Monologo - Luisa Ranieri in \"Diamanti\"

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Alberta si colloca in un momento cruciale del film Diamanti, quando il passato irrompe nel presente con tutta la sua forza, incarnato dal ritorno di Leonardo, la vecchia fiamma che l’aveva abbandonata a Parigi molti anni prima. Alberta pronuncia queste parole in un confronto diretto con l’uomo che aveva segnato profondamente la sua vita. Si tratta di un momento di rottura e di affermazione personale, in cui emergono i temi chiave del film: il tempo, le scelte e la necessità di riconciliarsi con il proprio passato per poter andare avanti.

L'orologio

MINUTAGGIO: 45:01-46:38
RUOLO: Alberta
ATTRICE:
Luisa Ranieri
DOVE:
Al cinema



ITALIANO


Cosa? Non mi avresti fatto aspettare tutte quelle ore alla stazione di Parigi? Quanti anni sono passati, quindici, diciotto? Non lo so, non lo ricordo. Ricordo solo quell’orologio, che ho guardato per ore, nell’attesa che tu arrivassi. E poi ricordo di essermi incamminata. E più mi allontanavo dall’orologio, più capivo che avevi fatto la tua scelta.Il mio cuore ha smesso di aspettare. Non so tu, ma io sono esattamente dove dovrei essere. E adesso se non ti dispiace devo lavorare.

Diamanti

Diamanti” di Ferzan Özpetek (2024) è un film che, nella sua stessa struttura, gioca con i confini tra finzione e realtà, tra creazione artistica e vissuto personale. È una celebrazione del cinema, del teatro, e soprattutto delle donne che, con le loro forze, fragilità e intrecci di vita, tessono non solo abiti, ma anche storie, emozioni e legami.

Il film alterna due linee temporali. Da una parte, il presente: Ferzan Özpetek, in una sorta di meta-cinema, convoca attrici e attori, vecchi e nuovi collaboratori, per lavorare su un copione che diventa esso stesso protagonista della storia.


Dall’altra parte, il cuore del film: Roma, 1974. Qui Özpetek ricrea un microcosmo femminile attorno alla sartoria delle sorelle Canova, un luogo che è al tempo stesso spazio di lavoro e rifugio, dove le protagoniste cercano di conciliare il peso delle proprie esistenze con la ricerca di una bellezza capace di lasciare il segno. La sartoria è il palcoscenico su cui si intrecciano i drammi individuali e collettivi: dalla violenza domestica al peso del passato, dalle difficoltà economiche all’alcolismo, tutto è permeato dalla lotta per affermare sé stesse in un mondo che sembra spesso pronto a schiacciarle.


Come spesso accade nei film di Özpetek, il fulcro della narrazione è la coralità. Le sarte e le loro vite formano un mosaico in cui ogni tassello racconta una storia, e nel loro insieme creano un ritratto vibrante della condizione femminile. Ogni personaggio è scritto con cura, evitando cliché, ma esaltando la complessità e la tridimensionalità di queste donne.


Alberta e Gabriella Canova, le sorelle alla guida della sartoria, incarnano due volti opposti del dolore e della resilienza. Alberta, autoritaria e severa, porta su di sé il peso di una vita che le ha negato l’amore, ma che le ha insegnato a resistere; Gabriella, fragile e tormentata, è l’ombra di sé stessa, prigioniera del lutto per la perdita della figlia.


Nina, la capo sarta, è il simbolo della dedizione materna: suo figlio, che vive chiuso nella sua stanza, rappresenta un peso emotivo che lei riesce a trasformare in una forza creativa. La sua storia, come quella di Eleonora e di Beatrice, mescola il privato con il politico, legando il personale agli anni di piombo e all’Italia turbolenta degli anni ’70.


Nicoletta, vittima della violenza del marito, e Paolina, madre single in difficoltà, sono il ritratto delle donne che lottano contro le ingiustizie quotidiane.


Bianca Vega, la costumista premio Oscar, rappresenta invece il lato pubblico e celebrato del mondo del cinema, ma è anch’essa piena di insicurezze, dimostrando come il successo non sempre coincida con la serenità interiore.


L’atelier delle sorelle Canova è una metafora: un laboratorio creativo in cui ogni filo cucito diventa un frammento di storia, in cui i costumi non sono solo vestiti, ma veri e propri personaggi. L’atto del cucire diventa un gesto simbolico: le donne ricuciono le loro vite, rattoppano ferite, trovano un modo per superare le difficoltà.

Analisi Monologo

Il monologo si snoda su due binari paralleli: la memoria di un passato lontano e l’affermazione del presente. "Cosa? Non mi avresti fatto aspettare tutte quelle ore alla stazione di Parigi?" La frase iniziale è un’accusa implicita. Alberta mette subito in chiaro la sua posizione: non c’è spazio per scuse tardive o giustificazioni. È un inizio che spiazza, perché ribalta i ruoli. Non c’è supplica, né nostalgia romantica. Alberta prende il controllo del dialogo e, con esso, del proprio passato.


"Quanti anni sono passati, quindici, diciotto? Non lo so, non lo ricordo." Qui emerge il trascorrere del tempo come elemento centrale. Il fatto che Alberta non riesca nemmeno a ricordare con esattezza gli anni trascorsi dimostra quanto sia andata avanti. Il dolore non è più una ferita aperta, ma una cicatrice che, pur rimanendo, non domina più la sua vita. Questo dettaglio enfatizza come il tempo possa essere al contempo curativo e impietoso. "Ricordo solo quell’orologio, che ho guardato per ore, nell’attesa che tu arrivassi." L’immagine dell’orologio è il cuore simbolico del monologo. È un oggetto concreto, ma anche un emblema dell’attesa: una giovane Alberta ferma, congelata in quel momento, mentre ogni secondo che passa diventa un macigno. Özpetek usa l’orologio come un dispositivo narrativo potente, che rappresenta il tempo come un’entità fisica e inesorabile, quasi tirannica. È un simbolo che ci lega al titolo stesso del film, Diamanti, perché suggerisce qualcosa di eterno e immutabile, come l’orologio che scandisce il tempo senza fermarsi.


"E più mi allontanavo dall’orologio, più capivo che avevi fatto la tua scelta."
Questo passaggio segna il momento di rottura. Alberta descrive il momento esatto in cui ha realizzato di essere stata abbandonata, ma lo fa senza melodramma. La sua consapevolezza è quasi fredda, razionale: l’allontanarsi dall’orologio diventa una metafora del distacco emotivo. Questo è il punto in cui Alberta smette di essere vittima delle scelte altrui e inizia a costruire la sua strada."Il mio cuore ha smesso di aspettare." Qui, in una frase lapidaria, Alberta sintetizza tutto il suo percorso emotivo. C’è una forza incredibile in questa affermazione: non si tratta di un cuore spezzato, ma di un cuore che ha scelto di non aspettare più, di smettere di vivere nel limbo dell’incertezza. È una frase che trasuda autonomia e autoaffermazione, ma che conserva una sfumatura di malinconia.


"Non so tu, ma io sono esattamente dove dovrei essere." Questa è la dichiarazione definitiva della sua indipendenza. Alberta non cerca una risposta da Leonardo, né si interessa a ciò che lui ha vissuto o provato. L’attenzione è completamente su di sé, sulla sua realizzazione personale e sulla pace raggiunta. Il senso di “essere dove si dovrebbe essere” parla di accettazione, di aver trovato il proprio posto nel mondo. "E adesso se non ti dispiace devo lavorare." La chiusura è pratica, diretta, quasi brusca. Roberta riafferma la sua vita nel presente, chiudendo definitivamente la porta al passato. Non c’è spazio per ulteriori confronti o discussioni. L’atto di lavorare – che nel contesto del film significa creare, cucire, dare vita – diventa un atto di dignità e autonomia, un modo per dire che il passato non avrà più potere su di lei.

Conclusione

Il monologo di Alberta è una dichiarazione di emancipazione. In poche battute, Özpetek condensa un’intera storia di dolore, abbandono e rinascita, utilizzando un linguaggio essenziale e privo di orpelli. È il racconto di una donna che ha trovato il coraggio di voltare pagina e di riconciliarsi con sé stessa, senza più bisogno di spiegazioni o ripensamenti.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com