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~ LA REDAZIONE DI RC
Il monologo del Presidente in Armageddon è uno dei momenti chiave del film, un passaggio che amplifica la tensione narrativa e conferisce al racconto una dimensione quasi epica. Non è soltanto un discorso motivazionale rivolto agli spettatori immaginari nel mondo del film, ma anche un modo per coinvolgere il pubblico reale, trasportandolo nel cuore della crisi. In questo monologo, il Presidente – volutamente senza nome, per sottolineare il suo ruolo universale – si rivolge all’umanità con una retorica carica di simbolismo, pathos e speranza, rendendolo un momento di sintesi tematica.
MINUTAGGIO:
RUOLO: Presidente
ATTORE: Stanley Anderson
DOVE: Amazon Prime Video
INGLESE
I address you tonight not as the President of the United States, not as the leader of a country, but as a citizen of humanity. We are faced with the very gravest of challenges. The Bible calls this day "Armageddon" - the end of all things. And yet, for the first time in the history of the planet, a species has the technology to prevent its own extinction. All of you praying with us need to know that everything that can be done to prevent this disaster is being called into service. The human thirst for excellence, knowledge; every step up the ladder of science; every adventurous reach into space; all of our combined modern technologies and imaginations; even the wars that we've fought have provided us the tools to wage this terrible battle. Through all of the chaos that is our history; through all of the wrongs and the discord; through all of the pain and suffering; through all of our times, there is one thing that has nourished our souls, and elevated our species above its origins, and that is our courage. The dreams of an entire planet are focused tonight on those fourteen brave souls traveling into the heavens. And may we all, citizens the world over, see these events through. God speed, and good luck to you.
ITALIANO
Mi rivolgo a voi stasera non in veste di Presidente degli Stati Uniti, non come leader di una Nazione, ma semplicemente come essere umano. Ci troviamo ad affrontare la più spaventosa delle prove. Nella Bibbia, quel giorno è chiamato Armageddon, cioè la fine di tutte le cose. Eppure, per la prima volta nella storia del nostro pianeta, il genere umano possiede i mezzi tecnologici per evitare la propria estinzione. Tutti voi che ci accompagnate nella preghiera dovete sapere che tutto ciò che è possibile per evitare il disastro verrà fatto. L’umano desiderio di emergere e di conoscere, ciascuna tappa della scalata alla scienza, ogni singola avventurosa frontiera vinta nello spazio, tutte le conquiste della moderna tecnologia, persino le guerre del passato... tutto ciò ci ha fornito gli strumenti per combattere questa terribile battaglia. Nel caos che regna nella nostra storia, tra i mille torti e le discordie, tra immensi dolori e sofferenze attraverso i secoli, c'è una cosa che ha elevato le nostre anime ed elevato la nostra specie dalle proprie origini. E quella cosa è il coraggio. I sogni dell'intero pianeta, stasera, riposano in questi 14 coraggiosi uomini che viaggeranno nello spazio. E speriamo di riuscire tutti, abitanti del mondo intero, a vedere la conclusione di questi eventi. Buon viaggio e buona fortuna!
"Armageddon" (1998), diretto da Michael Bay, è un film che rappresenta uno degli apici del cinema d’azione anni ’90, caratterizzato da esplosioni spettacolari, eroi riluttanti e un’abbondante dose di pathos.
La trama ruota attorno a una minaccia globale: un gigantesco asteroide, grande come il Texas, si sta dirigendo verso la Terra, pronto a causare un'estinzione di massa simile a quella dei dinosauri. Con un margine di tempo limitato e senza altre opzioni praticabili, la NASA decide di affidarsi a un piano audace quanto improbabile: mandare un gruppo di trivellatori petroliferi nello spazio per distruggere l'asteroide dall'interno, posizionando una testata nucleare al suo centro.
Bruce Willis interpreta Harry Stamper, il migliore trivellatore del mondo, un uomo rude ma carismatico, considerato l’unico in grado di portare a termine la missione. Harry accetta di guidare l'impresa, ma solo se potrà contare sulla sua squadra di lavoratori petroliferi, un gruppo di personaggi eccentrici e talentuosi, che vanno dal coraggioso A.J. (Ben Affleck) al sarcastico Rockhound (Steve Buscemi).
Mentre la squadra si prepara per il viaggio spaziale, emergono dinamiche personali che aggiungono profondità emotiva al racconto: Harry è contrario alla relazione romantica tra sua figlia Grace (Liv Tyler) e A.J., e questo crea tensione sia a livello familiare che all'interno del gruppo.
Il film si divide in due atti principali: la preparazione e il lancio della missione, seguiti dalla frenetica azione nello spazio. Una volta atterrati sull'asteroide, gli ostacoli si moltiplicano: dalla difficoltà nel trivellare fino alla perdita di vite umane, ogni momento è una lotta contro il tempo e contro le avversità. La tensione emotiva culmina quando Harry si sacrifica, restando sull'asteroide per detonare manualmente la bomba, salvando così l’umanità ma al prezzo della propria vita.
La forza di questo monologo risiede nella sua capacità di elevare una situazione straordinaria – la minaccia dell’estinzione globale – a un piano mitico, richiamando immagini bibliche e tracciando una linea narrativa che collega il passato dell'umanità al suo possibile futuro. Il monologo si apre con una scelta di tono significativa: il Presidente si spoglia del suo ruolo istituzionale, presentandosi “non in veste di Presidente degli Stati Uniti, non come leader di una Nazione, ma semplicemente come essere umano.” Questo approccio non solo crea un legame diretto e universale con il pubblico, ma abbatte anche le barriere politiche e nazionali, facendo appello a una comunità umana globale. La sua figura non è qui per rappresentare una nazione, ma il genere umano intero, in una lotta che trascende confini e ideologie. Questa apertura costruisce immediatamente empatia e stabilisce il tono solenne del discorso.
Nel passaggio successivo, il Presidente nomina esplicitamente Armageddon, un termine che evoca la fine del mondo secondo la tradizione biblica. Questo riferimento non è casuale: dà alla crisi una portata simbolica, suggerendo che l’umanità si trova di fronte al suo giudizio finale, ma allo stesso tempo apre uno spiraglio di speranza. La frase “per la prima volta nella storia del nostro pianeta, il genere umano possiede i mezzi tecnologici per evitare la propria estinzione” mette in evidenza una dicotomia centrale: il pericolo immenso è il prodotto del progresso umano, ma anche la sua salvezza risiede nelle stesse conquiste tecnologiche. Il cuore del monologo celebra l’umanità anche per la resilienza che ha dimostrato nel corso della storia. Frasi come “l’umano desiderio di emergere e di conoscere” e “ogni singola avventurosa frontiera vinta nello spazio” trasformano la crisi in una sorta di culmine storico, quasi inevitabile. In questa narrazione, il progresso scientifico e tecnologico non è solo un mezzo, ma un testamento della grandezza dell’umanità. Tuttavia, il discorso riconosce anche i costi del progresso – le guerre e le sofferenze del passato – in un sottile equilibrio tra celebrazione e riflessione.
La parte conclusiva del monologo si concentra sul valore umano che sovrasta tutto: il coraggio. Questa virtù viene presentata come il filo conduttore che ha “elevato le nostre anime ed elevato la nostra specie dalle proprie origini.” È un momento di grande enfasi emotiva, che lega i sacrifici imminenti dei 14 astronauti al destino dell’intero pianeta. Il coraggio, qui, diventa la risposta morale all’inevitabilità del pericolo. Non si tratta solo di tecnologia o razionalità: è la volontà umana di affrontare l’ignoto che rappresenta il vero protagonista.
La frase finale, “I sogni dell’intero pianeta, stasera, riposano in questi 14 coraggiosi uomini,” unisce il destino dei singoli individui con quello dell’umanità. È una dichiarazione che rafforza l’idea di interconnessione globale: non ci sono spettatori in questo evento, solo partecipanti. Il Presidente termina con un augurio di “buon viaggio e buona fortuna,” una conclusione semplice ma carica di significato, che riduce l’immensa complessità della situazione a una preghiera condivisa, quasi personale.
Il monologo del Presidente in Armageddon funziona come una finestra sull’anima del film stesso. Dietro le esplosioni e l’azione frenetica, questo momento riflette il cuore del messaggio: l’unità dell’umanità e la capacità di affrontare le sfide più spaventose attraverso il coraggio e la solidarietà. Questo discorso rimane uno dei momenti più memorabili del film, proprio perché trascende i confini della storia narrata, parlando a un livello più universale e profondo.
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