Monologo Maschile - \"Il divo\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo, pronunciato dal personaggio del giornalista Eugenio Scalfari nel film "Il Divo" di Paolo Sorrentino, rappresenta uno dei passaggi più incisivi del film. È un momento di forte tensione drammatica in cui il giornalista mette Giulio Andreotti davanti a tutte le contraddizioni e le ombre della sua carriera politica. Attraverso domande retoriche incalzanti, il monologo espone una lunga serie di coincidenze inquietanti che hanno segnato la storia italiana recente, mettendo in dubbio la figura politica e personale di Andreotti stesso.

E' un caso, presidente?

MINUTAGGIO: 54:12-57:16

RUOLO: Eugenio Scalfari
ATTORE:
Giulio Bosetti
DOVE:
Netflix



ITALIANO


Dovrebbe invece. Dovrebbe crederci al caso. Dunque, presidente, è un caso che i familiari di alcune persone assassinate la odiano? La odia il figlio del generale Dalla Chiesa: dice che c'è la sua mano nell'omicidio del padre. La odia la moglie di Aldo Moro che la ritiene uno dei responsabili della morte del marito. È un caso che la odi la moglie del banchiere Roberto Calvi? Dice che lei minacciò prima e ordino dopo l'omicidio di Calvi. Dice che non l'uccise lo Ior, ma due persone: Andreotti e Cosentino, che adesso è morto. E poi mi domando: "È un caso che lei fosse ministro dell'Interno quando Pisciotta è stato assassinato con un caffè avvelenato? ". Si disse che Pisciotta avrebbe potuto rivelare i mandanti dell'omicidio del bandito Giuliano. È un caso che il banchiere Michele Sindona sia stato assassinato allo stesso modo? Anche lui, costretto in carcere, avrebbe potuto fare rivelazioni fastidiose. È un caso che tutti dicano che lei ha ripetutamente protetto Sindona? È un caso che il suo luogotenente Evangelisti abbia incontrato Sindona da latitante, a New York, in un negozio di soldatini? È un caso quello che dice il magistrato Viola? Che se lei non avesse protetto Sindona non sarebbe mai maturato il delitto Ambrosoli? E ancora: è un caso che lei annota tutto scrupolosamente nei suoi diari e dimentica di annotare del delitto Ambrosoli? Ed è un caso che nel triennio '76-'79, quando lei era Presidente del Consiglio, tutti i vertici dei servizi segreti erano nelle mani della P2? È un caso che lei nei ripetuti incontri con Licio Gelli, capo della P2, parlavate - solo ed esclusivamente - dei desaparecidos sudamericani? Così ha detto lei: "solo chiacchiere amichevoli". Infine, è un caso che lei sia stato tirato in ballo in quasi tutti gli scandali di questo paese? E tralascio tutti i sospetti che aleggiano sui suoi rapporti con la Mafia. Insomma - come ha detto Montanelli - delle due, l'una. O lei è il più grande, scaltro criminale di questo paese, che l'ha sempre fatta franca; oppure è il più grande perseguitato della storia d'Italia. Allora le chiedo: tutte queste coincidenze sono frutto del caso o della volontà di Dio?

Il Divo

"Il Divo" (2008), diretto da Paolo Sorrentino, è un film che racconta la figura enigmatica di Giulio Andreotti, uno degli uomini più potenti della politica italiana del dopoguerra. Il film non segue una narrazione classica biografica, ma costruisce un ritratto frammentato, quasi onirico, che oscilla tra realtà e rappresentazione simbolica del potere. Il film si concentra sul periodo tra la fine degli anni '80 e i primi anni '90, quando Andreotti, interpretato da Toni Servillo, è al culmine della sua carriera politica e si appresta a guidare il suo settimo governo. È un uomo enigmatico, impenetrabile, circondato da una cerchia di fedelissimi che manovra con astuzia e apparente distacco emotivo. Ma l'Italia sta cambiando: l'ondata di Tangentopoli e le inchieste sulla mafia gettano ombre sul suo operato. La morte di figure chiave della politica e della finanza, come Salvo Lima e Paolo Borsellino, si intreccia con le accuse di collusione tra lo Stato e Cosa Nostra. Andreotti viene indagato per associazione mafiosa e il film segue il suo atteggiamento impassibile di fronte all'ennesima sfida politica e giudiziaria.


Parallelamente, il film tratteggia il suo rapporto con la moglie Livia, il suo fedele entourage e i tormenti interiori che emergono nei rari momenti di introspezione, come nella celebre scena del monologo-confessione in cui per un attimo lascia intravedere il peso del potere e della colpa.

"Il Divo" è una riflessione visiva e narrativa sulla natura del potere in Italia. Sorrentino usa uno stile barocco e visionario, alternando momenti solenni e grotteschi, tra scene di rara eleganza e sequenze surreali che esaltano l'ambiguità del protagonista. Andreotti è ritratto come un uomo imperturbabile, quasi mitologico, che si muove tra intrighi e segreti senza mai perdere il controllo.

Analisi Monologo

Dal punto di vista cinematografico, il monologo di Scalfari è costruito come un crescendo narrativo e drammatico, strutturato attraverso una successione di interrogativi sempre più pressanti, che sembrano chiudere Andreotti in un angolo morale e psicologico. Ogni domanda inizia con la formula ossessiva "È un caso...", una scelta narrativa che suggerisce un'accusa sottile ma costante, martellante. Il registro è misurato, eppure l'impatto delle parole è notevole, creando un'atmosfera claustrofobica che spinge lo spettatore a interrogarsi sulla vera natura del potere politico in Italia.


Ogni riferimento citato dal monologo si connette a eventi precisi e reali della storia italiana: dall'assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, al delitto Moro, passando per la morte sospetta di Roberto Calvi e Michele Sindona, fino al coinvolgimento della loggia P2 e ai rapporti controversi con i servizi segreti e la mafia. Attraverso questo elenco impietoso, il regista Paolo Sorrentino usa il personaggio di Scalfari per offrire uno spaccato del periodo più oscuro e controverso della politica italiana, e pone lo spettatore di fronte all'ambiguità di Andreotti, figura impenetrabile che ha sempre evitato ogni accusa.


La forza drammatica e la rilevanza cinematografica del monologo risiedono proprio nel fatto che non offre risposte ma lascia aperta la porta a una doppia interpretazione. Lo spettatore, così, è costretto a confrontarsi con l'ambiguità di una figura potente, costantemente sospesa tra la colpa e l'innocenza.

Conclusione

Questo monologo del film "Il Divo" è una scena che resta impressa per la sua capacità di evidenziare, attraverso una costruzione retorica semplice ma efficace, le contraddizioni profonde della storia recente italiana. La domanda finale, che cita Indro Montanelli, racchiude tutta l'ambivalenza della figura di Andreotti: o criminale scaltro o perseguitato innocente, senza alcuna via di mezzo. Il monologo, con la sua forza cinematografica, obbliga il pubblico a riflettere sull'opacità del potere e sulla difficoltà di decifrare la verità in un contesto politico tanto complesso. È forse proprio questa sospensione tra accusa e dubbio, tra realtà e ambiguità, a rendere il monologo una delle scene chiave dell'intera opera di Paolo Sorrentino.

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