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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo di Nina nel film "Maledetta Primavera" è un'esplorazione delle emozioni complesse legate alla maternità, riflettendo la tensione tra il desiderio personale e le pressanti realtà della responsabilità genitoriale. Attraverso le sue parole, il film delinea il conflitto interiore che molte donne sperimentano di fronte alla maternità, e esplora anche il ruolo delle strutture di supporto sociale e la presenza, o l'assenza, del sostegno familiare e spirituale.
MINUTAGGIO:
RUOLO: Nina
ATTRICE: Emma Fasano
DOVE: Amazon Prime Video
ITALIANO
Non lo fare. Questo figlio, dico, non lo fare. Che poi tu, non lo sai com’è. Poi non ha manco una sorella. E chi lo guarda mentre stai a lavoro? Chi gli dà retta? No, perché Dio, sarà pure nei nostri cuori, ma non è che se lo prende nel letto quando non riesce a dormire, oppure lo accompagna a scuola la mattina. Sì, lo so che poi mi dici: “È un amore grande”. Un amore talmente grande che il Mondo inizia quando nasce lui. Per tutte le mamme è così. Lo farai questo figlio, anche se ti dico di non farlo. Perché, alla fine, Madonna, pure tu, sei mamma.
Il film "Maledetta Primavera" è un'opera italiana del 2021 diretta da Elisa Amoruso. È basato sul romanzo omonimo di Amoruso, che si ispira parzialmente alla sua vita personale. La trama segue la giovane protagonista, Nina, che si trova ad affrontare la complessità del passaggio dall'infanzia all'adolescenza. Ambientato negli anni '90, il film esplora temi come l'amicizia, l'identità sessuale e il primo amore in un contesto ricco di nostalgia.
La regista utilizza uno stile visivo che richiama l'estetica dell'epoca, con una particolare attenzione alla scelta della musica e dei costumi per evocare il periodo. Il titolo stesso è un riferimento alla canzone di Loretta Goggi, un'icona culturale di quel decennio in Italia.
Il monologo di Nina esprime una profonda riflessione sull'essere madre, esplorando il conflitto tra il desiderio personale e la realtà delle responsabilità genitoriali. Il personaggio di Nina rivela una consapevolezza matura, quasi precoce, del peso e delle complicazioni della maternità, nonché delle gioie uniche che essa comporta. Il monologo inizia con un avvertimento diretto e personale: “Non lo fare.” Questa frase è potente e serve a stabilire immediatamente un tono di serietà e preoccupazione. Nina sembra parlare non solo da un punto di vista personale ma anche collettivo, assumendo la voce della comunità o della famiglia che spesso interviene in queste decisioni intime. L'assenza di una figura paterna o di supporto familiare è messa in evidenza con frasi come “Che poi tu, non lo sai com’è. Poi non ha manco una sorella. E chi lo guarda mentre stai a lavoro?” Queste domande sollevano problemi pratici della maternità, particolarmente quando mancano reti di supporto. Il riferimento a Dio introduce un elemento di fede e destino, sottolineando la solitudine che si può provare anche in momenti di profonda fede personale: “No, perché Dio, sarà pure nei nostri cuori, ma non è che se lo prende nel letto quando non riesce a dormire, oppure lo accompagna a scuola la mattina.” Questo mostra il divario tra il conforto spirituale e l'aiuto tangibile. Il monologo chiude con una riconoscenza della forza irresistibile dell'amore materno: “Un amore talmente grande che il Mondo inizia quando nasce lui. Per tutte le mamme è così. Lo farai questo figlio, anche se ti dico di non farlo.” Qui, Nina riconosce che, nonostante le sue riserve, l'istinto materno e l'amore possono sopraffare la logica e la prudenza.
Il monologo articola profondamente le sfide e le meraviglie della maternità, esplorando le dinamiche di supporto, isolamento e la trascendenza emotiva che l'amore materno può portare. Con le sue parole, Nina trasmette una gamma di sentimenti che oscillano tra il consiglio pratico e la contemplazione filosofica, offrendo una visione intima e universale dell'esperienza materna.
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