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~ LA REDAZIONE DI RC
Questo monologo è uno dei più emotivi di Freedom Writers e rappresenta in modo potente l’impatto che Erin Gruwell ha avuto sui suoi studenti. Qui non si parla solo di scuola, ma di sopravvivenza. Il protagonista del monologo – uno degli studenti – racconta la disperazione di perdere la casa e il senso di impotenza di fronte a una realtà troppo grande da affrontare.
MINUTAGGIO: 1:13:12-1:14:56
RUOLO: Studente
DOVE: Netflix
ITALIANO
“L’estate è stata la peggiore estate nella mia breve vita di quattordicenne. E’ cominciato tutto con una telefonata. Mia madre piangeva e implorava. Continuava a chiedere tempo. Come se stesse aspirando l’ultima boccata d’aria. Mi teneva stretto più che poteva, e piangeva. Le sue lacrime mi colpivano come pallottole, e mi diceva che ci avevano dato lo sfratto. Continuava a chiedermi di perdonarla. “Non abbiamo una casa”; pensavo. “Avrei dovuto chiedere un regalo meno costoso a Natale”. La mattina dello sfratto mi sono svegliato che suonavano alla porta. Era lo sceriffo, che era venuto a fare il suo lavoro. Ho alzato lo sguardo al cielo, aspettando che succedesse qualcosa. Mia madre non ha una famiglia su cui contare. Nessuna entrata economica. A che serve venire a scuola e prendere buoni voti se non ho una casa. L’autobus ferma davanti la scuola. Sento che sto per vomitare. Ho addosso i vestiti dello scorso anno, un paio di scarpe vecchie, non ho i capelli tagliati. Penso che mi rideranno dietro. E invece mi vengono incontro due amici, che erano al corso con me. E allora penso che la signora Gruwell, la mia pazza insegnante dello scorso anno, è l’unica persona che mi ha fatto pensare alla speranza. Parlo con gli amici delle lezioni dell’anno scorso e delle nostre gite, e mi comincio a sentire meglio. Mi consegnano l’orario di lezione, e la prima insegnante è la signora Gruwell, aula 203. Allora entro nella stanza, e mi sembra che tutti i problemi della mia vita non siano più tanto importanti. Sono a casa.“
Freedom Writers (2007) è un film diretto da Richard LaGravenese con Hilary Swank nel ruolo della protagonista, ispirato a una storia vera raccontata nel libro The Freedom Writers Diary. La trama segue Erin Gruwell, una giovane insegnante di letteratura che nel 1994 inizia a lavorare in una scuola superiore di Long Beach, in California. La scuola è segnata da forti tensioni razziali e sociali, con studenti divisi in gruppi etnici e coinvolti in gang, più preoccupati di sopravvivere che di studiare.
All'inizio, Erin trova un muro di ostilità: i suoi studenti non la rispettano e vedono la scuola come una perdita di tempo. Ma lei non si arrende. Decide di cambiare il metodo di insegnamento per coinvolgerli, usando testi che possano parlare direttamente alle loro esperienze di vita. Porta in classe il Diario di Anna Frank e altri libri sulla discriminazione e sulla lotta per i diritti civili, mostrando ai ragazzi che la loro storia ha valore e che la scrittura può essere un modo per esprimere le proprie emozioni.
La svolta arriva quando Erin consegna a ciascuno di loro un diario, invitandoli a scrivere le proprie esperienze. Attraverso la scrittura, gli studenti iniziano a riflettere su sé stessi e a costruire un legame con la classe. Il progetto prende il nome di Freedom Writers, e le storie dei ragazzi diventano uno strumento di crescita personale e collettiva.
Nel corso del film, Erin affronta anche difficoltà personali e professionali: il marito (Patrick Dempsey) non condivide il suo impegno totale per la scuola, e i dirigenti scolastici ostacolano le sue iniziative. Ma il suo lavoro porta risultati: gli studenti, inizialmente etichettati come "senza speranza", dimostrano di poter superare i loro limiti e riscrivere il proprio futuro.
Il film mescola dramma sociale e formazione personale, raccontando il percorso di una classe che, grazie alla scrittura, trova una nuova prospettiva di vita.
Il monologo segue una struttura ben precisa: parte da un evento traumatico (lo sfratto), passa attraverso il senso di vergogna e disperazione del protagonista, per poi concludersi con un barlume di speranza. L’apertura è diretta e brutale: "L’estate è stata la peggiore estate nella mia breve vita di quattordicenne." Non c’è alcun tentativo di abbellire la realtà. La frase successiva – "È cominciato tutto con una telefonata." – fa percepire subito il senso di ineluttabilità della situazione. La madre che piange e implora tempo è una scena che trasmette un’enorme fragilità: non solo quella della donna, ma anche quella del figlio che, impotente, assiste alla sua disperazione.
Un passaggio particolarmente forte è la metafora delle lacrime della madre: "Le sue lacrime mi colpivano come pallottole." Qui si sta parlando di un vero e proprio impatto fisico. Il protagonista si sente colpito, ferito, come se anche il pianto della madre fosse una forma di violenza subita. Poi arriva la frase che racchiude il cuore del monologo: "A che serve venire a scuola e prendere buoni voti se non ho una casa?" Questa domanda mette in discussione tutto ciò che normalmente viene insegnato ai ragazzi: studia, lavora sodo, costruisci il tuo futuro. Ma come si può pensare al futuro quando non si ha nemmeno un posto dove dormire? La seconda parte del monologo segna un cambio di tono. La paura del primo giorno di scuola, il timore di essere giudicato per i vestiti vecchi e per l’aspetto trasandato, è qualcosa che molti possono comprendere. Ma qui accade qualcosa di inaspettato: gli amici del corso dell’anno precedente lo accolgono senza giudicarlo. Questo è il primo segnale che qualcosa è cambiato.
Il punto di svolta arriva con la menzione della signora Gruwell: "È l’unica persona che mi ha fatto pensare alla speranza." Questa frase da sola dice tutto. Erin non ha risolto i problemi di questi ragazzi, ma ha dato loro qualcosa di ancora più prezioso: la consapevolezza che valgono qualcosa.
Il monologo si chiude con un’immagine potentissima: "Entro nella stanza, e mi sembra che tutti i problemi della mia vita non siano più tanto importanti. Sono a casa." Questa frase ribalta completamente l’inizio del monologo. Se la casa vera è andata perduta, se la realtà fuori è ostile, allora la classe della signora Gruwell diventa il rifugio.
Questo monologo mostra il vero impatto dell’insegnamento di Erin Gruwell. Per questi ragazzi, la scuola non era mai stata un posto sicuro. Ma grazie a Erin, è diventata una casa, un luogo in cui sentirsi accettati, dove i problemi del mondo esterno non hanno lo stesso peso.
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