Monologo Maschile - Will Smith in \"Io sono Leggenda\"

Unisciti alla nostra Community Famiglia! Compila il "FORM" in basso, inserendo il tuo nome e la tua mail, ed entra nell'universo di Recitazione Cinematografica. Ti aspettiamo!


Articolo a cura di...


~ LA REDAZIONE DI RC

INTRODUZIONE AL MONOLOGO

Questo monologo di Robert Neville da "Io sono Leggenda" è un momento cruciale per comprendere la sua disperazione, il suo isolamento e, soprattutto, la sua perdita di fede. Neville è uno scienziato che ha vissuto l’intera crisi sanitaria e il crollo della civiltà mondiale, osservando la trasformazione dell’umanità in mostri senza razionalità e senza controllo.

DIO NON C'E'

MINUTAGGIO: 1:19:20-1:20:25
RUOLO: Robert Neville

ATTORE: Will Smith
DOVE: Netflix


INGLESE


All right, let me tell you about your "God's plan". Seven billion people on Earth when the infection hit. KV had a ninety-percent kill rate, that's five point four billion people dead. Crashed and bled out. Dead. Less than one-percent immunity. That left twelve million healthy people, like you, me, and Ethan. The other five hundred and eighty-eight million turned into your dark seekers, and then they got hungry and they killed and fed on everybody. Everybody! Every *single* person that you or I has ever known is dead! Dead! There is no god!



ITALIANO


Il suo progetto… Va bene, parliamo del progetto del tuo Dio. C’erano sei miliardi di persone quando è scoppiata l’epidemia. Il virus di Krippin ha una mortalità del 90%, questo vuol dire cinque miiardi e quattrocento milioni di morti. Contagio, emorragia interna e morte. Circa l’un percento di noi, vale a dire circa 12 milioni di persone come te, me e Ethan; le rimanenti cinquecentottantotto sono diventate tuoi “Cacciatori del buio” e poi hanno avuto fame, e hanno ucciso e mangiato tutti i sopravvissuti. Tutti i sopravvissuti. Ognuna di quelle persone che tu o io abbiamo mai conosciuto, è morta! Morta! Dio non c’è. Dio non c’è.

IO SONO LEGGENDA

"Io sono leggenda" è un film del 2007 diretto da Francis Lawrence, con Will Smith nei panni del protagonista, Robert Neville. È una delle trasposizioni cinematografiche del celebre romanzo di Richard Matheson del 1954, che ha influenzato profondamente il genere horror e fantascientifico, anticipando tematiche legate all'apocalisse, all'isolamento e alla mutazione umana.

La storia è ambientata in un futuro distopico, precisamente nel 2012. Un virus genetico, inizialmente progettato per curare il cancro, si è evoluto in una pandemia letale, capace di sterminare la popolazione mondiale. La maggior parte degli esseri umani viene uccisa o muta in creature chiamate "Oscuri" (Darkseekers), esseri feroci e sensibili alla luce, che ricordano i vampiri e che vagano nella notte in cerca di cibo.


Il protagonista, Robert Neville, è uno scienziato militare e uno dei pochi, se non l’unico, sopravvissuto a New York. Immune al virus, dedica le sue giornate alla ricerca di una cura nel suo laboratorio improvvisato e all’esplorazione della città deserta insieme al suo fedele cane Sam, unico compagno rimastogli. Di giorno, Neville si muove per la città, esplorando luoghi abbandonati, cercando provviste e studiando gli Oscuri, mentre di notte si rifugia in casa, che ha trasformato in una vera e propria fortezza.

La sua vita solitaria viene scandita da una routine che rispecchia un ordine quasi ossessivo, un modo per tenere a bada la propria sanità mentale e non cadere nella disperazione.


Nonostante la sua condizione, Neville continua a inviare messaggi radio ogni giorno, sperando di trovare altri sopravvissuti. La routine di Neville viene stravolta da una serie di eventi: scopre che gli Oscuri sono in grado di organizzarsi e capisce che le sue capacità di adattamento non sono così superiori. Il colpo più duro arriva quando il suo cane, Sam, viene infettato. La perdita di Sam è devastante e spinge Neville sempre più verso il limite della follia.


Proprio quando sembra non avere più speranza, però, incontra altri due sopravvissuti, Anna e un ragazzo di nome Ethan, che lo portano a ripensare la sua visione del mondo e il suo ruolo in esso. Nel finale, Neville riesce a trovare una cura per il virus e, in un ultimo atto di sacrificio, si assicura che Anna e Ethan possano fuggire portando con sé la cura. Esistono due versioni del finale: nella versione alternativa, Neville capisce che gli Oscuri hanno sviluppato un nuovo tipo di socialità e lo considerano una minaccia, quasi un "mostro" agli occhi di queste creature mutate.

ANALISI MONOLOGO

Questo monologo è un’espressione di totale disillusione: per uno scienziato e uomo pragmatico come Neville, parlare della mortalità del virus e delle statistiche di morte è quasi una presa di coscienza metodica di come il mondo sia diventato un inferno. Il discorso ruota attorno al numero delle vittime e alla spietatezza del virus, una descrizione oggettiva e quasi clinica dell’estinzione.


"Parliamo del progetto del tuo Dio": Questa frase iniziale è intrisa di sarcasmo e amarezza. Neville non sta solo mettendo in discussione la fede di Anna (il suo interlocutore, uno dei pochi sopravvissuti che ha incontrato), ma esprime un attacco diretto alla concezione di Dio stesso. Lui, che ha visto il mondo cadere a pezzi, non può accettare un piano divino che abbia prodotto una tale devastazione.


"Il virus di Krippin ha una mortalità del 90%…" Questa parte è un resoconto preciso della catastrofe. Neville sembra elencare i dati come un ricercatore freddo e distaccato, ma è proprio attraverso questa apparente distanza emotiva che emerge il suo dolore. È come se si aggrappasse ai numeri per evitare di cedere al senso di perdita e impotenza. Ogni cifra, ogni percentuale è un promemoria di quanto sia stata totale e spietata la distruzione.


"Ognuna di quelle persone che tu o io abbiamo mai conosciuto, è morta! Morta!" Questo è il cuore emotivo del monologo. Qui non è più lo scienziato a parlare, ma l’essere umano che ha perso tutto. I numeri si traducono in volti, in vite. La sua rabbia e il suo dolore vengono espressi in maniera quasi primordiale, ripetendo "morta" per sottolineare l’irrevocabilità di ciò che è successo. È il grido di un uomo che non riesce a trovare un significato a una simile tragedia.


"Dio non c’è. Dio non c’è." La conclusione del monologo è definitiva, una sentenza che risuona come una condanna. Per Neville, ogni traccia di fede e speranza è andata persa. Questa affermazione non è solo la perdita della fede in un’entità superiore, ma è la negazione di ogni senso di conforto. In un mondo dove tutto è morto, anche Dio è morto. Questa negazione della divinità è una resa totale alla desolazione.

SUGGERIMENTI PER L'INTERPRETAZIONE

Interpretare questo monologo richiede un equilibrio sottile tra rabbia, disperazione e rassegnazione. L'attore deve far emergere tutta la complessità di un uomo che si trova al limite estremo della sopportazione umana, abbandonato dalla fede e logorato da una solitudine assoluta.


1. Il tono iniziale: sarcasmo e cinismo


Esordio "Va bene, parliamo del progetto del tuo Dio": l'inizio del monologo deve avere un tono sarcastico, quasi sprezzante. Questo è un Neville amareggiato che si sente abbandonato, un uomo che non riesce più a vedere senso né giustizia nella fede. Il tono deve essere basso, controllato, come se stesse trattenendo un’esplosione.

Timbro vocale: inizia con un tono leggermente ironico, quasi forzato, per esprimere l'idea di un uomo che non crede più in niente ma che vuole dimostrare qualcosa al suo interlocutore. Questa ironia è come un tentativo di nascondere il dolore dietro a una facciata di disprezzo.


2. La descrizione della catastrofe: distacco apparente, tensione sotto la superficie


Parte centrale ("Il virus di Krippin ha una mortalità del 90%..."): questa sezione va interpretata con un distacco quasi clinico, come se Neville stesse facendo un resoconto scientifico, un ultimo tentativo di aggrapparsi alla logica e alla razionalità. Ma non deve sembrare un semplice elenco di numeri: sotto questa calma apparente, deve trapelare una crescente tensione emotiva.

Fallo sembrare uno sfogo controllato: l'attore deve rendere visibile la contraddizione tra il bisogno di controllo e la rabbia repressa. La voce può iniziare a spezzarsi leggermente, mentre gli occhi si caricano di un’intensità feroce. È come se ogni parola fosse una puntura di spillo che lo fa sprofondare ancora di più nel dolore.


3. Il culmine emotivo: rabbia e disperazione


"Ognuna di quelle persone che tu o io abbiamo mai conosciuto, è morta! Morta!": qui si raggiunge il momento di massimo sfogo emotivo. L’attore deve lasciare esplodere la rabbia e il dolore in modo crudo, autentico, senza preoccuparsi di risultare “controllato”. La voce può alzarsi, diventare spezzata, con un’espressione di disperazione sul volto.

Volume e intensità: usa un tono quasi urlato, ma non esagerare al punto da risultare eccessivo. È una rabbia che nasce dall'impotenza, dall’incapacità di cambiare le cose. Gli occhi possono farsi rossi, iniettati di lacrime che però non vengono versate del tutto; si percepisce che Neville trattiene a stento il pianto.

Corpo: Neville è un uomo spezzato, e il corpo dell'attore deve rifletterlo. Potrebbe chinarsi leggermente in avanti, come se fosse schiacciato dal peso del mondo. Una mano che stringe un pugno, o che si passa sul viso, può dare l’idea di un uomo che cerca di mantenere la compostezza ma sta per crollare.


4. La conclusione: rassegnazione e vuoto


"Dio non c’è. Dio non c’è.": questo deve essere detto con tono sommesso, quasi sussurrato. È una frase definitiva, come un epitaffio. La voce dell’attore deve essere bassa, senza alcuna traccia di rabbia, solo una rassegnazione glaciale, il vuoto di chi ha perso tutto, anche la speranza.

Sguardo perso: durante queste ultime battute, l’attore può guardare nel vuoto o lontano dall’interlocutore, come se non si stesse più rivolgendo a qualcuno in particolare. È un Neville che parla soprattutto a se stesso, che accetta la realtà in cui vive come una sentenza finale e inappellabile.

Postura finale: alla fine del monologo, il corpo dell'attore dovrebbe trasmettere sfinimento. Non deve muoversi rapidamente né assumere una postura eretta; rimanga fermo, abbattuto. Un respiro profondo e lento, come un sospiro, potrebbe dare la sensazione di un uomo che, avendo detto queste parole, si sente ancora più vuoto.

CONCLUSIONE

Il monologo termina con un’accettazione glaciale dell’assurdità della sua esistenza, una conclusione che sembra suonare come una condanna. Interpretare queste ultime parole richiede un profondo senso di rassegnazione e vuoto interiore, poiché ogni possibilità di redenzione o sollievo è andata perduta. Il dolore di Neville non è solo la sua tragedia personale, ma l’eco di una condizione umana universale: la lotta contro l’isolamento e la ricerca disperata di speranza in un mondo che sembra averla abbandonata.

Entra nella nostra Community Famiglia!

Recitazione Cinematografica: Scrivi la Tua Storia, Vivi il Tuo Sogno

Scopri 'Recitazione Cinematografica', il tuo rifugio nel mondo del cinema. Una Community gratuita su WhatsApp di Attori e Maestranze del mondo cinematografico. Un blog di Recitazione Cinematografica, dove attori emergenti e affermati si incontrano, si ispirano e crescono insieme.


Monologhi Cinematografici, Dialoghi, Classifiche, Interviste ad Attori, Registi e Professionisti del mondo del Cinema. I Diari Emotivi degli Attori. I Vostri Self Tape.

© Alfonso Bergamo - 2025

P.IVA: 06150770656

info@recitazionecinematografica.com