Monologo - il trionfo di Malcom in Malcom & Marie

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO


Nell'intro del film "Malcolm & Marie", diretto da Sam Levinson, risiede un intricato dialogo tra arte, autenticità e percezione razziale, avvolto in un monologo di John David Washington nei panni di Malcolm. Questo monologo serve da finestra nell'anima turbata del protagonista e introduce anche un tema che attraverserà il film, il commentario sull'industria cinematografica, il ruolo della critica e le complesse dinamiche razziali che permeano entrambi gli ambiti. Il film, distillato in una notte di rivelazioni e confronti tra Malcolm e la sua compagna Marie, interpretata da Zendaya, svela il tessuto di una relazione messa alla prova dall'ego, dalle insicurezze e dall'intensità del processo creativo.

IL SUCCESSO DI MALCOM


MINUTAGGIO: 4:16-7:32

RUOLO: Malcom

ATTORE: John David Washington

DOVE: Netflix


INGLESE


Whoo! I’m a little wavy. But life is good. Because we fucking did it! I wrote and directed and premiered a movie that knocked the audience the f*ck out tonight. Did you see that? Did you see that audience? Baby, did you see that audience? I said, did you see the audience? Man, I delivered a fucking knockout punch. The last eight minutes straight, they were sobbing and when the credits hit, it was like a fucking bomb. It’s like a bomb went off. It feels good. I cannot believe this is real. Baby, I can’t believe this is real. Afterwards, I talked to six critics. Six or seven of ’em. They was all on a nigga. You feel me? The white guy from Variety loved it. The white guy from IndieWire loved it. The white woman from the LA Times, she really loved it. She kept saying that I’m the next Spike Lee, the next Barry Jenkins, the next John Singleton. I just looked at her, like, “What about William Wyler?” You could tell, for three whole seconds, she was like, “Was William Wyler Black?” Sh-yeah! And then she realized, “Oh… shit. That’s racist too.” She got flushed. Face red. That shit had me dying. Marie, that was hilarious. And she kept stumbling over her words, saying shit like, “The movie was so emotional. I– Malcolm, I couldn’t even think straight. Oh, my God, Malcolm. Just, just, Malcolm. Malcolm. Oh. Yeah, it was like a super white moment. What was interesting, though, was that you can tell that because I’m Black, as the director, and the woman is a Black lead, stars in the film, she’s already trying to frame it through a political lens, when in reality, it’s a film about a girl trying to get clean. Now, are there certain obstacles, because she’s a Black woman? I mean, hell yeah. Right? That’s reality, too, but it’s not a film about race. No. It’s about shame, it’s about guilt, and how that shit is inescapable. And it annoys me that so many of these journalists can’t help but to flex their college education. Yeah, but I’m not academic, baby. I’m not elitist about my shit. I’m not trying to make a film for the three people in my media studies class that I respect. I am a filmmaker. Right? Am I a filmmaker, baby? That’s right. And I’m going to be part of the larger conversation about filmmaking without always having some white-ass writer making it about race ’cause it’s fucking convenient. You know, I could see– I could see the reviews now. It goes something like this. This is how they be writin’ and shit. They are. I mean, we get it. You’re smart. We get it. You’re woke. We get it. Let us, us artists, have some f*cking fun with the shit. Let us have fun with the art.



ITALIANO


Sono un pò brillo. Ma la vita è bella. Ce l'abbiamo fatta, cazzo: ho scritto, diretto e presentato un film che ha steso tutti, stasera. Li hai visti, hai visti? No, amore, li hai visti? Hai visto il pubblico? Hai visto il pubblico? Gli ho tirato un cazzo di pugno da KO. Negli ultimi otto minuti singhiozzavano tutti, e poi, ai titoli di coda è scoppiata una cazzo di bomba. Un'esplosione. Che ficata! Non ci credo che sia vero, amore non ci credo. Dopo ho parlato con sei critici. Sei o sette, tutti interessati al nero. Capito? Al bianco di Variety è piaciuto. Al bianco di the Indiewire è piaciuto; e la bianca dell'LA Times è impazzita. Continuava a chiamarmi il nuovo Spike Lee. Il nuovo Barry Jenkins, il nuovo John Singleton. Io la guardo e le chiedo: "E allora William Wyler"? E lei per qualche secondo si è chiesta: "Perché, William Wyler era nero?". E poi ha capito: "Oh cazzo, è razzismo anche quello". E poi è diventata tutta rossa, mi ha fatto crepare dalle risate, uno spasso. Continuava a impappinarsi. Diceva stronzate, tipo: "E' un film talmente toccante. Io, io Malcom non riuscivo neanche a connettere. Malcom. Malcom. Malcom". Cazzo, la tipica reazione da donna bianca. Cazzo. Ma la cosa interessante è che si vedeva che siccome sono nero, e che sono il regista, e la protagonista del mio film è una nera, lei già cercava di inquadrarmi in una prospettiva politica, ma in realtà è un film su una ragazza che vuole disintossicarsi. Ora, incontra ostacoli, perché è una ragazza nera? Cacchio, si, cioè è vero anche questo, ma non è un film sull'etnia! No, parla di vergogna, di colpa, di come non si sfugge a quella merda. E mi infastidisce che molti di questi giornalisti sfocino la loro istruzione accademica. Io ho una laurea, ma non sono un accademico, amore. Non sono elitario nel lavoro. Non cerco di fare un film per tre compagni del corso di cinema che ancora rispetto. Io sono un regista. Giusto? Sono un regista? Sono un regista amore? Esatto. E farò parte di un discorso più ampio sulla cinematografia, senza che qualche critico bianco del cazzo tiri in ballo l'etnia perché gli conviene. Guarda già, già mi immagino le recensione. Quella gente scrive sempre le stesse cose, lo sai? "Questo film ha un'acuta analisi degli orrori..." Amano questi termini del cazzo... "Orrori... del razzismo sistemico nell'industria della salute mentale." Invece è solo un film commerciale su una drogata che cerca di riprendersi. Queste persone, questi critici del cazzo sono così ottusi. Sempre. E si, lo abbiamo capito, siete così intelligenti, socialmente impegnati, capito. Lasciate che noi artisti ci divertiamo con queste cose, che ci divertiamo con l'arte.


MALCOM... E MARIE


"Malcolm & Marie" è un film drammatico scritto e diretto da Sam Levinson, con un approccio minimalista e intensamente focale. Rilasciato nel 2021, il film è stato notevole per essere stato prodotto durante la pandemia di COVID-19, seguendo rigide linee guida per la sicurezza e la salute. La trama si concentra esclusivamente su due personaggi, Malcolm, interpretato da John David Washington, e Marie, interpretata da Zendaya, nel corso di una notte tumultuosa che mette alla prova la loro relazione.


Malcolm è un regista cinematografico emergente, che torna a casa dopo la premiere del suo ultimo film, accompagnato dalla sua ragazza, Marie. La notte dovrebbe essere una celebrazione del suo successo, ma invece si trasforma in un'esplorazione intensa e conflittuale delle dinamiche della loro relazione. Il personaggio di Malcolm è affascinante per molteplici motivi, non ultimo il modo in cui rappresenta le insicurezze e le complessità spesso associate al processo creativo. Malcolm è profondamente appassionato del suo lavoro e ha una forte opinione su cinema e arte. Questo si riflette nei suoi monologhi appassionati sull'industria cinematografica, sulle critiche e su ciò che significa essere un creativo.


Nonostante il successo, Malcolm lotta con le proprie insicurezze, soprattutto riguardo alla percezione del suo lavoro e alla sua autenticità come artista. Queste insicurezze si manifestano attraverso la sua reazione alle critiche e il timore che la sua arte non sia genuinamente apprezzata.


La relazione tra Malcolm e Marie è al centro del film, con Malcolm spesso in una posizione di potere, sia come figura pubblica sia nella loro interazione privata. Tuttavia, questo potere viene messo in discussione e critica da Marie, rivelando una complessità sottostante nella loro dinamica. Mentre il film procede, Malcolm si rivela essere egocentrico, spesso ignorando i bisogni e i sentimenti di Marie. Questo aspetto del suo carattere è cruciale per lo sviluppo della trama, poiché porta a discussioni profonde e a momenti di rivelazione personale.


ANALISI DEL MONOLOGO


Il monologo di Malcolm in "Malcolm & Marie" offre un'acuta introspezione sul suo personaggio, e su temi più ampi legati all'industria cinematografica, alla critica cinematografica e alla percezione della razza nell'arte. Attraverso questo monologo, vengono esplorati diversi aspetti chiave. Malcolm esprime un senso di trionfo per il successo del suo film, evidenziando l'importanza della validazione esterna nel mondo dell'arte. La sua euforia è palpabile, dimostrando quanto profondamente il successo e il riconoscimento influenzino la sua autostima e la percezione del proprio valore come artista. Malcolm discute delle sue interazioni con i critici cinematografici, sottolineando la complessità delle dinamiche di potere tra artisti e critici. Questa parte del monologo rivela il desiderio di Malcolm di essere visto oltre le etichette razziali, mostrando la sua frustrazione verso una critica che, secondo lui, riduce il suo lavoro a questioni di razza.


Il monologo tocca il tema delicato di come l'arte creata da persone di colore venga spesso interpretata attraverso una lente politica o razziale, a prescindere dalle intenzioni dell'artista. Malcolm sfida questa tendenza, affermando che il suo film è più universalmente umano che specificamente razziale, nonostante riconosca che la razza gioca un ruolo nelle vite dei personaggi. Malcolm esprime il suo disprezzo per ciò che percepisce come un approccio elitario e accademico alla critica cinematografica, che secondo lui manca di collegamento con l'esperienza reale dello spettatore medio.


Malcolm sottolinea il suo desiderio di creare arte che sia sia divertente sia significativa, senza necessariamente servire a un'agenda politica o sociale. Questo riflette una tensione comune nell'industria creativa tra l'arte come forma di espressione personale e l'arte come veicolo per messaggi più ampi.

Conclusioni


Il monologo di Malcolm in "Malcolm & Marie" agisce come un prisma attraverso il quale la luce della verità artistica si frantuma in molteplici sfaccettature. Levinson, tramite questo vibrante discorso, disvela le profondità di Malcolm come personaggio—un regista alle prese con le proprie insicurezze e la ricerca di autenticità—e solleva anche questioni pregnanti sull'industria cinematografica, la percezione razziale e il valore intrinseco dell'arte. La forza del monologo sta nella sua capacità di sfidare lo spettatore a considerare come l'arte viene interpretata attraverso filtri personali e collettivi, e il ruolo dei critici nell'ambito più ampio della cultura.

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