Monologo maschile - \"Exterritorial: oltre il confine\"

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~ LA REDAZIONE DI RC

Introduzione al monologo

Questo monologo di “Exterritorial - Oltre il confine” monologo arriva in un momento carico di tensione, in cui le dinamiche tra i personaggi principali sono ormai esplose e la verità — o qualcosa che le somiglia — comincia a emergere a pezzi. Erik Kynch, il capo della sicurezza dell’ambasciata, prende finalmente parola. E non lo fa per chiedere scusa, né per giustificarsi: lo fa per constatare, con precisione militare, dove il suo piano ha fallito. Il tono è quello di un uomo abituato al controllo, ma costretto a riconoscere che qualcosa gli è sfuggito. La cosa interessante? Quel “qualcosa” ha un nome: Sara.

Il mio nome, la mia storia...

MINUTAGGIO: 1:30:12-1:31:15

RUOLO: Erik Kynch

ATTORE: Dougray Scott

DOVE: Netflix

INGLESE

I made a mistake. I underestimated you. "She's a fighter. She never gives up." That's what everyone who knew you told me. But I never thought you'd make it out of the visitor building. It started to go wrong when you saw the bag being handed over. Bad luck, but my mistake was not knowing what Martello was up to. That's why you broke into the other building, which was never the plan. Still, I decided to let things run. Even after you met Kira Wolkowa, we still had the situation under control. The men could move in as planned. But no one expected that you'd eliminate two trained attackers and avert the abduction.

ITALIANO

Ho commesso un grave errore. Ti ho sottostimata. "E' una combattente. E' una che non si arrende". L'ha detto chiunque ti conoscesse. Mai avrei creduto che saresti uscita dall'edificio aperto al pubblico. Tutto è andato a rotoli quando ti sei imbattuta nello scambio della borsa. Una stupida coincidenza, ma anche un mio errore. Arei dovuto sapere degli affari loschi di Martello. Solo per quello sei andata nell'altro edificio. non faceva parte del piano originale. Ma in ogni caso, ho deciso di non interferire. Persino dopo il tuo incontro con Kira Wolkowa avevamo la situazione sotto controllo. Il piano per rapire la Wolkowa non era cambiato, ma nessuno aveva calcolato che avresti eliminato due assalitori ben addestrati, e impedito il suo rapimento. Hai mandato a puttane l'intero piano.

Exterritorial - Oltre il confine

Exterritorial – Oltre il confine è un thriller tedesco distribuito da Netflix che si muove in un territorio familiare agli amanti del genere, ma lo fa con una struttura e un'ambientazione che giocano costantemente sul senso di prigionia e sul dubbio come dinamica narrativa.

La trama ruota attorno a Sara, interpretata da Jeanne Goursaud, un’ex soldatessa delle forze speciali che vive in Germania con il figlio Joshua. Quando, durante una visita apparentemente ordinaria all’ambasciata americana di Francoforte, il bambino sparisce nel nulla, si innesca un thriller psicologico e d’azione dove la dimensione personale si scontra con la burocrazia impenetrabile e i meccanismi del potere diplomatico. La parte disturbante? Nessuno sembra ricordarsi di Joshua. Nessuna telecamera lo ha registrato. È come se non fosse mai esistito.

E da quel momento, Exterritorial si trasforma in una caccia paranoica, in cui la protagonista deve fare affidamento solo sul proprio istinto e sul proprio addestramento. Il film gioca con la nozione di "extraterritorialità" non solo come concetto legale (l’ambasciata come territorio estero), ma anche come stato mentale. Sara si ritrova fuori da ogni luogo sicuro, fuori da ogni certezza, fuori da se stessa. Tutti gli altri personaggi — da Erik Kynch (Dougray Scott), il capo della sicurezza, fino alla misteriosa Irina (Lera Abova) — sembrano portare in faccia due maschere: una pubblica e una che non possiamo mai vedere del tutto.

Il cuore del film, però, è la domanda morale e psicologica su chi diventa un individuo quando perde tutto ciò che lo definisce: la famiglia, il ruolo, la fiducia negli altri. Ed è proprio qui che il film gioca la sua partita più interessante: mostrare come anche il soldato più addestrato può ritrovarsi disarmato se il nemico non si vede, se le regole smettono di funzionare e se il campo di battaglia è dentro casa.

Analisi Monologo

Il monologo si apre con una frase secca, priva di difese: Ho commesso un grave errore. Ti ho sottostimata.” Non è una resa, ma una constatazione. Erik parla come si farebbe in un rapporto operativo, come se stesse debriefando una missione andata male. E infatti, subito dopo, cita ciò che “tutti” dicevano di Sara: È una combattente. È una che non si arrende.” Il modo in cui ripete queste frasi — senza ironia, ma con un distacco professionale — è significativo. Non le nega, non le ridicolizza. Anzi, le conferma. E nel farlo, le riconosce un valore che non aveva voluto vedere. Il suo errore, quindi, non è solo tattico, ma anche umano: ha ridotto una persona a una pedina. E la pedina gli ha rovesciato la scacchiera. 

Il secondo blocco del monologo è una ricostruzione tecnica degli eventi: Mai avrei creduto che saresti uscita dall’edificio aperto al pubblico…Qui si svela la struttura nascosta della narrazione: tutto era sotto controllo. Sara era in un ambiente progettato per contenerla, per guidarla in una direzione precisa. Il film, fino a quel momento, ci aveva fatto vivere l’incertezza di Sara; ora scopriamo che dall’altra parte c’era uno schema, e che Sara l’ha spezzato.

L’episodio della borsa scambiata viene descritto come “una stupida coincidenza”, ma subito dopo Erik si attribuisce la colpa di non aver previsto l’elemento di disturbo (i traffici loschi di Martello). Questo passaggio è centrale perché rivela come il sistema stesso — così solido e impermeabile — sia vulnerabile proprio nei suoi angoli ciechi, nelle piccole deviazioni che non si possono mappare.

Poi arriva la svolta più importante: Hai eliminato due assalitori ben addestrati e impedito il rapimento.” Questa è l’ammissione che più pesa, perché sposta definitivamente la percezione di Sara da figura “fuori posto” a minaccia attiva. Erik non la considera più un errore da correggere, ma una variabile che ha fatto deragliare un intero piano orchestrato. È anche il momento in cui si chiarisce, senza bisogno di grandi spiegazioni, che la CIA, l’ambasciata, Donovan: tutti erano complici del tentato rapimento di Kira Wolkowa. Non servono grandi dichiarazioni ideologiche, basta quella frase Il piano per rapire la Wolkowa non era cambiato…Con una frase sola, il film ci dice tutto sul tipo di “giustizia” che si pratica tra corridoi e immunità diplomatica.

Conclusione

Il monologo di Erik Kynch è un confessionale atipico: nessuna emozione, nessun pentimento, ma una lucidità brutale che ha il peso di una sentenza. È la voce del potere che riconosce la propria vulnerabilità, ma non per correggerla — per archiviarla. Erik non parla per redenzione, parla per chiarezza operativa. Ha perso il controllo della situazione e ora ne sta ridefinendo i confini, come un generale dopo una sconfitta non prevista.

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