Monologo maschile - la lettera di Cal a Jeremy in \"Paradise\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il testamento di Cal a suo figlio Jeremy è una lettera lasciata sul filo del paradosso, una combinazione di affetto, ironia e responsabilità. Non è il classico addio di un padre che si commiata con solennità, ma un ultimo messaggio che porta il marchio della sua personalità: egocentrico, giocoso, eppure incredibilmente sincero. Cal, fino all’ultimo, rimane se stesso. Un uomo che ha governato con carisma e contraddizioni, che ha giocato con il potere come se fosse una partita a poker, ma che ora, di fronte alla sua fine, lascia un’eredità che è più un enigma che un conforto.

Non ti piace il mondo? Aggiustalo

STAGIONE 1 EPISODIO 8
MINUTAGGIO
: 40:12-41:20

RUOLO: Cal Bradford
ATTORE:
James Marsden
DOVE: Disney+



INGLESE


Hey kid. It's your dad. I came down to the library to make you a mixtape, and, uh, bury a few national secrets while I'm here. Now, I know, not everyone appreciates this kind of music like I do. You've made that abundantly clear over the years. But, hey, not everybody has the exquisite taste that your old man does. You know, I've always believed... I've always believed you are what you love. And you know what, I really love this sh¡t. I do. Yeah. Yeah, you are the things you love. And if that's the case... then I am you, my boy. And I think you're me. And Jeremy... You don't like this world I built? Fix it.



ITALIANO


Ciao, figliolo. Sono tuo padre. SOno venuto in biblioteca per farti una compilation e nascondere qualche segreto di stato, già che c’ero. Si, lo so, non tutti apprezzano questo genere musicale come me. Me l’hai spiegato negli anni, ma sai… non tutti hanno i gusti raffinati del tuo vecchio Sai, ho sempre pensato… ho sempre pensato che sei cò che ami. E io amo davvero questa merda. Esatto. Sì, sei ciò che ami. E se questo è vero, o sono te figlio mio. E credo che tu sia me. E… Jeremy, non ti piace il mondo che ti ho costruito? Aggiustalo.

Paradise

Paradise è una serie che prende il thriller politico e lo fonde con la fantascienza distopica, creando un racconto che esplora il potere, la manipolazione e la sopravvivenza in un mondo in cui le regole del passato non valgono più. Ideata da Dan Fogelman, autore di This Is Us, la serie ha debuttato su Disney+ e ha subito catturato l’attenzione per il suo mix di tensione, mistero e critica sociale. La storia ruota attorno a Xavier Collins (Sterling K. Brown), un agente speciale che un tempo era la guardia del corpo del Presidente degli Stati Uniti, Cal Bradford (James Marsden). Quando il Presidente viene assassinato in circostanze misteriose all’interno di una comunità d’élite, Collins si trova invischiato in un’indagine che lo porta a scoprire segreti inquietanti. Ma c’è un elemento che complica tutto: il mondo non è più quello di prima.


Una catastrofe – inizialmente poco chiara – ha sconvolto il pianeta, lasciando in piedi solo questa comunità chiusa, abitata dai più potenti esponenti del mondo politico ed economico.


A prendere il controllo dopo la morte di Bradford è una donna enigmatica conosciuta come “Sinatra”, un’oligarca senza scrupoli che governa con pugno di ferro e con una visione chiara: proteggere la sua comunità a ogni costo. Mentre Collins cerca la verità sulla morte del Presidente, inizia a rendersi conto che la vera domanda non è solo chi l’abbia ucciso, ma cosa stia accadendo fuori da quella comunità e quale sia il reale stato del mondo.

La serie utilizza una struttura che alterna passato e presente, unendo episodi autoconclusivi incentrati su singoli personaggi con una narrazione più ampia che svela, pezzo dopo pezzo, il quadro generale. I flashback sono essenziali per capire le dinamiche tra i protagonisti, ma anche il declino del mondo esterno e il ruolo che la comunità ha giocato nella crisi globale.

Come già fatto in serie come Lost, Paradise costruisce ogni episodio intorno a un personaggio o a un evento specifico, mantenendo però un filo conduttore che si dipana lungo l’intera stagione. Ci sono momenti di tensione altissima, seguiti da lunghe sequenze più riflessive che esplorano il significato del potere e delle scelte morali.


L’ambientazione trasmette il senso di isolamento e oppressione che pervade la serie. La comunità di Paradise è lussuosa, curata nei minimi dettagli, ma trasmette un’inquietudine costante: dietro l’eleganza si nasconde un mondo marcio, dominato da giochi di potere e manipolazioni. La fotografia, dai toni freddi e asettici, amplifica questa sensazione di controllo e sorveglianza costante.


Dal punto di vista tematico, la serie affronta in modo diretto la lotta tra apparenza e sostanza. Il Presidente, che in teoria è il leader della comunità, si rivela presto una figura quasi impotente, simbolo di come il potere vero sia nelle mani di chi controlla le risorse e le informazioni. Allo stesso modo, la presenza di una psicologa incaricata di rendere la transizione alla nuova realtà il meno traumatica possibile mostra come la manipolazione psicologica sia un’arma tanto potente quanto la forza bruta.


I Personaggi Chiave


Xavier Collins (Sterling K. Brown): Agente dei Servizi Segreti con un passato difficile, è il punto di vista dello spettatore all’interno della storia. La sua indagine sulla morte di Bradford lo porta a scoprire verità che mettono in discussione tutto ciò in cui credeva.

Cal Bradford (James Marsden): Presidente degli Stati Uniti, il cui omicidio è il punto di partenza della serie. Nei flashback scopriamo il suo rapporto con Collins e la sua posizione ambigua all’interno della comunità.

Sinatra: La donna che, dopo la morte di Bradford, assume il controllo della comunità. È spietata e calcolatrice, capace di qualsiasi cosa pur di mantenere il suo potere.

La Psicologa: Figura chiave nella costruzione della nuova società, il suo ruolo è quello di assicurarsi che i superstiti accettino la nuova realtà senza troppe domande. Il suo episodio dedicato è uno dei più affascinanti della stagione.


Paradise prende elementi del thriller politico e li innesta in un contesto fantascientifico che riecheggia molte paure del presente. Il riscaldamento globale, la paranoia per un possibile conflitto nucleare e la crescente influenza delle oligarchie economiche sono tutti temi che trovano spazio nella narrazione. La figura di Sinatra richiama il concetto di un’élite che si erge a salvatrice dell’umanità, ma che in realtà persegue solo il proprio interesse, un tema che ha fatto discutere molto negli Stati Uniti, soprattutto in relazione a figure come Elon Musk e Jeff Bezos.

Analisi Monologo

"Ciao, figliolo. Sono tuo padre." L’inizio è quasi disarmante. Non c’è solennità, non c’è tragedia. È un messaggio diretto, come se fosse ancora lì, come se questa non fosse una lettera d’addio ma una conversazione ordinaria. "Sono venuto in biblioteca per farti una compilation e nascondere qualche segreto di stato, già che c’ero." Questa frase è tipicamente Cal. Unisce due elementi apparentemente inconciliabili: il gesto affettuoso e la gestione del potere.


La compilation: Un dono per il figlio, un gesto intimo, quasi ridicolo se paragonato alla situazione.

I segreti di stato: La conferma che Cal è stato fino all’ultimo un uomo al centro del gioco, qualcuno che si muove tra il personale e il politico senza soluzione di continuità.


Qui c’è già una verità implicita: per Cal, la vita è sempre stata un mix di cose enormi e dettagli insignificanti, e non ha mai saputo (o voluto) separarli davvero. "Sì, lo so, non tutti apprezzano questo genere musicale come me. Me l’hai spiegato negli anni, ma sai… non tutti hanno i gusti raffinati del tuo vecchio." Questa è una tipica frase da padre che finge di prendersi in giro, ma in realtà sta affermando ancora una volta il suo ego. Cal sta dicendo a Jeremy che ha cercato di insegnargli qualcosa, che ha cercato di trasmettergli un pezzo di sé.


"Sai, ho sempre pensato… ho sempre pensato che sei ciò che ami. E io amo davvero questa merda." Qui arriva il cuore del messaggio. Cal sta esprimendo una teoria molto personale sull’identità: ci definiamo attraverso ciò che amiamo.

Questa frase è un manifesto. Non sta parlando solo di musica. Sta dicendo a Jeremy che la sua eredità non è il potere, non è Paradise, non è il mondo che ha costruito. La vera eredità è l’amore. E poi arriva il passaggio più profondo: "Esatto. Sì, sei ciò che ami. E se questo è vero, io sono te, figlio mio. E credo che tu sia me." Questa è l’ammissione più intima che un padre possa fare. Cal sta dicendo: Non importa cosa hai fatto, non importa cosa farai. Sei mio figlio, e io sono dentro di te. È una responsabilità. Jeremy non può sfuggire al padre. Per quanto voglia distanziarsi, c’è una parte di Cal dentro di lui. "E… Jeremy, non ti piace il mondo che ti ho costruito? Aggiustalo." Ecco la chiusura. Non c’è nessun “ti voglio bene”, nessun “mi dispiace”. Solo una sfida. Cal sa che il mondo che ha lasciato è imperfetto. Sa che probabilmente Jeremy lo disprezza per quello che ha fatto. Ma invece di scusarsi, gli passa il testimone.


Qui il messaggio è chiaro: Se pensi che abbia sbagliato, se pensi che Paradise sia un errore, allora fai qualcosa per cambiarlo. Ma c’è anche un altro sottotesto. Jeremy sarà mai in grado di farlo senza diventare come il padre?

Ecco il vero dilemma.

Jeremy può provare a essere diverso, può tentare di costruire qualcosa di nuovo. Ma se è vero che “sei ciò che ami”, allora Jeremy è anche un prodotto di Cal. E questo significa che potrebbe finire per ripetere gli stessi errori.

Conclusione

Il messaggio finale è: Jeremy deve scegliere. Accettare il mondo che il padre gli ha lasciato? O cambiarlo, con il rischio di diventare esattamente come lui? Cal ha sempre vissuto in bilico tra il serio e il giocoso, tra il potere e il caos. E anche nella sua ultima dichiarazione, non lascia certezze. Solo domande. Perché alla fine, Cal non ha mai voluto dire a nessuno cosa fare. Ha sempre voluto vedere cosa avrebbero fatto da soli.

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