Monologo - Margot Robbie in \"Maria regina di Scozia\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo di Elisabetta I (interpretata da Margot Robbie) rappresenta uno dei momenti più intensi e toccanti di Maria Regina di Scozia (2018). La scena si colloca verso la fine del film, poco prima dell'esecuzione di Maria Stuarda. Elisabetta, che non si rivolge direttamente alla cugina ma parla a lei attraverso una lettera o, forse, semplicemente dentro di sé, riflette sulla decisione dolorosa di mandare Maria a morte. Le sue parole sono dense di contraddizioni: un misto di rimpianto, ammirazione, dolore e accettazione del proprio ruolo di sovrana.

Sorella, devo agire

MINUTAGGIO: 1:51:40-1:54:35

RUOLO: Margot Robbie
ATTRICE:
Regina Elisabetta I
DOVE:
Netflix



INGLESE


Sister... evidence has been presented to me, written in your hand. It shows that you have conspired with Catholic forces against my life. Whether these letters are in your hand or not, I must act. I wish I could speak these words to you directly, but they exist only in my mind, as both a prayer and a penance. I hope that God will hear them. Believe me when I tell you how it ages me to bear such a burden, ordering to death the only other woman who knows what it means to rule as a queen in this land. You were right when we spoke a half lifetime ago. You said the day would come. And that day has come. I regret not doing then what I do now, so that I could have spared you so many years of imprisonment and misery. If you would lay eyes upon me now, you would not recognize me. I have relinquished all sense of self to the throne which rules my every word and action. But when I think of you, I see not an aged woman, but rather the young, resplendent queen whose portrait I first gazed upon five and 20 years ago, and whose beauty shone so brightly when we met, despite her despair. I know God's arms will accept you in that likeness, as the young, fierce queen who I have always loved and admired. May your soul have pity on mine.



ITALIANO


Sorella. Mi è stata presentata una prova scritta di tuo pugno. Dimostra che hai cospirato con le forze cattoliche contro la mia vita. Che queste lettere le abbia scritte tu oppure no, io devo agire. Vorrei poterti dire queste parole di persona. Ma esistono solo nella mia mente, come una preghiera. E una penitenza. Spero che Dio ascolti queste parole. Credimi, se ti dico che è gravoso per me portare un grave fardello, mandare a morte l’ultima altra donna che sà cosa significhi governare da Regina, in questa terra. Avevi ragione quando parlammo molto tempo fa. Dicevi che il giorno sarebbe arrivato. E quel giorno è arrivato. Rimpiango di non aver fatto quel giorno quello che faccio adesso, o ti avrei risparmiato tutti questi anni di prigionia e tribolazione. Se posassi i tuoi occhi su di me, ora, non mi riconosceresti. Ho rinunciato totalmente a me stessa, per il trono, da cui dipende ogni mia parola e azione. Ma quando penso a te, non vedo una donna invecchiata. Ma piuttosto la giovane, splendida regina il cui ritratto vidi per la prima volta venticinque anni fa, e la cui bellezza era così luminosa quando ci incontrammo, nonostante la sua disperazione. Io so che le braccia di Dio ti accoglieranno così com’eri allora, come la giovane, forte regina che io ho sempre amato e ammirato. Che la tua anima possa avere pietà della mia.

Maria Regina di Scozia

"Maria Regina di Scozia" (2018), diretto da Josie Rourke, è un film storico che esplora il complesso rapporto politico e personale tra due figure femminili centrali della storia britannica: Maria Stuarda, Regina di Scozia (interpretata da Saoirse Ronan) e sua cugina, Elisabetta I d’Inghilterra (interpretata da Margot Robbie). La trama si basa sulla rivalità e le tensioni tra le due regine, che si trovano al centro di una rete di intrighi, tradimenti e pressioni politiche in un mondo dominato da uomini.


Maria Stuarda, cattolica e vedova del re di Francia a soli 18 anni, torna in Scozia nel 1561 per reclamare il trono che le spetta di diritto. La sua presenza diventa una minaccia per Elisabetta I, che regna sull’Inghilterra e vede nella cugina una rivale, sia politica che simbolica. Maria non solo è legittima erede al trono inglese secondo le leggi dinastiche cattoliche, ma incarna anche un ideale di femminilità e potere che si scontra con l'immagine pragmatica e solitaria di Elisabetta.


Il cuore del film è la contrapposizione tra le due regine, non solo dal punto di vista politico, ma anche umano. Maria, determinata e carismatica, rivendica il suo diritto al trono inglese, ma il suo cattolicesimo la isola in un regno scozzese in gran parte protestante. Elisabetta, d’altra parte, è più consapevole del gioco politico: capisce che cedere potere a Maria potrebbe destabilizzare l'Inghilterra. La loro rivalità è alimentata dai consiglieri maschili, che approfittano delle tensioni per manipolare entrambe e preservare il controllo sul potere.


Un momento centrale del film, puramente immaginato dal punto di vista storico, è l’incontro faccia a faccia tra Maria ed Elisabetta. Questo confronto emotivo e drammatico, sebbene mai avvenuto nella realtà, serve a sottolineare la complessità del loro rapporto: due donne che si comprendono profondamente ma che sono intrappolate da circostanze storiche e pressioni politiche che le rendono avversarie.


Il film si conclude con la caduta di Maria, che viene giustiziata dopo 19 anni di prigionia per ordine di Elisabetta. La sua morte, però, è l'ultimo atto di un gioco politico che alla fine si ritorcerà contro Elisabetta stessa: sarà infatti il figlio di Maria, Giacomo, a unificare le corone di Scozia e Inghilterra.

"Maria Regina di Scozia" esplora temi legati al potere femminile in un mondo patriarcale, l'isolamento delle donne al comando e la dicotomia tra maternità e regno. Maria è rappresentata come passionale e impulsiva, mentre Elisabetta appare calcolatrice e strategica, quasi costretta a rinunciare alla propria femminilità per proteggere il suo regno.

Analisi Monologo

"Sorella. Mi è stata presentata una prova scritta di tuo pugno. Dimostra che hai cospirato con le forze cattoliche contro la mia vita. Che queste lettere le abbia scritte tu oppure no, io devo agire." Il monologo si apre con un'affermazione dura e pragmatica: Elisabetta si riferisce alle prove della presunta cospirazione di Maria contro la sua vita. È un'accusa che giustifica, almeno formalmente, la decisione di mandare Maria a morte. Tuttavia, Elisabetta ammette un'ombra di dubbio: "Che queste lettere le abbia scritte tu oppure no..." Questa frase suggerisce che Elisabetta non sia completamente convinta della colpevolezza della cugina, ma che il peso della politica la obblighi comunque a prendere una decisione drastica. Il tono è freddo e razionale, ma dietro queste parole si avverte una profonda tensione emotiva. Elisabetta non è solo una regina che sta facendo il suo dovere; è una donna che si rende conto che la sua decisione avrà conseguenze irreversibili, non solo per Maria, ma anche per la sua stessa anima.


"Vorrei poterti dire queste parole di persona. Ma esistono solo nella mia mente, come una preghiera. E una penitenza. Spero che Dio ascolti queste parole." Qui emerge il lato più umano e vulnerabile di Elisabetta. La regina confessa il suo desiderio di poter parlare direttamente con Maria, ma riconosce che ciò non è possibile. Questa distanza tra le due donne – sia fisica che simbolica – è uno dei temi principali del film. Elisabetta e Maria non riescono mai a comunicare veramente, e questo mancato confronto le rende prigioniere delle decisioni altrui e delle circostanze politiche. Il fatto che Elisabetta consideri le sue parole una "preghiera" e una "penitenza" rivela il senso di colpa che la tormenta. Sebbene la decisione di condannare Maria sia motivata dalla necessità politica, Elisabetta non riesce a ignorare il peso morale di questo atto. La menzione a Dio sottolinea che la regina non cerca solo giustificazione agli occhi del mondo, ma anche redenzione spirituale.


Credimi, se ti dico che è gravoso per me portare un grave fardello, mandare a morte l’ultima altra donna che sa cosa significhi governare da Regina, in questa terra." Questa frase è il cuore del monologo. Elisabetta riconosce Maria come l’unica altra donna che può davvero capire cosa significhi essere una regina in un mondo dominato dagli uomini. Questo riconoscimento crea un legame profondo tra le due: nonostante le rivalità e le differenze, c'è una comprensione reciproca che va oltre la politica.

La scelta delle parole "gravoso per me portare un grave fardello" sottolinea il peso emotivo che questa decisione rappresenta per Elisabetta. Mandare Maria a morte non è solo un atto politico, ma un tradimento del legame unico che le univa. Elisabetta si rende conto che, con la morte di Maria, rimarrà sola, senza nessuno che possa davvero comprendere la solitudine e il sacrificio del potere femminile.


"Avevi ragione quando parlammo molto tempo fa. Dicevi che il giorno sarebbe arrivato. E quel giorno è arrivato." Elisabetta si riferisce qui a un dialogo passato – reale o immaginario – in cui Maria aveva previsto il proprio tragico destino. Questa frase non solo evidenzia la consapevolezza di Maria riguardo alla precarietà della sua posizione, ma anche il rimpianto di Elisabetta per non aver agito diversamente in passato. Il tono è malinconico, quasi rassegnato: Elisabetta sa che non avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi, ma non può fare a meno di rimpiangere le scelte fatte.

"Se posassi i tuoi occhi su di me, ora, non mi riconosceresti. Ho rinunciato totalmente a me stessa, per il trono, da cui dipende ogni mia parola e azione."

Questa è forse la confessione più dolorosa di Elisabetta. La regina ammette di aver sacrificato tutto – la propria identità, la propria umanità – per il trono. La frase "non mi riconosceresti" è devastante: Elisabetta si è trasformata in qualcosa che non voleva essere, un’ombra di sé stessa, completamente consumata dal ruolo di sovrana. Questa dichiarazione rispecchia uno dei temi centrali del film: il potere come sacrificio. Elisabetta non è solo un personaggio storico, ma una figura tragica che ha dovuto rinunciare a ogni aspetto della propria vita personale per mantenere il controllo del suo regno.


"Ma quando penso a te, non vedo una donna invecchiata. Ma piuttosto la giovane, splendida regina il cui ritratto vidi per la prima volta venticinque anni fa, e la cui bellezza era così luminosa quando ci incontrammo, nonostante la sua disperazione." Questa immagine di Maria come giovane e splendida regina rivela l’ammirazione di Elisabetta per la cugina. Nonostante tutto, Elisabetta conserva un’immagine idealizzata di Maria, un ricordo che resiste al passare del tempo e agli eventi tragici che le hanno divise. Questo passaggio è carico di rimpianto, ma anche di affetto: Elisabetta vede in Maria non solo una rivale politica, ma una donna forte e ammirabile.


"Io so che le braccia di Dio ti accoglieranno così com’eri allora, come la giovane, forte regina che io ho sempre amato e ammirato. Che la tua anima possa avere pietà della mia." Il monologo si chiude con un’immagine profondamente spirituale. Elisabetta immagina Maria accolta da Dio nella sua forma più pura, come la regina giovane e forte che aveva ammirato in gioventù. Questo passaggio è una sorta di addio, un riconoscimento della grandezza di Maria nonostante tutto ciò che è accaduto.

La frase finale – "Che la tua anima possa avere pietà della mia" – è la confessione definitiva del senso di colpa di Elisabetta. È un’ammissione che, nonostante la giustificazione politica, Elisabetta non si perdonerà mai per quello che ha fatto. La regina si inchina spiritualmente davanti a Maria, riconoscendo non solo la sua forza, ma anche il prezzo che entrambe hanno pagato per il potere.

Conclusione

Questo monologo è un ritratto intimo e straziante di Elisabetta I. Le sue parole rivelano il conflitto interiore di una donna che ha sacrificato tutto per il trono, ma che non può ignorare il peso morale delle sue azioni. La relazione con Maria emerge qui in tutta la sua complessità: una miscela di rivalità, ammirazione e profonda comprensione. La forza di questa scena risiede nella sua ambiguità: Elisabetta non è né carnefice né vittima, ma una figura tragica intrappolata tra il dovere e il rimpianto.

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