Monologo - Marcello Mastroianni in \"Una giornata particolare\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Il monologo di Gabriele, interpretato da Marcello Mastroianni, rappresenta uno dei momenti più intensi e rivelatori di Una giornata particolare. È una confessione che avviene al telefono, una conversazione carica di disperazione, solitudine e bisogno di contatto umano. Gabriele è un uomo marchiato dal regime fascista per la sua omosessualità, una condizione che lo ha reso un emarginato, privandolo del lavoro e della libertà.

Pensami quando vuoi

MINUTAGGIO: circa metà film

RUOLO: Gabriele
ATTORE:
Marcello Mastroianni
DOVE:
Amazon Prime Video



ITALIANO


Eppure ci dovrei essere abituato, fin da ragazzo, o isolato o solo! Che poi... è la stessa cosa. Ma certo che conti! Solo che è tutto così assurdo. Secondo loro dovremmo sentirci in colpa. Oggi stavo... come si dice... stavo per commettere una sciocchezza. Mi ha salvato l'arrivo di una che abita qui vicino. No, è sicuro, la vita, qualunque sia, vale la pena di essere vissuta, si dice così. E poi arriva sempre un pappagalletto a ricordarcelo. Solo che oggi per me è una giornata particolare, lo sai? È come in un sogno quando... quando vuoi gridare e non ci riesci perché ti manca il respiro! Però ho voglia di parlare! Parlare! Parlare! Te ne accorgi vero? Oppure che ti devo dire? Scendere nella strada, fermare il primo sconosciuto e raccontargli tutti i fatti miei, ma fino a spaventarlo! A scandalizzarlo! A menargli, sì!, a fargli del male! Qualunque cosa, piuttosto che stare solo in questa casa che odio. Non dici niente? Pronto? Marco! E parla, cazzo! Ma di' qualcosa! Ma quello che vuoi... non lo so, parla del tempo, di sport, di un libro che stai leggendo! Scusami. Sì, lo so quello che senti anche tu. No, no... lo sai che non possiamo vederci. E poi, forse sarebbe anche peggio. Senti, quando si è scoraggiati bisogna trovare la forza di reagire, e subito, se no... non c'è niente da fare e sei fregato! Capisci? Senti! Perché non ci ridiamo sopra? Eh? Senti... piangere si può fare anche da soli, ma ridere bisogna essere in due! Ti ricordi quella volta a Ostia con quello lì del cocomero? Ma ridi, Marco, ti prego, ridi! ...che amico triste mi sono scelto. Sai cos'è che mi peserà di più? La tua mancanza. Curati. Fammi sapere della tua salute. Sì, appena succede ti richiamo. Ciao. Pensami quando vuoi.

Una giornata particolare

"Una giornata particolare" (1977), diretto da Ettore Scola, è un film ambientato a Roma il 6 maggio 1938, giorno della visita di Hitler a Mussolini. La città è in fermento: tutti sono in strada per celebrare l’incontro tra i due dittatori. Nel grande condominio popolare dove vive Antonietta (Sophia Loren), casalinga sposata con un fervente fascista e madre di sei figli, regna il vuoto. Lei è una donna che ha interiorizzato il suo ruolo di moglie e madre senza alternative, relegata a una routine fatta di pulizie e accudimento.


A rompere la monotonia è l’incontro con Gabriele (Marcello Mastroianni), il vicino di casa, un ex radiocronista dell’EIAR caduto in disgrazia perché omosessuale e antifascista. Mentre Roma celebra la retorica della potenza e della virilità, tra i due nasce una connessione fragile e intensa, in un appartamento quasi sospeso nel tempo. Antonietta, inizialmente influenzata dalla propaganda fascista, si confronta con un uomo che rifiuta quel mondo. Lui, consapevole del proprio destino (la deportazione), trova in lei un momento di umana comprensione. La giornata trascorre tra piccoli gesti di vicinanza, momenti di attrazione, parole mai dette.


Quando la città riprende il suo ritmo e la famiglia di Antonietta torna a casa, tutto torna come prima. Ma qualcosa è cambiato: Antonietta, anche se costretta a rientrare nel suo ruolo, ha vissuto per qualche ora una realtà diversa, fatta di scambio e ascolto. Scola costruisce un film in cui il privato e il politico si intrecciano in modo sottile e doloroso, raccontando una vicenda di solitudine, esclusione e desiderio di libertà.

Analisi Monologo

La forza di questo monologo sta nella sua progressione emotiva. Inizia con una constatazione amara: Eppure ci dovrei essere abituato, fin da ragazzo, o isolato o solo! Che poi… è la stessa cosa. Qui Gabriele sottolinea una condizione che è imposta dalla società. L’isolamento è una condanna. Subito dopo, il discorso si fa più urgente e drammatico: Oggi stavo… come si dice… stavo per commettere una sciocchezza.” Con questa frase suggerisce, senza dirlo apertamente, un pensiero suicida, subito interrotto dall’arrivo di Antonietta. Ma anche il suo tentativo di darsi coraggio è venato di cinismo: No, è sicuro, la vita, qualunque sia, vale la pena di essere vissuta, si dice così. E poi arriva sempre un pappagalletto a ricordarcelo.” Qui si avverte tutta la sua disillusione, come se ripetesse una frase fatta senza riuscire a crederci davvero.


L’angoscia cresce e prende una forma più viscerale quando Gabriele descrive la sua sensazione di impotenza e frustrazione: È come in un sogno quando… quando vuoi gridare e non ci riesci perché ti manca il respiro! L’immagine del sogno richiama l’irrealtà della sua condizione: non può esprimersi liberamente, non può vivere secondo la sua natura, è un uomo soffocato dalla repressione. La telefonata diventa sempre più caotica, con Gabriele che cerca disperatamente un dialogo, un contatto: Scendere nella strada, fermare il primo sconosciuto e raccontargli tutti i fatti miei, ma fino a spaventarlo! A scandalizzarlo! A menargli, sì!, a fargli del male!” Qui emerge la sua voglia di rompere il silenzio a qualsiasi costo, anche attraverso un gesto violento, pur di non essere più invisibile.


Dopo il culmine emotivo, il tono cambia di nuovo. Gabriele tenta di alleggerire la tensione, cercando un momento di complicità con Marco, l’amico all’altro capo della linea: Piangere si può fare anche da soli, ma ridere bisogna essere in due!” È una frase che racchiude tutto il senso della sua lotta: non vuole solo sopravvivere, vuole vivere davvero, condividere, essere parte di qualcosa.


Gabriele sa che sta per essere portato via, deportato in una località di confino. L’ultima frase è un addio, quasi un sussurro: Pensami quando vuoi.” Non chiede nulla, non pretende nulla. È la rassegnazione di chi sa che il proprio destino è già segnato.

Conclusione

Questo monologo è una delle scene più dolorose e potenti del film. Scola, attraverso il testo e la regia, costruisce un momento in cui il dramma personale si intreccia con il contesto storico. Gabriele è il simbolo di tutti coloro che il fascismo ha escluso, perseguitato e ridotto al silenzio.

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