Monologo - Luisa Ranieri in \"Parthenope\"

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Nel corso di Parthenope, Paolo Sorrentino dissemina il film di momenti in cui il rapporto tra Napoli e la sua gente viene messo in discussione. Uno dei più duri e memorabili è il monologo di Greta Cool, un’attrice partenopea ormai in esilio volontario al Nord, che esplode in un attacco feroce contro la sua città d’origine e i suoi abitanti. La sua è una dichiarazione di distacco definitivo, un rifiuto totale di Napoli e della sua mentalità, espresso con parole che sembrano quasi una maledizione. Ma è davvero così semplice? Greta Cool parla con disprezzo o con il rancore di chi, in fondo, sa di appartenere ancora al luogo che sta insultando? Il suo sfogo è una condanna o un’invocazione alla consapevolezza? Sorrentino costruisce un monologo che suona come una sentenza, ma che sotto la superficie nasconde molto di più.

Il problema sono i napoletani

MINUTAGGIO: 59:58-1:01:00

RUOLO: Greta Cool
ATTRICE:
Luisa Ranieri
DOVE:
Netflix



ITALIANO


Vedete, il problema non è che questa statua è brutta. Il problema siete voi napoletani. Siete depressi, e non lo sapete. Camminate a braccetto con l'orrore e non lo sapete. Siete solo trasandati e folkloristici. Tutti vi ridono dietro e non ve ne accorgete. Vi vantate di essere furbi, ma cosa avete ricavato da tutta questa furbizia. Siete poveri, vigliacchi, piagnucolosi, arretrati. Rubate e recitate male. E sempre pronti a buttare la croce addosso a qualcun'altro. L'invasore di turno, il politico corrotto, il palazzinaro senza scrupoli. Ma la disgrazia siete voi. Siete un popolo di disgraziati. E vi vantate di esserlo. Non ce la farete mai. Cari orrendi napoletani, io me ne torno al Nord, dove regna il bel silenzio, dal momento che io non sono più napoletana da molti anni. Io mi sono salvata, ma voi no. Voi siete morti.

Parthenope

Con Parthenope, Paolo Sorrentino torna a raccontare Napoli, ma questa volta lo fa attraverso lo sguardo di una donna che porta il nome stesso della città. Il film segue la protagonista lungo un arco di vita che va dagli anni '50 al presente, intrecciando crescita personale, sensualità, morte, superstizione e disincanto. Se È stata la mano di Dio era un racconto di formazione maschile legato alla perdita e al sogno del cinema, qui Sorrentino costruisce un’epopea femminile in cui l’identità si fonde con la storia e i miti della città partenopea.


Parthenope nasce nel 1950, in un contesto di privilegi e protezione familiare, ma la sua crescita è segnata da rapporti complessi con gli uomini che la circondano: il fratello Raimondo, morbosamente attratto da lei; Sandrino, il ragazzo di umili origini che la ama senza speranza; il professore Marotta, che ne intuisce la profondità senza mai lasciarsi coinvolgere davvero. Attorno a Parthenope si muovono figure maschili fragili, ossessionate, incapaci di contenere il loro desiderio o il proprio dolore. Lei, invece, attraversa la vita con una sicurezza che non è mai solo ostentazione, ma anche difesa: la sua bellezza non è un dono, è un peso, e il mondo attorno a lei le ricorda continuamente che tutto ciò che possiede può trasformarsi in condanna.


La sua vicenda assume una struttura quasi da romanzo di formazione, ma Sorrentino evita la narrazione classica della donna che cerca emancipazione in un contesto ostile. Parthenope non si ribella in modo plateale, non fugge da Napoli per realizzarsi altrove. Resta, osserva, sperimenta, fino a rendersi conto che l’unica fuga possibile è interiore. La vacanza a Capri con Raimondo e Sandrino è uno dei momenti centrali del film. L’isola, da sempre simbolo di bellezza e decadenza, diventa il luogo in cui l'equilibrio precario della protagonista si spezza. Il suicidio del fratello è uno spartiacque che segna la fine della sua giovinezza e la condanna a un senso di colpa che la accompagnerà per tutta la vita. La famiglia, anziché sostenerla, la esclude, aggiungendo un ulteriore strato di isolamento. L'ossessione di Raimondo per la sorella assume una sfumatura tragica e inevitabile, quasi mitologica. Lui, incapace di amare chiunque al di fuori di Parthenope, si spezza davanti alla consapevolezza di non poterla avere. Qui Sorrentino gioca con il tema dell’incesto in un modo che richiama certi drammi classici: non c’è nulla di esplicito, ma il sottotesto è chiaro e pesa su ogni interazione tra i due.


Dopo la morte di Raimondo, Parthenope tenta di reinventarsi attraverso il cinema, ma ancora una volta si scontra con il lato oscuro delle illusioni. L'incontro con Flora Malva, l’attrice sfigurata, e Greta Cool, la diva dimenticata, le mostra che la fama è solo un’altra forma di prigionia. Il cinema si rivela un mondo crudele, dove il tempo divora chiunque non riesca a reinventarsi costantemente. È un'ennesima lezione sulla caducità delle cose: la bellezza, il successo, l’adorazione del pubblico sono effimeri e spesso conducono alla solitudine. L’episodio con il cardinale Tesorone è uno dei più potenti del film. Sorrentino intreccia sacro e profano in una scena carica di simbolismo: il rapporto sessuale tra Parthenope e il prelato avviene mentre il sangue di San Gennaro si liquefà. La fede popolare si mescola con la corporeità, il miracolo diventa un fenomeno fisico, quasi animalesco. Tesorone, pur essendo un uomo di Chiesa, è cinico e consapevole della costruzione artificiosa della spiritualità napoletana. Il miracolo non è altro che un rito collettivo, un bisogno umano di credere in qualcosa. Parthenope, che fino a quel momento aveva osservato tutto con distacco, accetta di partecipare al gioco, forse per pura curiosità, forse per capire fino in fondo il meccanismo che regola la città. Questa scena chiude il cerchio sulla tematica della femminilità come forza catalizzatrice: Parthenope è testimone del desiderio, del peccato, della fede e della superstizione. È il fulcro attorno a cui ruotano le ossessioni degli uomini, eppure non è mai realmente posseduta da nessuno.


Nel 2023, ormai in pensione, Parthenope torna a Napoli e a Capri. È il momento della riconciliazione con il passato. La città, sempre uguale e sempre diversa, la accoglie con la stessa indifferenza con cui l’aveva vista andare via. Qui Sorrentino inserisce il calcio come metafora: la festa per il terzo scudetto del Napoli diventa il simbolo di una città che vive di momenti, che riesce a celebrare la vittoria anche dopo aver attraversato dolori e crisi.


Parthenope, dopo anni di distanza, si rende conto di essere parte di Napoli tanto quanto Napoli è parte di lei. Il suo viaggio non è stato una fuga, ma un ritorno a sé stessa.

Analisi Monologo

La struttura del monologo è diretta e senza fronzoli. Greta Cool non usa metafore elaborate né giri di parole: il suo linguaggio è netto, tagliente, quasi spietato. Ciò che colpisce subito è il modo in cui la donna si rivolge ai napoletani: non con un "noi", ma con un "voi". Greta si è ormai dissociata dalla sua città, anzi, sembra voler rimarcare con forza la sua estraneità. Greta accusa i napoletani di essere "trasandati e folkloristici", due parole che racchiudono un'intera narrazione su Napoli vista dall'esterno. Il folklore, che spesso viene celebrato come un valore culturale, qui è ridotto a un segno di arretratezza, qualcosa di cui vergognarsi. Il trasandato non è solo un riferimento estetico, ma un giudizio morale: Napoli non è solo disordinata, ma anche incapace di cambiare, rassegnata alla propria decadenza.


Eppure, dietro questo attacco feroce, si avverte un sottotesto più complesso. Greta parla con una rabbia che non è solo distacco, ma anche frustrazione. Il suo odio sembra quasi il risultato di una battaglia interiore, come se il suo esilio non fosse una liberazione, ma una fuga forzata. Il suo dichiararsi "salvata" suona più come un'autoaffermazione che come una verità sentita. Un altro elemento chiave del monologo è il continuo riferimento all’autodistruzione: "Siete poveri, vigliacchi, piagnucolosi, arretrati. Rubate e recitate male." Qui Greta colpisce al cuore l’identità stessa dei napoletani.


Li dipinge come persone incapaci di affrontare la realtà senza cercare scuse, prigioniere di un vittimismo che li porta a incolpare sempre qualcun altro. Il riferimento agli "invasori di turno, il politico corrotto, il palazzinaro senza scrupoli" è un chiaro attacco a una mentalità che, secondo lei, ha sempre trovato giustificazioni esterne per le proprie difficoltà, senza mai assumersi la responsabilità del proprio destino. Ma il passaggio più crudele arriva alla fine: "Io mi sono salvata, ma voi no. Voi siete morti." Qui Greta sancisce la sua separazione definitiva da Napoli. Non solo si dichiara estranea alla città, ma addirittura ne decreta la morte. È una sentenza inappellabile, che mette i napoletani in una posizione in cui non esiste nemmeno la possibilità di redenzione. Eppure, proprio in questa affermazione estrema si nasconde la fragilità del monologo. Se Greta fosse davvero convinta di essersi salvata, se fosse davvero libera da Napoli, sentirebbe il bisogno di dirlo con tanta veemenza? Il suo sfogo, così radicale e violento, suggerisce più un dolore represso che una vera liberazione.

Conclusione

Il monologo di Greta Cool è una dichiarazione di guerra alla sua città natale, ma anche un grido di dolore. La sua rabbia non è quella di chi ha dimenticato Napoli, ma di chi non riesce a farlo. La sua condanna è così totale da risultare sospetta: chi è veramente libero non ha bisogno di urlare il proprio distacco.


Sorrentino, con questa scena, non offre una risposta definitiva su Napoli e sulla sua gente, ma mette in scena un conflitto profondo e lacerante. Greta Cool rappresenta una delle tante anime della città: quella di chi se ne va convinto di salvarsi, ma resta legato per sempre a ciò che ha lasciato. In fondo, il suo monologo non è altro che una versione esasperata del rapporto di amore e odio che molti napoletani hanno con la loro terra. È un addio gridato a gran voce, ma che lascia l’amaro sospetto di non essere mai stato davvero pronunciato.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com