Monologo maschile - William Hurt in \"Il bacio della donna ragno\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo di Luis Molina si colloca in una delle tante sequenze in cui egli racconta – con un linguaggio vivido, sensoriale, quasi teatrale – un film immaginario a Valentin. È un momento di evasione, certo, ma anche di auto-riflessione mascherata. La “diva” di cui parla è una figura simbolica, costruita da desideri, nostalgie, e un senso profondo di isolamento. Quello che Molina proietta in lei è, in modo sottile ma chiarissimo, una parte di sé. Raccontando questa donna, sta parlando della propria condizione, delle sue aspirazioni inespresse, del bisogno di bellezza e d’amore che non trovano spazio nella realtà del carcere – né nella società esterna.

Non una donna come tutte le altre

MINUTAGGIO:

RUOLO: Luis Alberto Molina

ATTORE: William Hurt

DOVE:

ITALIANO

Lei è... beh, lei è... in un certo senso, un po'... strana. È una cosa che risalta subito. Non è una donna come tutte le altre. Sembra... chiusa, perduta in se stessa. Sola. In un mondo che si porta profondamente dentro, ma circondato da un altro mondo, di gran lusso. Un sontuoso boudoir, il letto di raso trapuntato, tende di chiffon... Dalla sua finestra puoi vedere la torre Eiffel. Eh... Improvvisamente la cameriera le porta una scatola confezionata come un regalo, omaggio di un ammiratore. Lei è una diva di cabaret di altissimo livello. Apre la scatola: è un bracciale di diamanti. Ma lo rimanda indietro. Gli uomini sono veramente ai suoi piedi. Ne ha conosciuti molti, ma non quello che aspetta da tutta la vita, un vero uomo. La governante le ha preparato il bagno di schiuma. La diva prende un asciugamano, e se lo avvolge intorno ai capelli, come un turbante. Le sue unghie sono tinte in un rosa pesca, si slaccia la camicia di taffetà, e la lascia scivolare lentamente lungo le sue cosce, fino al pavimento di piastrelle. La sua pelle scintilla. La snella caviglia si infila nell'acqua profumata, poi si immergono le sue gambe sensuali, e infine l'intero suo corpo è accarezzato dalla schiuma.

Il bacio della donna ragno

"Il bacio della donna ragno" (Kiss of the Spider Woman, 1985) è uno di quei film che sembrano semplici nella superficie – due uomini in una cella – ma che in realtà costruiscono un’intera riflessione sulla libertà, sull’identità e sulla potenza dell'immaginazione. È tratto dall’omonimo romanzo di Manuel Puig, con la regia di Héctor Babenco e una performance centrale di William Hurt che, tra l’altro, gli valse l’Oscar come miglior attore protagonista. Il film si svolge quasi interamente all’interno di una cella in un carcere sudamericano durante una dittatura militare. I protagonisti sono Luis Molina, un omosessuale imprigionato per “corruzione di minore”, e Valentin Arregui, un prigioniero politico marxista. Molina è un sognatore, innamorato del cinema, e durante le lunghe giornate in cella racconta a Valentin la trama di un vecchio film nazista che ha visto da ragazzo.

Racconta la storia di una cantante, una sorta di femme fatale – la “Donna Ragno” del titolo – in un film ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale. Quello che vediamo, quindi, è un film dentro il film: Molina ricostruisce questa pellicola (fittizia) come se fosse un romanzo orale, colorando le giornate di prigionia con un mondo fantastico e lontano dalla brutalità che li circonda.

All’inizio, il contrasto tra i due è netto: Valentin è concentrato solo sulla lotta politica, sulla rivoluzione, sulle sue idee; Molina è apolitico, sensibile, e sembra vivere in un mondo parallelo fatto di melodrammi in bianco e nero. Ma a poco a poco, la distanza tra i due si accorcia. Le storie che Molina racconta diventano un modo per entrare nella testa (e nel cuore) di Valentin. I due iniziano a influenzarsi a vicenda: Molina comincia a vedere la realtà sotto una nuova luce, mentre Valentin si apre a un’umanità che non aveva mai considerato. La svolta narrativa arriva quando scopriamo che Molina è stato convinto dalle guardie a spiare Valentin, nella speranza di ottenere la libertà. Il dubbio – se Molina stia davvero tradendo o se sia cambiato durante la convivenza – diventa il punto centrale emotivo della vicenda.

Questo è un film che gioca sul potere della narrazione. I racconti di Molina non sono solo evasione: sono una forma di resistenza personale, una dichiarazione di esistenza in un mondo che vuole annientare ogni individualità. La storia d’amore nel film dentro il film diventa un riflesso della relazione tra i due uomini nella cella. E quel personaggio della "Donna Ragno", misteriosa e affascinante, incarna una figura di bellezza fatale, ma anche di libertà ambigua: è colei che porta la morte ma anche la possibilità di trasformazione. Il film affronta anche la costruzione dell’identità sessuale, la mascolinità e il modo in cui l’immaginario cinematografico influisce sul nostro modo di interpretare la realtà. Molina vive attraverso i film perché la sua realtà è inaccettabile, mentre Valentin rifiuta le fantasie perché vuole cambiare il mondo concreto. Ma entrambi, alla fine, hanno bisogno l’uno dell’altro per vedere sé stessi in modo diverso.

Analisi Monologo

"Lei è... beh, lei è... in un certo senso, un po'... strana. È una cosa che risalta subito." L’incipit è esitante, quasi intimo. Questi tre puntini e il tono vagamente esitante indicano che Molina sta scoprendo il personaggio mentre lo racconta, come se lo vedesse materializzarsi davanti a sé. Ma l’aggettivo chiave qui è “strana”: in questa stranezza c’è già l’eco della propria diversità, di un’identità che non si riconosce nel “normale”. Molina non sta solo descrivendo una donna affascinante: la sta elevando a figura altra, fuori posto come lui. "Sola. In un mondo che si porta profondamente dentro, ma circondato da un altro mondo, di gran lusso." Qui c’è la prima frattura interessante: la diva è divisa tra un mondo interno, invisibile, e uno esterno, sontuoso ma superficiale. È la perfetta metafora della condizione di Molina.

Dentro, un mondo emotivo vasto e complesso. Fuori, un’esistenza costruita su immagini, apparenze, e un ruolo sociale rigido. La prigione fisica è solo una parte della questione. La prigione vera è la distanza tra il mondo che uno ha dentro e quello che gli altri vedono. "Apre la scatola: è un bracciale di diamanti. Ma lo rimanda indietro." Il gesto di rifiuto è significativo: Molina non idealizza l’opulenza né la fama. La diva può avere tutti gli uomini del mondo, ma cerca “un vero uomo”. È un desiderio semplice, essenziale, umano. Questo ci porta al punto centrale: la diva, e quindi Molina, non vogliono essere adorati, vogliono essere amati. Non vogliono vivere nei sogni, ma in una realtà in cui siano visti e accettati. "La sua pelle scintilla... il suo corpo è accarezzato dalla schiuma." Il finale del monologo è di una sensualità marcata ma mai volgare. C’è una cura per i dettagli che suggerisce adorazione, non oggettivazione. È il corpo come luogo di bellezza e fragilità. In questa descrizione del bagno – quasi rituale – c’è anche una richiesta implicita: quella di essere toccati con delicatezza, di essere accarezzati come qualcosa di prezioso. Un desiderio profondo di intimità.

Conclusione

Il monologo, pur mascherato da descrizione di un film, è un autoritratto poetico. È Molina che si racconta attraverso un filtro glamour, che prende le distanze per potersi guardare meglio. Ogni dettaglio, ogni immagine, parla di desiderio e solitudine, di un’identità che cerca spazio in un mondo che non la riconosce.

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