Monologo Maschile - La giuria in \"Monsters: la storia di Lyle ed Erik Menéndez\"

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Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Questo giurato, all’interno di “Monsters: la storia di Lyle ed Erik Menéndez", colto nel suo intimo nervosismo, nella sua empatia e nel dubbio in cui si dibatte, rappresenta il conflitto universale tra giustizia e compassione. Dal tono esitante all’inevitabile peso del giudizio, ogni frase esprime la lotta interiore di un uomo comune a cui è stato affidato un compito straordinario: giudicare senza una verità certa.

SIAMO CONVINTI?

EPISODIO 9

MINUTAGGIO: 37:20-39:15
RUOLO: Giurato

ATTORE: -
DOVE: Netflix


INGLESE



Um... I gotta admit, I'm pretty nervous about being here. It's crazy how some things work out. I know we haven't spoken much since I was just an alternate, but I've spent the last few weeks trying to figure out what I would do if I had to decide between life and death. And, um... now here I am. We never heard anyone say they were violent or they got in any fights. All I heard about was how good they were. All those coaches and teachers. I... I couldn't believe how much they all cared about them. And I kept thinking about their relatives. Talking about how much they loved them. Fighting for their lives. That's gotta mean something. Look, I honestly don't know what to believe. But I know if I were in their position and lived through what they said they lived through... I probably would've done the same thing. I've definitely snapped before. I never killed anyone, but I've definitely snapped. And I know we're never gonna know what really happened in that family, but if there's even the slightest chance that what they said is true... I'll tell you right now, I'm not gonna be the one responsible for taking their lives because I think that would be a huge mistake. And when the time comes and we vote... I hope we all think about that. And I hope we make a decision we can live with just like they did that night. Because we're gonna have to live with it for the rest of our lives.



ITALIANO



Sono un pò nervoso, lo ammetto. A volte succedono delle cose incredibili. So che non parliamo da molto e io ero solo un sostituto, ma... ho passato le ultime settimane a... immaginare cosa farei se dovessi decidere tra la vita e la morte e... ed eccomi qui. Nessuno ha mai dichiarato che erano violenti. O che litigavano. Non ho sentito altro che lodi, su di loro. Tutti gli allenatori, i... docenti... chi l'avrebbe detto. Erano molto legati, non pensavo... Mi sono fatto domande sulla loro famiglia. Sembrava che si amassero tanto. E lottavano per vivere. Non possiamo ignorarlo, ovvio... Onestamente non so cosa pensare. Ma so che... se fossi stato nei loro panni, e avessi visssuto le esperienze terribili che raccontano, probavilmente avrei fatto la stessa cosa. Anch'io ho perso il controllo. Non ho mai ucciso nessuno, ma il controllo l'ho perso. E ovviamente non sapremo mai cosa succedesse realmente in quella casa. E se c'è anche il minimo fondo di verità nelle parole di quei ragazzi... E non credo di volermi assumere la responsabilità di strappargli la vita dalle mani. Penso che sarebbe un errore clamoroso. Quando arriverà il momento di votare spero... che questo vi sia chiaro. E spero che la scelta che faremo non ci perseguiterà, come quella che hanno fatto loro quella notte. Perché è una scelta che ci porteremo dietro tutta la vita.

MONSTERS: LA STORIA DI LYLE ED ERIK MENE'NDEZ

"Monsters: La storia di Lyle ed Erik Menendez" è la seconda stagione della serie antologica di Ryan Murphy e Ian Brennan, che ha debuttato con "Monster: The Jeffrey Dahmer Story." La serie si addentra nella storia complessa e controversa dei fratelli Lyle ed Erik Menendez, condannati per l'omicidio dei loro genitori nel 1989, un caso che catturò l’attenzione pubblica e il panorama mediatico americano per anni, scatenando dibattiti sui temi della giustizia, della violenza familiare e dei limiti della percezione pubblica.


La serie ripercorre la vicenda dei Menendez, soffermandosi sulle dinamiche familiari e sugli eventi che portarono alla tragica notte del 20 agosto 1989, quando i fratelli uccisero i genitori José e Kitty Menendez nella loro casa di Beverly Hills. Il caso, noto per la brutalità e l'apparente mancanza di movente, si complicò durante il processo, quando emersero accuse di abuso sessuale e psicologico da parte dei genitori nei confronti dei figli. Attraverso un susseguirsi di flashback e interviste, Murphy e Brennan esplorano il retroscena dei due fratelli, puntando l’obiettivo sulle crepe di una famiglia che all’apparenza incarnava il sogno americano.


Uno dei temi centrali è la natura ambigua e distruttiva del legame familiare. La serie scava nei dettagli delle accuse di abuso mosse dai fratelli verso i genitori, dando voce a una sofferenza rimasta a lungo ignorata o messa in discussione. Murphy e Brennan tentano di dare uno spessore umano ai due fratelli, suggerendo che le loro azioni siano state una risposta disperata a una vita segnata da abusi.


Il processo Menendez sollevò domande sulla giustizia e sul trattamento degli abusi all’interno della legge. Da una parte, i fratelli Menendez furono visti come assassini calcolatori; dall’altra, come vittime di un sistema che aveva fallito nel proteggerli. La serie affronta il dilemma morale su come la giustizia tratta le vittime di abusi quando diventano perpetratori di violenza, spingendo lo spettatore a riflettere sulla complessità dei confini tra vittima e carnefice.


Il caso Menendez fu uno dei primi processi trasmessi in diretta TV, segnando l'inizio di una lunga tradizione di copertura mediatica dei crimini violenti. La serie mostra come l’attenzione morbosa dei media abbia distorto la percezione del pubblico, trasformando il dolore familiare in un prodotto di intrattenimento. Questo tema si intreccia anche con le riflessioni più ampie della società americana sui limiti e le responsabilità del giornalismo sensazionalistico.


La famiglia Menendez era, almeno in apparenza, un esempio di successo e ricchezza. José Menendez era un dirigente di successo, e la sua vita costituiva un modello di ambizione americana. Tuttavia, la serie sottolinea come le pressioni e l’ossessione per l’apparenza abbiano contribuito a creare un ambiente tossico, mettendo in luce l’ipocrisia delle aspettative sociali.

ANALISI MONOLOGO

Il giurato comincia il suo discorso con esitazione e nervosismo, un segnale evidente della difficoltà del compito che ha davanti. Il suo ruolo era originariamente marginale ("ero solo un sostituto"), ma ora si ritrova ad avere il potere di determinare il destino di due giovani. Questo peso lo pone in uno stato di disagio, e il suo ragionamento si fa quasi sommesso, come se volesse fare pace con una decisione che non avrebbe mai voluto prendere. La frase “immaginare cosa farei se dovessi decidere tra la vita e la morte” riassume la solennità e la pressione di questa scelta.


Il giurato esprime dubbi profondi sulla colpevolezza morale dei fratelli Menendez. Egli ammette di non poter ignorare ciò che hanno vissuto e si chiede, in modo molto umano, se avrebbe potuto comportarsi come loro, “se fossi stato nei loro panni.” Qui emerge l’empatia, una componente che diventa un filtro morale per le sue riflessioni. In questo monologo, la storia dei ragazzi viene “personalizzata” dal giurato: non sono solo colpevoli o innocenti, sono esseri umani che potrebbero aver reagito a un trauma estremo. Questa empatia è ciò che lo porta a mettere in discussione l’idea di una giustizia rigida e inflessibile.


Il giurato esprime un'ammissione chiave: “E ovviamente non sapremo mai cosa succedesse realmente in quella casa.” Questa frase sottolinea anche come la verità possa essere sfuggente. Lui sa che la storia che gli è stata raccontata potrebbe essere parzialmente vera, ma anche che potrebbe non rispondere alla realtà. Ma non si sente pronto ad assumersi la responsabilità di infliggere una punizione definitiva, come la pena di morte, basandosi su una verità che potrebbe non essere completa.


Quando il giurato conclude, afferma che qualsiasi decisione prenderanno sarà un peso che li “perseguiterà” per tutta la vita. In questo, si fa portavoce del peso morale che i giurati devono sopportare, perché anche la legge, pur con le sue strutture rigide, non può proteggere chi la applica dal dover fare i conti con il proprio senso di colpa. È un momento di amara consapevolezza: quella di aver assorbito una parte del trauma dei Menéndez, di essere diventati partecipi di una tragedia e di dover convivere con il dubbio e con la possibilità di aver contribuito a un’ingiustizia.


Questo monologo è il riflesso del dilemma morale che sottende l'intera serie e, per estensione, la storia dei Menendez. Rappresenta la difficoltà di arrivare a una verità univoca quando ci si confronta con questioni come l'abuso, la violenza domestica e il trauma. Il giurato, attraverso il suo discorso, fa emergere una verità scomoda: giudicare una vita senza poter comprendere pienamente l’esperienza di chi è imputato è un’impresa drammatica, e forse anche ingiusta.

SUGGERIMENTI PER L'INTERPRETAZIONE

Interpretare questo monologo richiede un approccio sottile e sfumato, dove ogni pausa, esitazione e inflessione della voce serve a costruire l'immagine di un uomo che, pur essendo determinato a trovare una risposta, è anche paralizzato dal dubbio e dal peso morale della decisione.


1. Incertezza e Nervosismo come Stato di Partenza


Comincia con un tono esitante, quasi sottovoce, come se il personaggio stesse ancora cercando di raccogliere il coraggio per condividere i suoi pensieri. Il giurato è nervoso, quindi il corpo dovrebbe essere visibilmente teso, con movimenti minimi e quasi impercettibili: uno sguardo che evita il contatto diretto, mani che potrebbero cercare conforto in un gesto di autosostegno (come sfregarsi le mani o giocherellare con le dita). Inserisci qualche pausa in modo naturale, come se il personaggio stesse cercando le parole giuste. Sottolinea l'umanità di questo giurato: è un uomo comune in un contesto straordinario e difficile, e il nervosismo è parte di questa autenticità.


2. Empatia e Connessione Emotiva


Mentre esprime empatia per i fratelli Menendez, lascia trasparire una commozione contenuta. Il giurato prova compassione, quindi è importante che questa si percepisca nella voce, magari un leggero tremore o una tonalità più morbida e calda. Quando dice “se fossi stato nei loro panni… probabilmente avrei fatto la stessa cosa,” spingiti in una breve pausa, quasi come se stesse confrontando la propria esperienza con la loro. Puoi rendere la frase più personale, quasi un sussurro, come se stesse ammettendo una verità intima a cui non vuole dare troppo spazio ma che lo colpisce nel profondo.


3. Il Peso della Verità e del Dubbio


Nella parte centrale del monologo, dove afferma “ovviamente non sapremo mai cosa succedesse realmente in quella casa", lascia emergere una sorta di rassegnazione. Questo è il punto in cui realizza che la verità, qualunque essa sia, resterà incompleta, e qui la voce può abbassarsi, trasmettendo una sensazione di impotenza. È importante che il viso tradisca un’espressione pensierosa e grave, come chi sente il peso di una scelta più grande di lui. Quando parla del “minimo fondo di verità” nelle parole dei ragazzi, fai percepire la vulnerabilità: è il dubbio che lo attanaglia, una fessura che destabilizza la sua convinzione iniziale.


4. Fermati sulla Parola “Errore”


Quando dice “sarebbe un errore clamoroso,” usa un tono più fermo. Questo è un momento decisivo, in cui il giurato espone chiaramente la sua posizione. Potresti inclinare leggermente il corpo in avanti, come se volesse rimarcare il concetto agli altri giurati, quasi come se stesse implorando la loro comprensione e sostegno. Usa una pausa dopo la parola “errore” per far risuonare la gravità della sua affermazione. L’intensità emotiva cresce, e questo è un momento cruciale per dare potenza alla tua interpretazione, trasmettendo un appello personale alla coscienza degli altri giurati.


5. Il Timore del Rimorso e della Colpevolezza Duratura


Nelle ultime battute, “spero che la scelta che faremo non ci perseguiterà… perché è una scelta che ci porteremo dietro tutta la vita,” il tono dovrebbe tornare quasi sommesso, quasi un sussurro. Qui si fa portavoce del dubbio morale, della paura che questa scelta segni per sempre non solo la vita dei ragazzi ma anche quella dei giurati stessi. Fai sentire il rimorso anticipato, come se il giurato stesse già vedendo il peso di questa decisione gravare sul suo futuro. La voce può farsi più lenta, ogni parola dovrebbe essere scandita con una certa gravità, e lo sguardo può farsi lontano, come se stesse visualizzando le conseguenze di ciò che sta per fare.

CONCLUSIONE

Nel portare in scena il giurato, la sua resa deve lasciare trasparire un rimorso anticipato, un senso di responsabilità che trascende la legge e tocca la sfera dell’umano. Alla fine, l'attore deve incarnare l’angoscia di chi sa che qualsiasi decisione lascerà una cicatrice indelebile, sia sui giovani imputati che su se stesso. È un monito sul dubbio e della compassione, e sull’incredibile peso che una scelta del genere può avere sulla vita di chiunque si trovi a doverla compiere.

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