimone del desiderio, del peccato, della fede e della superstizione. È il fulcro attorno a cui ruotano le ossessioni degli uomini, eppure non è mai realmente posseduta da nessuno.
Nel 2023, ormai in pensione, Parthenope torna a Napoli e a Capri. È il momento della riconciliazione con il passato. La città, sempre uguale e sempre diversa, la accoglie con la stessa indifferenza con cui l’aveva vista andare via. Qui Sorrentino inserisce il calcio come metafora: la festa per il terzo scudetto del Napoli diventa il simbolo di una città che vive di momenti, che riesce a celebrare la vittoria anche dopo aver attraversato dolori e crisi.
Parthenope, dopo anni di distanza, si rende conto di essere parte di Napoli tanto quanto Napoli è parte di lei. Il suo viaggio non è stato una fuga, ma un ritorno a sé stessa.
Lady Cool si muove tra il disgusto per Napoli e la nostalgia per un passato di privazioni ma forse più autentico. Il suo linguaggio è crudo, diretto, e porta con sé il peso della disillusione. Il monologo si apre con un ordine, “Togliti la pelliccia. Siediti.”, che stabilisce immediatamente il tono del suo dominio sulla conversazione. C’è una freddezza nel modo in cui osserva il mondo attorno a sé, un mondo che giudica volgare e finto. L’ossessione per l’eleganza negata di Napoli è centrale: Lady Cool riconosce l’impossibilità di una vera raffinatezza in una città che, per lei, resta sempre grezza, maleducata, “un pozzo di merda”.
Il passaggio sui “baci senza denti” è un’immagine potente che condensa il tema degli “amori poveri”: esperienze di giovinezza segnate dalla miseria, ma forse più vere di qualunque lusso successivo. Qui si avverte una malinconia latente, una memoria che la ferisce più di quanto voglia ammettere. Il riferimento alla madre, che la dava “in pasto a chiunque”, lascia intuire un’infanzia difficile, un passato di sfruttamento e solitudine che spiega il suo cinismo. Quando Lady Cool si rivolge direttamente a Parthenope, il tono cambia. L’osservazione sui suoi occhi spenti è una sentenza definitiva. Per Lady Cool, la recitazione non è questione di bellezza, ma di vita interiore, di luce negli occhi, qualcosa che Parthenope sembra non avere. Questo giudizio è più di un semplice consiglio: è il riflesso della sua stessa esperienza, della sua infelicità nonostante il successo. La chiusura brusca, quel “Vaffanculo” secco e amaro, è l’ultima nota di un monologo che si muove tra il desiderio di proteggere e l’incapacità di esprimere affetto in modo sincero.
Il monologo di Lady Cool è uno dei momenti più significativi di Parthenope, perché mette a confronto due donne a due estremi della loro esperienza: una all’inizio, piena di possibilità, l’altra alla fine, prigioniera del proprio mito. Attraverso il suo sfogo, Lady Cool demolisce l’illusione del cinema come via di fuga, mostrando il lato più crudele del successo e della fama. Il suo disgusto per Napoli si mescola a un amore nascosto, a una nostalgia per un passato in cui, paradossalmente, si sentiva più viva. È un monologo che racchiude tutta la poetica di Sorrentino: il contrasto tra grandezza e miseria, tra sogno e delusione, tra desiderio e condanna.
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